Leonardo da Vinci è stato senz’altro il personaggio più eclettico e geniale che la Storia ricordi. Le sue capacità artistiche non sono l’unico aspetto rilevante della sua maestria. Si pensi infatti alle sue idee rivolte a “soluzioni tecniche” di avanguardia: dalla macchina per il volo, al carro–armato, solo per citarne due.
Ma c’è un aspetto che non tutti conoscono. Riguarda il suo interessamento ed i suoi studi nel campo dell’idraulica applicata al territorio. Si pensi che in Toscana addirittura pianificò e progettò la deviazione del corso del fiume Arno, dedicandosi a tale ricerca per circa quarant’anni e cioè dal 1473 al 1513. Voleva infatti rivedere il percorso del fiume, spostandolo dalla primitiva sede, verso un tracciato nuovo, che toccasse le città di Prato e Pistoia. Intendeva poi costruire un canale navigabile al posto dell’odierno fiume. Ciò aveva lo scopo di valorizzare e far prosperare le terre del pratese e del pistoiese. Nel contempo, con il nuovo canale, voleva rendere più agevole e tranquilla la navigazione da Firenze verso il mare, evitando il regime irregolare e torrentizio del fiume, e le varie piene, che ne rendevano spesso impossibile la risalita.
Nonostante i continui studi, i sopralluoghi e la redazione di disegni e progetti, l’opera non sarà mai realizzata, ma resta comunque attestata la lungimiranza e l’ingegno che ne traspare. Una tale mente non poteva quindi rimanere inerte, quando Firenze decise di “espugnare” Pisa all’inizio del XVI° secolo. Le operazioni militari dei fiorentini non riuscivano però a far capitolare la città e la situazione “stagnava”. Così ancora una volta, la mente di Leonardo si fece avanti, riconsiderando i lavori e le ricerche che già dedicava al progetto di far transitare l’Arno da Prato e Pistoia. (Monsummano, gli studi di Leonardo sulla deviazione dell’Arno compiono 500 anni, «La Nazione», 26 aprile 2013).
Un’altra immane opera idraulica si fece quindi strada nella sua mente. Nacque e si consolidò l’idea di deviare il corso dell’Arno in modo che sfociasse al mare in altro luogo, lontano da Pisa, lasciando la città letteralmente “a secco”, provocando così gravissimi disagi ai suoi abitanti. Furono così eseguiti da Leonardo accurati sopralluoghi e rilevazioni altimetriche, protrattesi per mesi; finché in data 23 luglio 1503, presso l’accampamento militare dei fiorentini, il cosiddetto “Campo contro Pisa”, Leonardo da Vinci, coadiuvato da Alessandro degli Albizi, illustrò a Francesco Guiducci ed al Gonfaloniere Pier Soderini, il progetto per la deviazione del percorso del fiume.
Dovevano crearsi due profondi e larghi canali che si dipartivano dalla Torre di Fasiano, e che avrebbero raggiunto il mare presso lo Stagno, località che ha mantenuto la stessa toponomastica e che si trova ubicata vicino a Livorno. L’idea convinse i presenti e fu subito informata la “Balìa di Firenze”. (BRUNO NARDINI, Vita di Leonardo, Milano, Giunti Editore, 2004).
Il 26 luglio venivano così deliberati i primi stanziamenti, per iniziare il programma. La stesura del progetto, con tutte le problematiche relative, andò avanti per quasi un anno. Furono effettuati rilievi, livellazioni, studi altimetrici di percorso, analisi della composizione del terreno, cercando a tal scopo aree di consistenza alluvionale.
Finalmente il 20 agosto 1504 furono “mossi” i lavori, con l’inizio della costruzione della diga in località Fasiano. Pochi giorni dopo ebbe seguito anche l’opera per la realizzazione dei canali. Il numero di maestranze fu di qualche migliaio ed i lavori sembravano ben procedere, ma il 26 ottobre accadde la catastrofe. Una violenta piena dell’Arno cancellò letteralmente la diga e si capì, che non vi era speranza di realizzare quest’opera. (BRUNO NARDINI, Vita di Leonardo, Milano, Giunti Editore, 2004).
I giudizi negativi per l’insuccesso dell’impresa furono fatali. Primi fra tutti furono oggetto di forti contestazioni Pier Soderini e Niccolò Machiavelli, che avevano decretato formalmente il 20 agosto 1504 l’inizio dei lavori. Ma le critiche non mancarono neppure per Leonardo. Il Guicciardini definì l’idea infelice, come un personale “ghiribizzo” del grande inventore e con quel termine si cominciò a definire il progetto. Il Villani ebbe a rilevare come Leonardo fosse stato «molto bravo a parole da convincere tutti ad impresa tutt’altro che fattibile.». Rileva più dettagliatamente il Vasari: «col disegno delle mani sapeva sibbene esprimere il suo concetto che con i ragionamenti vinceva e con le ragioni confondeva ogni gagliardo ingegno. E ogni giorno faceva modegli e disegni da potere scaricare con facilità monti e forargli per passare da un piano ad un altro…e modi da votar porte, e trombe da cavar de’ luoghi bassi acque, che quel cervello mai restava di ghiribizzare.».
Nel frattempo le operazioni militari nei confronti dei pisani, continuarono nei modi tradizionali, ma senza esito. Alla fine i fiorentini, dopo tanti inutili sforzi, riuscirono a fare capitolare Pisa, chiudendo con palificazioni la foce dell’Arno, impedendo così ogni movimento navale e di rifornimento ai pisani. (GINO BENVENUTI, Storia dell’assedio di Pisa. (1494-1509), Pisa, Giardini, 1969).
Quindi l’idea di isolare Pisa sul fronte delle acque era strategicamente valida. A posteriore va quindi rivalutato tutto il progetto di Leonardo, che per quanto azzardato, rileva un’indiscutibile intuito ed un acume tutt’altro che comuni.