L’antifascismo è oggi uno degli argomenti che più polarizza il dibattito pubblico. Il fatto singolare è che a scuotere i polveroni siano proprio coloro che dicono di volersi svincolare da “vecchie” ed “anacronistiche” divisioni tra fascisti ed antifascisti. O meglio tra “fascisti e comunisti”, come li ha definiti il Ministro dell’Interno Matteo Salvini.
Fascismo che cresce
Se avessimo letto una notizia del genere in un qualsiasi altro momento della nostra storia repubblicana, probabilmente ci sarebbe sembrato di vivere in un film di fantascienza. Invece oggi è normale non solo il fatto che ci sia qualcuno che si rifiuti di festeggiare il 25 aprile, ma che quel qualcuno sia un Ministro della Repubblica italiana supportato da circa il 35% degli elettori. Uno scenario tutt’altro che surreale in questo strano 2019. Esiste una larghissima fetta di popolazione che, diciamolo senza mezzi termini, fa autentica resistenza di fronte al fenomeno socioculturale d’ispirazione fascista, ma ciò non tranquillizza affatto, visto il numero sempre crescente di persone che tollerano, giustificano o sottovalutano la rinascita di queste frange estreme. E la presenza di uomini di Stato che strizzano l’occhio a tali eversivi, usando le più disparate giustificazioni, è qualcosa che dovrebbe far riflettere.
Le origini dimenticate del 25 aprile
Potrà sembrare strano al giorno d’oggi, ma per la nostra Repubblica festeggiare il 25 aprile è la cosa più naturale del mondo. Se la nostra Costituzione avesse una carta d’identità, nel campo “genitore 1” (pardon, nel campo “padre”) vi sarebbe scritto “antifascismo”. Il nostro Stato si fonda sul sentimento e sui valori partigiani, e fa tesoro delle tragiche vicende del regime per creare una Repubblica che riesca ad avere come primo interesse la tutela pratica dei diritti politici, civili e sociali – intesi in senso squisitamente espansivo – di cui tutti gli esseri umani sono titolari. E nonostante si viva in un’epoca in cui i diritti sociali si riducono sempre più, soprattutto per noi giovani, rispondere riesumando con nostalgia quell’epoca buia è la cosa in assoluto più stupida da fare. Rinnegare l’importanza della Liberazione dal nazifascismo scegliendo di non partecipare alle cerimonie del 25 aprile è dunque una grande stupidaggine, anche perché un personaggio come Salvini non agisce con perdonabile ignoranza bensì in cosciente malafede, consapevole di star polarizzando un dibattito volto a riscoprire i sentimenti più malati della gente ed a rinnegare gli stessi valori costituzionali.
Fascisti vs Comunisti
“Il 25 aprile ci saranno i cortei di partigiani e di contro partigiani. Siamo nel 2019 e mi interessa poco il derby fascisti-comunisti: mi interessa il futuro del nostro Paese e liberare il nostro Paese dalla camorra e dalla ‘ndrangheta”.
Matteo Salvini
Così Matteo Salvini ha scioccato la stampa il 10 aprile scorso, dando prova ulteriore di saper essere un personaggio politico, oltre che divisivo e consapevolmente dannoso, anche estremamente capace, feroce stratega della comunicazione politica. Riesumare quello che era stato un grande cavallo di battaglia di Berlusconi, ovvero la paura dei fantomatici eversivi Comunisti, taglia fuori dallo scenario tutte quelle realtà antifasciste più o meno moderate che darebbero invece grande credibilità alla festa del 25 Aprile e che farebbero capire che in realtà si tratta una festa comune, non una competizione di schieramenti divisi ed estremi.
Polarizzare il campo permette a Salvini di fare gol e fa perdere tutti gli altri, specie se gli “altri” al tempo stesso non riescono a pronunciarsi con forza in favore dell’antifascismo. Ma le tante forze politiche come +Europa, Pd, Sinistra Italiana, Forza Italia e via dicendo rientrano – o dovrebbero rientrare – a tutti gli effetti nel novero degli antifascisti italiani. Vi dovrebbero rientrare pure la Lega e Fratelli d’Italia, visto che è proprio in occasione del 25 aprile che si celebrano quei valori democratici e pluralistici che permettono a tali partiti di dire la propria e di governare. Certo è che il 25 Aprile non dovrebbe essere percepito come un derby tra comunisti e fascisti, bensì come una partita impari tra una valanga di partiti democratico-repubblicani e qualche pazzo bastian contrario.
