Laureato in Relazioni Internazionali presso Alma Mater Studiorum di Bologna, Studente di Strategie di Comunicazione Politica presso Università di Firenze, fondatore del Prosperous Network. Nel tempo libero abuso di Spotify.

Sabato 4 Novembre sono state arrestate in Arabia Saudita 49 personalità di alto profilo tra cui 11 principi, 4 ministri e decine di ex ministri su mandato della commissione anti-corruzione recentemente creata «a causa delle tendenza di alcune persone all’abuso del proprio potere, che mettono il proprio interesse personale al di sopra di quello pubblico, distraendo fondi pubblici».

Particolarmente di rilievo tra questi la detenzione di tre figure precedentemente ritenute intoccabili nel Regno Saudita: il Ministro della Guardia Nazionale Mutaib bin Abdullah, figlio preferito del defunto Re Abdullah; Abdullah al-Sultan, Comandante della Marina Reale Saudita; e il multimiliardario Alwaleed bin Talal, secondo Forbes uno degli uomini più ricchi al mondo, con investimenti consistenti nei settori più disparati: Apple, Uber, Citigroup, News Corp.

Poche ore più tardi il Principe Mansour bin Moqren, governatore della provincia di Asir e figlio dell’ex Principe Ereditario Muqrin bin Abdulaziz, muore, insieme ad altri 8 membri del suo staff, a seguito di un incidente aereo al confine sud con lo Yemen, le quali cause ufficiali non sono ancora state rilasciate.

Il giorno dopo su internet vi erano in circolazione vari report (ancora non confermati ufficialmente) in merito ad un altro Principe Saudita, Abdul Aziz bin Fahd, rimasto ucciso nella giornata di Domenica 5 Novembre a seguito di un presunto tentativo di arresto da parte della commisione anti-corruzione.

In virtù anche dell’avviso diramato  a tutti i numerosi membri della famiglia reale saudita di non lasciare il paese, la domanda sorge quindi spontanea:

Cosa sta avvenendo all’interno della Monarchia Saudita?

Secondo la maggior parte degli analisti indipendenti, sono in corso le fasi finali di un processo di consolidamento del potere all’interno della Famiglia Reale Saudita da parte dell’erede al trono Mohammed bin Salman (MbS).

Nato il 31 Agosto 1985, Mohammed è figlio dell’attuale Re Saudita Salman bin Abdulaziz Al Saud.

Dopo aver conseguito una laurea triennale in legge alla King Saud University di Riyadh ha lavorato in molteplici organismi statali fino alla nomina nel 2009 a consigliere speciale del padre, al tempo governatore di Riyadh.

Nel 2015, a seguito dell’incoronazione di quest’ultimo, viene nominato Ministro della Difesa e lancia un’offensiva militare contro lo Yemen con dubbiosi esiti.

A Giugno del 2017 viene nominato dal Padre come Principe Ereditario, sostituendo il cugino Mohammed bin Nayef nella linea di successione, pochi giorni dopo si fa principale fautore della rottura del mondo arabo sulla  questione Qatariota (ne abbiamo parlato qua).

Già in Maggio però l’ambizioso Crown Prince in un’intervista TV affermava: “Chiunque sia stato coinvolto in casi di corruzione non scapperà, non importa se ministro o principe”

La strategia in atto di MbS è stata infatti la sistematica eliminazione, politica e fisica, di potenziali ostacoli alla sua successione al trono Saudita, che avverrà alla morte o l’abdicazione del padre Abdulaziz,

La commissione anti-corruzione costituita da MbS poche ore prima degli arresti sopracitati ne è un esempio lampante: l’ex ministro della guardia nazionale Mutaib bin Abdullah, ultimo figlio del defunto Re Abdullah a mantenere una posizione di potere effettivo, era infatti percepito dai più come l’ultimo possibile contendente alla corona regale.

Le rese di conti interne alla Dinastia Saudita sono eventi ricorrenti nella storia di questo Paese, ma quella messa in atto da MbS sembra essere caratterizzata da due elementi cardine:

  1. Scardinamento della logica consensuale tradizionale all’interno della Monarchia, secondo la quale le decisioni rilevanti sull’amministrazione sono prese in consulto con la famiglia reale e gli ambienti religiosi, sostituita con un maggior accentramento di potere nelle mani del Re e dei suoi stretti relativi.
  2. Camuffamento della strategia pubblica di Mohammed bin Salman con apparenze, ovviamente da interpretare in base al contesto saudita, di spinte liberal-progressiste: lotta alla corruzione, alle posizioni religiose estreme e le influenze di quest’ultime sulla società.

L’annuncio di MbS durante un’intervista con Fox News di  “Non voler sprecare 30 anni della nostra vita circondati da idee estremiste, oggi noi le distruggeremo, […] torneremo a cosa eravamo prima, un paese di fede Islamica moderata, aperta a tutte le religioni e al mondo” è emblematico dell’apparente cambio di tendenza che il giovane principe vuole imprimere sul paese.

Degno di menzione anche l’ambizioso progetto Vision 2030 presentato dal giovane principe il 25 Aprile 2016, un documento di 84 pagine che illustra dettagliatamente le future riforme per rendere il paese indipendente dall’andamento dei mercati petroliferi entro il 2030, accompagnate da una serie di riforme sociali come l’aumento della quota di donne nel mondo del lavoro, o lo storico permesso di guidare concesso alle donne e attivo entro il 2018.

Reazioni USA alle turbolenze

Il legame economico e politico tra il Regno Wahabita e gli Stati Uniti d’America è molto forte, ma nonostante il commento di Donald Trump non sia tardato ad arrivare sui social, la Casa Bianca e il Dipartimento di Stato rimangono ufficialmente in silenzio in merito alla situazione Saudita.

Rilevante la figura di Jared Kushner, senior advisor e genero del Presidente, di ritorno il 29 Ottobre dalla terza visita, peraltro non annunciata, nel Regno Saudita dove ha incontrato, e con il quale ha stabilito buoni rapporti personali, il giovane Principe Ereditario Mohammed bis Salman.

Kushner, di fede ebrea, intrattiene ottime relazioni anche con il Primo Ministro Israeliano Benjamin Netanyahu, il quale recentemente trova intesa con MbS sulle dure prese di posizione contro l’influenza Iraniana nella regione.

Per la stesura di questo articolo ho utilizzato fonti online reperibili qua.