Studentessa di Lettere moderne all’Alma Mater Studiorum, vivo divisa tra Prato e Bologna. Nell’attesa (e nella speranza) di diventare un giorno giornalista, mi dedico alla letteratura e alla politica. Nel tempo libero scrivo, vado in palestra, scrivo.

Presidente del Consiglio, Rottamatore o re dei meme con il suo inglesorum. E ancora senatore di Firenze, speranza e poi cruccio della sinistra italiana. Matteo Renzi ha cambiato molte pelli da quando, nel nemmeno troppo lontano 2010, era forse il sindaco più popolare d’Italia. Molte pelli e due partiti. L’esperienza di Italia Viva, tuttavia, per ora non sembra dare i frutti sperati. La creatura di Renzi si attesta infatti al 2,4% (sondaggio Ipsos per Corriere della sera), superata praticamente da tutti. Fa peggio solo Europa Verde. Eppure, c’è stata un’epoca in cui Matteo Renzi compariva in prima serata in giacca di pelle alla Fonzie, amato dal pubblico e deriso dai grillini, e portava il Partito Democratico a uno storico 40% alle europee del 2014. Ora i grillini non lo possono vedere (ma si guardano bene dal chiamarlo ancora “Renzie”) e l’opinione pubblica non lo ama più. Qualcosa dev’essere andato storto.

Italia Viva, un’operazione ardita

Era il 18 settembre 2019 quando nasceva ufficialmente Italia Viva. Per settimane i giornali avevano ipotizzato che Renzi stesse per formare un suo partito, ma nessuno sembrava crederci davvero. Che l’ex premier uscisse dal PD, dopo averlo quasi trascinato al governo con il Movimento 5 Stelle, piazzando tra l’altro alcuni dei suoi fedeli nel nuovo esecutivo, pareva troppo persino per lui. E invece è andata proprio così.

L’operazione era ardita e per registrare il nuovo gruppo è servito il simbolo socialista del senatore Riccardo Nencini, poi salito sul carro di Giuseppe Conte nella caotica fase di ricerca dei “responsabili”. Solo chi detiene un simbolo in corsa alle ultime elezioni, infatti, può costituire un nuovo gruppo parlamentare. E Italia Viva, nel 2018, non c’era. I suoi membri sono stati eletti prevalentemente con il PD, grazie alle liste che proprio Renzi aveva compilato, inserendo alcuni dei suoi sostenitori in collegi sicuri. A Maria Elena Boschi, ad esempio, era toccato il collegio uninominale di Bolzano, un seggio considerato quasi blindato. Difficile dire se Renzi preparasse già allora una scissione dal PD, ma evidentemente quando dichiarava «farò il senatore semplice» non diceva tutto.

I moderati e il sogno della doppia cifra

Qualche mese dopo la fondazione, Renzi ha dichiarato che l’obiettivo del suo partito è quello di «conquistare il campo aperto che si libera al centro». Il che, in termini di posizionamento, significa stare un po’più a destra del PD e un po’più a sinistra di Forza Italia. E proprio il partito di Silvio Berlusconi, che nel 2019 era in caduta libera nei sondaggi, sarebbe dovuto essere la prima vittima di Italia Viva. I moderati avrebbero dovuto abbandonare la nave azzurra che affondava e abbracciare la novità renziana. Questo nei piani dell’ex sindaco di Firenze, almeno. I numeri di oggi, però, raccontano un’altra realtà: Forza Italia è tornata sopra il 10%, mentre Italia Viva ha pagato la crisi di governo aperta dal suo leader con oltre mezzo punto del suo (già basso) consenso.

Del resto, Italia Viva non ha mai sfondato nei sondaggi. Inizialmente era data intorno al 4%, poi i numeri sono peggiorati. La doppia cifra, evocata da Renzi alla prima assemblea nazionale, è rimasta un sogno: il 10% oggi sembra impossibile per un partito che non raggiunge nemmeno il 5%, possibile soglia di sbarramento per la nuova legge elettorale. Anche nella “sua” Toscana, dove a settembre ci sono state le regionali, Renzi si è fermato al 4,48%, risultato ottenuto in tandem con +Europa. Il 4,48% in due, quindi. Non esattamente un risultato esaltante.

Quale programma per Italia Viva?

Sul versante dei contenuti, Italia Viva ha pagato l’improvviso congelamento del dibattito politico causato dalla pandemia. Reduce dalla sua prima assemblea nazionale nel febbraio del 2020, non ha avuto il tempo di definirsi con chiarezza agli occhi degli elettori. A parte essere il partito di Renzi, che cos’è Italia Viva? Un partito che si rivolge ai moderati, ma i moderati sembrano restare ancorati a Forza Italia. «Il partito più femminista della storia», stando a una delle prime dichiarazioni di Renzi, ma le femministe non sembrano apprezzare. Anzi, sui social è scoppiata la polemica dopo la conferenza stampa in cui Renzi ha annunciato le dimissioni delle “sue” ministre, lasciando loro giusto lo spazio di qualche domanda dei giornalisti. Per non parlare poi del recente viaggio di Renzi in Arabia Saudita, paese non esattamente in prima linea per i diritti delle donne che però per il senatore toscano può ospitare «un nuovo Rinascimento».

Ad oggi, Italia Viva è per gli elettori solo “il partito di Renzi”. Di quel Renzi che nel 2016 disse «se perdo lascio la politica». Di Renzi che ha tolto la fiducia al governo in un momento delicatissimo, aprendo una crisi di cui il 42% degli italiani non ha capito i motivi (sondaggio Ipsos per Corriere della sera). Italia Viva è un partito personale, legato a doppio filo al destino del suo leader, e forse proprio questo è il suo problema. Non è il momento migliore per essere il partito di Renzi.