E in questa valanga di partiti repubblicani, mi piace dirlo, rientrano anche buona parte di quei partiti comunisti che qualcuno si ostina a definire antisistema, ma che in realtà sono diretti figli dell’esperienza comunista italiana: democratica, repubblicana e partigiana.
Il paradosso dell’Italiano Puro
Per i sovversivi neofascisti e per i loro protettori è necessario far finta che la Costituzione non contenga quella grande vena antifascista che la caratterizza, visto il bisogno che hanno queste formazioni di ergersi a protettrici del popolo italiano e della sua Costituzione. Ma il quesito è: com’è possibile, essendo fascisti, proteggere una Costituzione antifascista? Semplice, di fronte all’evidente paradosso questi individui stuprano la nostra carta fondante asserendo che certe idee politiche da cui essa vuole proteggerci facciano parte del passato. E se ne escono bene: c’è una larga fetta di cittadini che, pur proclamandosi contrari alle malefatte del fascismo, nutrono in loro stessi il seme dell’odio razzista e dell’intolleranza politica, misogina ed omofoba, questo anche a causa di una pesante ignoranza ed una forte condizione di marginalità sociale. Queste persone, che andrebbero indirizzate su strade ben diverse, vogliono proprio sentirsi dire ciò che in effetti viene detto loro, e cioè che pur rinnegando Mussolini e le sue pratiche, al giorno d’oggi c’è davvero bisogno di proteggere la purezza italiana in pericolo. Come per dire: oggi razzismo e intolleranza sono giustificati da una situazione tragica, ed anzi andrebbe data una connotazione positiva a tali atteggiamenti visto che il fine ultimo è la sacra tutela degli Italiani. È proprio quello che i Padri Costituenti volevano, no? La protezione del popolo italiano! La Costituzione doveva per forza intendere questo…
Il grillino ritrovato
Il MoVimento 5 Stelle nelle ultime settimane si è riscoperto antifascista. In Italia il 25 Aprile sarà festeggiato da Di Maio come da gran parte dei militanti, e questa mossa rappresenta una parziale novità. Dico “parziale” perché nella confusione valoriale dei 5 Stelle moltissime realtà locali hanno spesso preso le parti degli antifascisti, convintamente e sinceramente. Certo è che però nel corso del tempo le parole di esponenti come Di Battista sono sembrate andare a legittimare i pensieri di certi nostalgici, tanto che le porte del MoVimento non sono mai state chiuse loro. Le dichiarazioni di Di Maio, rilasciate in risposta alle esternazioni di Salvini, hanno contribuito a polarizzare la scena di governo ma hanno avuto anche il pregio di ridefinire i punti cardine del M5S:
“Un giorno in cui festeggiamo chi ha vinto, i nostri nonni che hanno combattuto una battaglia contro un regime e che hanno ottenuto il risultato di darci la libertà e la democrazia. Io ho ben chiaro da che parte stare il 25 aprile, dalla parte dei partigiani che ci hanno liberato, non dalla parte di chi parla male dei partigiani o di chi vuole dire che il 25 aprile non è stato il giorno della liberazione”
Luigi Di Maio
Che si tratti di un’esternazione “obbligata” dalla veste istituzionale che ricopre, oppure di discorsi dettati dalla campagna elettorale antisalviniana in corso, a Di Maio va concesso il beneficio del dubbio. Una forza palesemente antifascista in più nell’arco repubblicano è sempre da accogliere come una buona notizia. Negli anni a venire infatti dovrà essere fatto di tutto affinché il 25 Aprile rimanga la festa dei molti democratici italiani e non finisca per divenire la festa dei pochi. Occorre un’inversione a “u” culturale ancor prima che politica, raccogliendo tutte le forze disponibili senza fare eccezioni. E gridare: Viva il 25 Aprile! Viva la Repubblica! Viva la Resistenza! non dovrà mai essere fonte di vergogna.