Laureato in Studi politici presso Cesare Alfieri di Firenze, attualmente Studente magistrale di Strategie della Comunicazione Pubblica e Politica presso l'Università di Firenze. Appassionato di politica, storia e giornalismo.


Massimo Bordin, direttore di Radio Radicale dal 1991 al 2010, è stato una colonna portante dell’informazione italiana con la sua rassegna stampa mattutina “Stampa e Regime”, la quale ha formato migliaia di aspiranti giornalisti in tutto il paese. La sua ironia, i libri di Georges Simenon, il garantismo, Sciascia, la sua passione giovanile per il trotskismo sono state solo alcune delle caratteristiche della voce più importante, più bella e più autorevole” di Radio Radicale.

L’incontro di Massimo Bordin con il giornalismo radiofonico avvenne quando Radio Città Futura si trasferì nei locali di via dei Marsi (1979), dove si trovava la sede italiana della Quarta Internazionale. Bordin era un militante trotskista e tracce di quella esperienza e di quella cultura hanno accompagnato l’intera sua esistenza, in particolare per due connotati determinanti: il sostegno alla causa degli ultimi e una passione viscerale per il dettaglio politico e giudiziario.

«Io sono uno di quelli che pensa che il marxismo non vada buttato tutto. Mi sono fatto quest’idea: di Marx va tenuta la sua apologia (che arriva quasi a livelli poetici) del capitalismo. Marx ha studiato la legge del valore in tutte le sue possibili varianti e, preconizzandone la fine, ne è diventato una sorta di apologeta. Come politico, era un disastro (l’unica cosa buona che ha creato è l’Internazionale Socialista). Quello che ci ha lasciato di profondo è la riflessione sul funzionamento della macchina non come manualità ma come intelligenza. Marx ha interpretato il mondo attraverso le macchine e il denaro, e non c’è un modo migliore di interpretare la storia».

Negli anni ’80 inizia l’esperienza a Radio Radicale con la sua storica rassegna stampa che assumeva toni accessi e coinvolgenti quando riguardava cause a lui care come la difesa dei diritti fondamentali e l’immigrazione. “Stampa e Regime” era figlia della militanza di Bordin e della sua passione per il dettaglio e i particolari, quelli della storia italiana e del suo sistema di partiti, della politica e dei suoi personaggi, così come quelli delle vicende di criminalità organizzata e dei relativi infiniti processi

Eterno alter ego di Marco Pannella, suo amico oltre che editore, Bordin era stato, tra le altre cose, l’interlocutore storico del leader radicale nella conversazione domenicale che Pannella teneva in radio. Ore di confronto e dibattito sui principali temi di politica, cultura e giustizia, con toni spesso tutt’altro che concilianti.

Come disse Bordin: «Radio Radicale non nacque per essere “la radio del Partito Radicale”, quanto piuttosto tentare di dimostrare concretamente, attraverso un’opera da realizzare, come i Radicali intendono l’informazione. Creare un dato emblematico, in maniera sostanziale e non astratta, di quello che il servizio pubblico dovrebbe fare».

Bordin si dimise dalla direzione nel 2010 proprio in seguito ad una serie di divergenze con il suo editore, anche se decise di rimanere la colonna portante della “sua” radio.

Tra le altre rubriche con la partecipazione di Massimo Bordin si ricordano: Il Medio Oriente visto da Gerusalemme con Fiamma Nirenstein, America Sociale con Giovanna Pajetta e Il Medio Oriente visto dal Cairo con Sabrina Gasparrini.

“Ascoltavo con grandissima attenzione tutte le rubriche in cui Massimo fingeva di fare la spalla a esperti di America, Egitto e Israele” (Adriano Sofri)

Dal 2010 teneva anche una rubrica su “il Foglio” dal titolo “Bordin line”, la cui descrizione migliore l’ha fornita il fondatore del giornale Giuliano Ferrara: “La rubrica Bordin Line era un modo di pensare, come la rassegna stampa, musica da camera senza violini, un tocco di pianoforte, una mano sbattuta sul tavolo, il fruscio di una notizia appartata tra le pagine scricchiolanti e cenciose in un giornale letto di primissima mattina, e molti fiati, mai una trombonata.

Per chiudere questo breve articolo di un personaggio sul quale non ho il timore culturale a utilizzare il termine idolo, non vorrei ricorrere alle mie parole, noiose e accecate, ma a quelle di persone ben più accreditate di me, che lo hanno conosciuto e apprezzato:

“Ai miei occhi, Bordin era l’incarnazione perfetta di un’idea di Leonardo Sciascia, quella secondo cui per visitare i sotterranei del potere italiano bisogna addestrarsi a leggere i giornali, possibilmente tutti i giornali, con acribia filologica; notare i non detti più dei detti, le elusioni e le dissimulazioni, far caso a indizi impercettibili, tic verbali, espressioni ricorrenti. Di ognuna delle parole-spia scambiate nei palazzi della politica italiana, e ancor più nelle aule di giustizia, Bordin sapeva ricostruire la storia, la genesi remota, e quando la vedeva ricomparire sulla pagina anche dieci o vent’anni dopo, faceva risuonare il passato sul presente di modo che tu potessi sentir vibrare gli strani accordi, consonanti o dissonanti, che si generavano; perché dopotutto Bordin era, come Sciascia, un illuminista che crede nelle coincidenze.” (Guido Vitiello)

“Animo naturalmente aristocratico, viveva la radio e il radicalismo e la scrittura perfetta, che abbiamo avuto l’onore di ospitare per troppi pochi anni, come un Ancien régime. Era un girondino, un repubblicano costituzionale innamorato di Montesquieu, era il raffinato e puntuto dicitore dei processi, delle requisitorie, delle trame e degli intrighi che stanno sempre dietro l’amministrazione del diritto. Ma i diritti civili, per lui, erano fuori discussione. Come la libera espressione di sé, delle persone e delle associazioni, quale ne fosse l’orientamento. Un protettore degli uomini liberi.” (Giuliano Ferrara).

Per sapere di più su Massimo Bordin:

https://www.radioradicale.it/soggetti/15014/massimo-bordin

https://www.ilfoglio.it/tag/bordin-line/