Nata a Gubbio, ora studentessa di Scienze Politiche presso l'Università degli studi di Perugia. Amo la fotografia, i libri, la musica e la politica. Una ne faccio, cento ne penso.

Si avvicina una delle tornate elettorali più incerte di sempre, con “giovani” promesse quali Di Maio o Salvini ma anche vecchi volti della politica italiana.
Uno in particolare, che sembrava (politicamente) morto fino a 4 anni fa, è ora più vivo e vegeto che mai, con il suo nome che campeggia a caratteri cubitali sul logo del terzo partito secondo i sondaggi, accompagnato dalla dicitura di “Presidente”.

Non avete un déjà-vu? Stiamo parlando proprio di lui, Silvio Berlusconi. Che all’età di 81 anni e 4 legislature si prepara a raccogliere una percentuale di voti che gli potrebbe permettere di governare assieme alla grande coalizione del centrodestra.
Molti italiani hanno pensato una cosa: “Berlusconi è tornato”.
Già, è tornato davvero, ma forse questo non è il verbo corretto; in realtà non se n’era mai andato. Anche dopo la caduta del suo governo, il risultato di FI (allora Popolo delle Libertà) alle elezioni del 2013 fu inaspettatamente buono e tramite il Patto del Nazareno ebbe un ruolo fondamentale nell’approvazione di leggi e riforme durante il governo Renzi.
Possiamo dire che si era nascosto dietro le quinte attendendo il momento giusto per rimettersi sul palco e uscire dall’ombra.
Questo sì, è uscito dall’ombra.

 IL RITIRO DALLE SCENE

Correva l’anno 2011, un periodo molto difficile per il Bel Paese.
La crisi dei debiti sovrani imperversava nell’Eurozona, e l’Italia era uno dei Paesi nella situazione economica peggiore.
Anche politicamente il quadro non era roseo: il governo Berlusconi IV era instabile, il malcontento avanzava, e con il voto per l’approvazione del Bilancio Generale in novembre fu ufficializzata la mancata maggioranza a sostegno dell’esecutivo.
Dopo aver fatto approvare la Legge di Bilancio e la Legge di Stabilità 2012, Berlusconi salì al Quirinale per rassegnare le proprie dimissioni.
Era il 12 novembre 2011, e una folla mai vista in casi analoghi si era riunita in piazza festante.
Appena quattro giorni dopo, l’esecutivo passò nelle mani di Mario Monti e del suo governo tecnico.

Sulla caduta del governo Berlusconi erano pesati anche gli scandali sessuali – il processo Ruby e il famoso “Bunga Bunga”, diventato motivo di scherno internazionale – e tutti gli altri procedimenti giudiziari a suo carico.
Processi che gli sono valsi due anni di interdizione dai pubblici uffici e l’incandidabilità, che permane ancora oggi.

LA LEGGE SEVERINO E L’INCANDIDABILITÀ

Caduto il suo governo sono iniziati i veri guai di Silvio Berlusconi, primo fra tutti la condanna per frode fiscale, il 26 ottobre 2012, nel cosiddetto Processo Mediaset: 4 anni di reclusione e 5 di interdizione dai pubblici uffici.
La pena è stata poi ridotta a un anno di reclusione (per effetto dell’indulto) e a 2 anni di interdizione dalla sentenza della Cassazione del 1°agosto 2013.
Anno di reclusione che verrà scontato, a partire dal 2014, non in carcere (in quanto il condannato ha più di 70 anni), ma tramite servizio sociale presso una casa di cura per anziani, la Sacra Famiglia di Cesano Boscone (MI).

Nel frattempo un’altra pesantissima sentenza si abbatteva sul Cavaliere: la condanna a 7 anni di reclusione e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici per concussione e prostituzione minorile, del 24 giugno 2013.
Sentenza però completamente ribaltata nel luglio del 2014 dalla corte d’appello, che lo assolve con formula piena.
Con la conferma dell’assoluzione da parte della Cassazione e con la fine del servizio presso la casa di cura, dal 14 aprile 2015 Berlusconi tornò in possesso del passaporto e finì anche il suo periodo di interdizione.
Il problema di incandidabilità allora non c’è più, direte voi.
Sbagliato: la vera condanna di Berlusconi è la legge Severino.

La famigerata legge Severino fu approvata il 6 novembre 2012 durante il governo Monti e sancisce l’incandidabilità di chiunque sia stato condannato a più di due anni di reclusione per determinati delitti; inoltre, se la causa di incandidabilità emerge ad elezione avvenuta, la Camera a cui appartiene il soggetto può votare per la mancata convalida della stessa. (il testo QUA)
Per effetto della legge, Berlusconi decade da senatore il 27 novembre 2013.
Sebbene ci siano state molte proteste riguardo la retroattività della legge, in quanto il Cav. è decaduto per fatti avvenuti prima dell’approvazione della stessa, è stata poi chiarita la natura non-penale della sanzione di incandidabilità e, dunque, la sua possibilità di riferirsi a fatti precedenti.
Oggi Berlusconi è ancora incandidabile, poiché la misura scadrà nel 2019.

Nemmeno il ricorso dei suoi legali alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo è servito.
L’articolo 7 della Convezione Europea dei Diritti prevede, infatti, che non si possa infliggere una pena più grave di quella prevista per un reato quando è stato compiuto. (QUA il testo integrale)
La sentenza, che molto probabilmente sarebbe stata favorevole al Cavaliere, non sarà emessa da Strasburgo prima di aprile 2018, un mese dopo le elezioni.
Un ritorno sulla scena in chiaroscuro, dunque.

L’ITALIA HA LA MEMORIA CORTA?

La situazione odierna nel centrodestra appare in contrasto con quanto detto finora: Berlusconi è incandidabile ma appare sul logo di Forza Italia come “Presidente” e fa campagna elettorale per il suo partito più di chiunque altro in esso?
Forse perché il partito di Berlusconi non esiste senza lui come leader, che sia eleggibile o meno. Forse perché il Cavaliere è al momento l’unico nome capace di unire il centrodestra in una coalizione che abbia i numeri per vincere, ma senza lasciare troppo spazio ai “poco moderati” di Lega e FDI.
O forse perché in Forza Italia si sa: molti degli italiani che hanno votato Berlusconi in passato lo voteranno ancora.
Questo nonostante tutti gli scandali, nonostante tutto il malcontento verso la sua persona che sembrava averlo condannato per sempre, nonostante il sentimento anti-establishment che avanza.
Perché Silvio Berlusconi è la sicurezza, la costanza, l’esperienza, e molti di quelli che non votano a sinistra non sono disposti a tentare il salto nel buio con i nuovi Salvini e Di Maio.