Laureato in Studi in comunicazione alla Cesare Alfieri di Firenze. Ora studente di Strategie di Comunicazione Pubblica e Politica dell’Università di Firenze. Appassionato di politica, storia, filosofia, cinema e letteratura.


Tra appelli all’unità di tutte le forze politiche, proveniente dalla sinistra e dai cinque stelle, e le rimostranze della destra contro una legge liberticida, il disegno di legge Zan entra nelle fauci del bicameralismo. La legge è stata approvata alla Camera il 4 novembre, dopo un periodo di stop, dovuto al prolungarsi dell’emergenza Covid. Adesso si aspetta il voto in Senato e niente è dato per scontato.

Il ddl Zan modifica gli articoli 604 bis e ter del Codice penale. Al reato di discriminazione legato a religione, etnia, razza e nazione vengono aggiunti quelli legati al sesso, al genere, all’orientamento sessuale e all’identità di genere. Per ovviare alla paura che questa potesse essere una legge bavaglio si è pensato di aggiungere, all’art.3, un riferimento alla libertà di espressione, diritto universalmente riconosciuto dall’art.21 della Costituzione.

Durante la discussione in aula si sono sentiti i soliti stereotipi che riguardano tutti gli appartenenti alla comunità LGBT+. Giorgia Meloni ha esordito con un discorso accorato in cui diceva che ai gayin questo momento non interessa questa roba qua, ora dobbiamo pensare alla pandemia e ai posti di lavoro”. E così, il giorno successivo, alcuni esponenti famosi del mondo transbi-lesbo-gay hanno risposto alle critiche su IGTV, il canale video di Instagram, dicendo che “sì, ci interessa questa roba qua, i due argomenti non sono del tutto slegati”.

Sulla paura che questa norma possa vietare la libertà di opinione abbiamo sentito tutti i leader della destra (fuorché Berlusconi) e buona parte della Chiesa cattolica, con Avvenire e Famiglia Cristiana primi a mettere le mani avanti: abbiamo paura di essere discriminati da una legge che vieta la discriminazione.

Una spiegazione un po’ surreale, ma efficace.

Qualche giorno prima del voto, diventano virali le immagini in cui Papa Francesco afferma che è favorevole alle unioni civili e che le coppie omosessuali hanno diritto a formare una famiglia. Un’apertura a metà, quella di Bergoglio, dove le unioni civili non sono matrimoni e quindi non strumenti ugualitari di legge. Allo stesso tempo la Chiesa ha sempre parlato di una sola famiglia, il fatto che abbia usato questo termine è fondamentale: non ne esiste una sola, esiste una pluralità.

Il fatto deve aver colpito alcuni esponenti del Vaticano, alti prelati e porporati. La notizia che la dichiarazione sia falsata non si fa attendere. La parte più tradizionalista del cattolicesimo ha paura ad aprirsi, tanto che alcuni preti o vescovi sono capaci di dire che è meglio un atto di pedofilia che un aborto, che le chiese devono rimanere chiuse per omosessuali e divorziati, figurarsi per le/i trans.

Eppure una legge sulla omo-bi-lesbo-transfobia sarebbe necessaria.

In Europa sono molti i Paesi in cui il reato esiste già. Sappiamo quanto siano presenti fenomeni di discriminazione verbale e fisica sugli appartenenti alla comunità LGBT+ e quanto la cultura machista, maschilista e tradizionalista sia influente sui giovani che ancora faticano ad uscire. Spesso sono (siamo) costretti a fare coming out, come fosse una liberazione, a adolescenza inoltrata o più avanti, per paura di non essere accettati.

Molto fa una cultura ancorata al passato in cui un bambino non può avere il ragazzino, difficilmente può giocare con le bambole e vestirsi di rosa. Dove due ragazze che si baciano e si abbracciano vanno bene durante l’adolescenza, ma poi si cresce e si cerca altro. Dove chi vuole cambiare sesso è un malato di mente. Dove si accetta il figlio per come è, ma gli altri sono diversi. Dove il Governatore della Calabria, omosessuale, si dichiara contrario alle unioni civili e contrario alla “lobby frocia” di cui dovrebbe far parte, ma di cui è inorridito. Dove un consigliere in area Lega del comune di Bagno a Ripoli, in provincia di Firenze, chiede di istituire una giornata per i cattolici eterosessuali perché ha subito molestie da ragazzi gay.

È il ritratto di un’Italia divisa ma sempre più consapevole che le realtà di queste minoranze esistono, che devono essere salvaguardate dalla legge. La legge Zan approderà in aula al Senato a breve e sarà il momento per capire se davvero siamo pronti a recepire una legge sulla omo-bi-transfobia o se dovremo aspettare altro tempo prima che un altro progetto di legge venga portato all’attenzione degli onorevoli.