Studente presso la facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” di Firenze, scrittore per il Prosperous Network. Fra fumetti, tecnologia e libri mi appassiono alla politica nostrana.

• Basta con questa campagna!

Siamo in campagna elettorale, s’è detto 600 volte. Fareste anche bene a dire “Basta! Parlate d’altro!”, perché avreste ragione, siam tutti un po’ saturi. Ma amare la politica significa in fin dei conti anche sapersi annoiare a morte, cosa a cui spero di ovviare stimolando un po’ di curiosità. Parleremo di quella cosa che vediamo tutti i giorni, che ci accompagna quotidianamente e di cui spesso non ci accorgiamo, fino a che non riesce ad attirare la nostra attenzione per via di qualche sorpresa. Si tratta del sondaggio, il nostro miglior amico da un po’ di tempo a questa parte, che ci permette di osservare come con un termometro la “febbre” del sistema partitico in tanti suoi aspetti. Questo singolare strumento è ricco di caratteristiche curiose e nascoste.

• La dieta della campagna elettorale

La campagna elettorale si nutre del sondaggio, è il suo pane quotidiano. Spesso viene letto come un semplice strumento utile a noi interessati per capire come sta andando la lotta fra partiti, in realtà è molto di più. Il sondaggio d’opinione innanzitutto dovrebbe puntare a ricalcare quella che è l’opinione pubblica, l’opinione dei più. Risulta evidente, ragionandoci sopra, che questa sia un’impresa ardua. La maggior parte dei sondaggi infatti utilizza campioni che non hanno quella grande rilevanza rispetto alla popolazione, inoltre sono suscettibili a tutta una serie di vulnerabilità che li rendono manipolabili.
Ad esempio, risulta incredibilmente significativo il modo in cui una domanda viene posta all’intervistato che, spesso ignaro di ciò che va rispondendo, si rende influenzabile dall’incalzare dell’intervistatore.
I sondaggi perciò sono strumenti in mano a giornalisti e politici, e nella peggiore delle ipotesi esiste una vera e propria “fabbrica” che si occupa di produrne su misura a seconda delle esigenze. I sondaggi sono davvero la voce dell’opinione pubblica che si concretizza? A questo punto verrebbe da dire che siano la voce del nulla.
Certo, ci sono sondaggi e sondaggi, fonti e fonti, in generale però la dieta della campagna elettorale, a base di sondaggi d’opinione, è una dieta che va a nutrire più i politici ed i giornalisti che la cittadinanza.

• Tentativi di manipolazione

I metodi per prendersi gioco dell’elettorato e indirizzarlo sono i più disparati. Rispetto al sondaggio, sono celebri due effetti provocati intenzionalmente dai pollsters: l’effetto Underdog e l’effetto Bandwagon.
Rispettivamente, il primo effetto porterebbe l’elettore a parteggiare per i partiti in difficoltà, mentre il secondo a spostarsi verso quelle che sono le forze in testa alla corsa (appunto bandwagon, intendibile da noi come “saltare sul carro del vincitore”, termine coniato da Paul Lazarsfeld già nel lontano 1940). Ne consegue che certi sondaggisti avranno piacere a gonfiare o sgonfiare certe fazioni, a seconda degli interessi portati avanti.
Qual è la valenza di queste teorie? C’è da dire che non ci sono studi sociologici che confermino incontrovertibilmente tali tipi di effetti. In generale niente in sociologia è affermato “senza ombra di dubbio” quando si tratta di andare a trovare un rapporto di causa-effetto: il fenomeno “X” è causa del fenomeno “Y” è una formula che può appartenere alla matematica e alle scienze naturali, non certo a questa branca delle scienze sociali. Ovviamente, alla luce di ciò, le interpretazioni date dai vari studiosi si sprecano.

• Elettorato sotto controllo?

«I sondaggi ci travolgono perché gli studiosi non fanno il loro dovere. I pollsters, i sondaggisti, si limitano a chiedere al loro quidam, al loro chiunque sia, “cosa pensi di questo?”, senza accertare cosa ne sa e se, putacaso, ne sa qualcosa. Eppure il nocciolo della questione è questo. Quando la Bicamerale per le riforme costituzionali era in seconda votazione è uscito un sondaggio CIRM che dava il 51% degli Italiani favorevole all’elezione di un’assemblea costituente, e soltanto il 22% favorevole alla bicamerale. Lo stesso giorno (il 15 gennaio 1997) Indro Montanelli spiritosamente commentava sul Corriere che per molti Italiani “bicamerale” era probabilmente una camera con due letti».
-Giovanni Sartori, 1998.

Sono tantissimi gli studi sui sondaggi, appunto per via del ruolo che questi stessi strumenti puntano ad essere, ovvero una voce costantemente palesata di un elettorato che non avrebbe altra possibilità d’espressione. Una bellissima possibilità per la democrazia che come abbiamo visto si trasforma in una maniera per manipolare l’elettorato. Accanto ad una veneranda fazione di politologi che credono fortemente nella “pericolosità” dei sondaggi, ve ne sono altri che tendono a sminuirne la portata degli effetti. Senza togliere il fatto che esistano questi intenti manipolatori da parte di media e politici, dicono, è vero anche che l’elettore è esposto a una gran quantità di sondaggi diversi, e più in generale ad una mole infinita di stimoli disparati. Il risultato di questa accozzaglia di effetti sarebbe da considerarsi a somma zero. L’elemento simpatico in tutto questo, a pensarci un attimo, è che questi stessi politologi “tranquillizzanti” sono perlopiù gli stessi che credono nella fortissima efficacia delle campagne elettorali… ma se tutti i vari stimoli e sotterfugi attivati in campagna sono un gioco a somma zero, di cosa diavolo stiamo a parlare? (scusate l’imperdonabile semplificazione).

Nel dubbio, vi lasciamo al nostro ultimo sondaggio elaborato da Semir Tiric, pubblicato ieri, 16 febbraio 2018. Ci assumiamo la responsabilità di manipolarvi in un qualche strano modo, nell’attesa che questa campagna elettorale volga al termine…