Laureato in filosofia presso l’università degli studi di Genova, dove frequento la magistrale in metodologie filosofiche. Appassionato, ovviamente, di filosofia, soprattutto nel suo versante etico, politico e sociologico.

Girato per brevi periodi tra il 2002 e il 2013, Boyhood è la storia della famiglia Evans, in un arco di tempo che comprende 12 anni. Mason Sr. (Ethan Hawke) e Olivia (Patricia Arquette) sono i genitori di Mason (Ellar Coltrane), un ragazzo che crescerà davanti gli occhi dello spettatore, in un percorso che dall’infanzia lo condurrà fino all’ingresso nell’età adulta. Attraverso un viaggio poetico ed emozionante, Richard Linklater esplora le relazioni e le differenti circostanze che scandiscono la vita del protagonista, in un modo unico ed originale.

È uno sguardo verso l’alto ad aprire il film, uno sguardo fermo e tenero, dubbioso e timoroso, forse ancora inconsapevole, capace di immergere lo spettatore in un nuovo mondo, ovvero quello di Mason. In seguito alla separazione dei genitori, Mason vive con la madre e la sorella Samantha (Lorelei Linklater), con la quale ha un rapporto conflittuale a causa della gelosia che quest’ultima prova verso il fratello. Olivia, interpretata da una straordinaria Patricia Arquette, è una donna fragile e costretta a crescere da sola i due bambini, ma desiderosa di studiare e cambiare la propria vita che forse, fino a quel momento, era stata troppo crudele con lei. La necessità di riscattarsi spinge la donna a voler finire il college che aveva interrotto ed il trasferimento segnerà una nuova tappa indelebile nella vita dei due bambini. Come controcampo alla figura di Olivia c’è Mason Sr, il padre dei due bambini, che pur non essendo sempre presente, suscita nei figli una profonda ammirazione e permette loro, almeno per qualche istante, di svagarsi e non vedere la madre soffrire. Olivia e Mason Sr dopo il divorzio non sono rimasti in ottimi rapporti, ma l’amore per i figli li lega profondamente, anche se la possibilità che possano tornare insieme resta una dolce illusione dei due bambini. Ethan Hawke carica il suo personaggio di molteplici sfumature: un padre che spesso è assente, ma allo stesso tempo amorevole e comprensivo verso i figli, ai quali dedica canzoni e parla di politica, considerandoli un po’ bambini ed un po’ adulti.

Lo sguardo di Mason, nascosto dietro porte e finestre, osserva e non giudica, si limita a desiderare e a cercare di capire.

Jean-Jacques Rousseau definiva l’adolescenza come una seconda nascita di ognuno di noi, ma il destino che segna le vicende di Samantha e Mason non sembra testimoniare l’affermazione del filosofo francese. Olivia, dopo aver ripreso gli studi di psicologia, inizia una relazione con un suo professore e poco tempo dopo lo sposerà. L’uomo, anch’egli divorziato e con due figli, si rivelerà un marito violento ed un padre oppressivo, soprattutto verso i figli di Olivia. Di conseguenza anche il secondo matrimonio si dimostrerà un fallimento ed i desideri di stabilità della donna finiranno per sgretolarsi nuovamente, insieme a quelli dei due bambini. La famiglia è in questo modo costretta a trasferirsi presso un’amica della madre, fino a quando non potrà terminare gli studi. Il tempo passa, i ragazzi crescono, Olivia diventa professoressa, Mason Sr sposa un’altra donna (con la quale ha un figlio), Mason frequenta i suoi coetanei, condividendo con essi nuove esperienze, mentre Samantha continua a manifestare la propria gelosia verso il fratello e le prime forme di ribellione verso la madre. Nel frattempo Olivia conosce Jim (Brad Hawkins) ed inizia una nuova relazione, che inizialmente sembra rappresentare un punto di svolta importante per la vita della donna. Tuttavia, nemmeno questa volta le cose andranno per il meglio, infatti i due si separeranno. Anche Mason, ormai vicino alla maggiore età, sperimenterà il suo primo amore. Ormai adulto, il nostro protagonista che da bambino guardava il cielo, adesso guarda davanti a sé, pronto a condurre la propria vita.

Grazie a quest’opera ci troviamo di fronte ad un’esperienza cinematografica innovativa, che vuole scavare nella profondità, alle radici, della formazione esistenziale del suo protagonista, ma senza dimenticare che siamo di fronte ad una vera e propria rappresentazione di 12 anni della storia degli Stati Uniti (dalla presidenza di Bush a quella di Obama). Infatti, Boyhood non è solo un racconto di formazione individuale, ma sembra anche interrogarsi su cosa voglia dire essere ragazzi nell’America d’oggi.

Boyhood è un film sul tempo, quello che cambia ognuno di noi con il suo procedere ininterrottamente, quel tempo che vorremmo fermare, come fossimo in un quadro impressionista, per poterne comprendere almeno un singolo attimo.

In fondo, l’opera del regista americano, rappresenta la vita stessa, che nel suo fluire costante risulta impossibile da raccontare, ma è il tempo stesso che in qualche modo assume le vesti di narratore. Accompagnato da una colonna sonora che spazia dai Coldplay agli Arcade Fire, passando per McCartney e Bob Dylan, Boyhood non è solo il capolavoro di Richard Linklater, ma anche una delle opere più importanti e significative del cinema contemporaneo.