Laureato in filosofia presso l’università degli studi di Genova, dove frequento la magistrale in metodologie filosofiche. Appassionato, ovviamente, di filosofia, soprattutto nel suo versante etico, politico e sociologico.


L’omicidio del professore francese Samuel Paty, reo di aver mostrato alla propria classe alcune immagini satiriche ritraenti Maometto, e la nuova legge in Polonia che vorrebbe (sebbene a causa delle proteste sociali ci sia stato un ripensamento) vietare l’aborto anche in caso di malattie e malformazione del feto, ci pongono (di nuovo) di fronte a vecchie questioni, oggi affrontate in modo assai superficiale, vuoto ed inconsistente sia da un punto di vista etico, sia da un punto di vista politico. Se nel primo drammatico caso l’azione criminale del diciottenne di origine cecena è un nuovo, gravissimo ed intollerabile, attacco alla libertà d’espressione, nel secondo i diritti delle donne vengono spazzati via come se fossero polvere per un paese troppo cattolico per accettare e, soprattutto, garantire, una vera e propria vita democratica ai propri cittadini. Insomma, non che ci sia da stupirsi: il partito di estrema destra Diritto e Giustizia e il suo presidente Jarosław Kaczyński hanno sempre avuto esplicitamente il sostegno della chiesa cattolica polacca, profondamente omofoba e misogina. Senza addentrarci nelle dinamiche interne della politica francese e di quella polacca, l’orizzonte di questa riflessione, breve e non di certo esaustiva, si muove intorno ad una precisa domanda: per quale motivo le religioni monoteiste meriterebbero maggior “rispetto”?


Ha senso riproporre questo interrogativo proprio in un momento storico in cui gli attentati terroristici di matrice islamica sono, nuovamente, moltiplicati, costringendo l’Europa a (ri)confrontarsi con se stessa. Gli episodi di Nizza e Vienna testimoniano quanto appena affermato. Ma il terrorismo non è altro che il gesto estremo, l’eliminazione fisica e violenta dell’altro da sé, la distruzione della sua corporeità, l’annullamento della sua vita. Nella nostra società liquida ancorarsi alle “protezioni” offerte dal divino rappresenta un’alternativa per tutti coloro che stentano a trovare un senso nelle loro esistenze, in una realtà sempre più frammentata, all’interno della quale le identità sono sempre meno definite. È quasi come se, paradossalmente, il relativismo già contenesse, embrionalmente, i semi che avrebbero causato lo sviluppo di nuovi fondamentalismi. Questo perché l’uomo necessita di certezze, mal sopporta l’assurdo. Tuttavia, ben sappiamo che il terrorismo non è che uno tra i tanti esiti perversi prodotti dallo stesso dogmatismo, da quella paura del nulla che affligge l’essere umano.


È inutile negare che, per quanto decisamente inferiore rispetto ai secoli scorsi, le religioni monoteiste occupano un posto centrale, e privilegiato, nelle nostre società secolarizzate (o presunte tali). La decapitazione di Paty è paradigmatica in questo senso: per molti, anche non necessariamente fondamentalisti, offendere queste religioni è un qualcosa di deplorevole, ingiustificato. Mancanza di “rispetto”, si sente dire. Eppure, le religioni, che la parola “rispetto” la contemplano nei confronti della divinità, ma non verso i propri simili e i loro diritti, sono le prime ad offendere, in modo ripetuto, l’intimità e le scelte degli individui.

Portiamo esempi, che sono sempre necessari per giustificare qualcosa. Senza andare troppo indietro con la storia (che parla da sé), guardiamo alla nostra attualità, a questo drammatico contesto storico e sociale che stiamo vivendo. Nel bel mezzo della pandemia, il patriarca ortodosso Filaret riuscì ad affermare che “la pandemia è punizione di Dio per i gay”. Insomma, una punizione di Dio per i matrimoni tra persone dello stesso sesso. Peccato che, sua santità Filaret, poco dopo, probabilmente perché il suo Dio era in coda in attesa di un tampone e non aveva tempo per proteggerlo, risulterà positivo al covid-19. Ma non finisce qui, perché anche l’arcivescovo Viganò propone una nuova, filosoficamente raffinata, riflessione. Infatti, adesso, la colpa non è più solo degli omosessuali, ma anche di aborto, divorzio e pornografia.

Ecco, forse sarò cieco, o quanto meno disinformato, ma qualcuno di voi ha sentito di qualche omosessuale, di qualche donna divorziata o di un qualche assiduo frequentatore di siti porno, partire con un’ascia pronto a decapitare una (o entrambe) le due santità sopra citate?

A me non pare. Eppure, se non è mancanza di rispetto addossare la colpa di una pandemia, non so cos’altro possa esserlo. Per giunta, la colpe sarebbero quella di amare una persona dello stesso sesso, decidere di lasciare una persona che non si ama più, quella di desiderare piacere corporeo e quella di scegliere se avere un figlio oppure no. Curioso se detto da coloro che, nei secoli dei secoli, non hanno fatto altro che sterminare in nome dellavvenire di un’illusione.

Ma ecco che arriviamo al grande rivoluzionario, al Che Guevara della Chiesa cattolica: Papa Francesco. Infatti, è notizia delle scorse settimane, che Bergoglio avrebbe aperto (come se ci fosse bisogno del suo consenso) alle unioni omosessuali (piccolo spoiler: tutto ciò verrà smentito dal Vaticano). Torniamo un attimo al 2018, così per chiarire. Appunto due anni fa, la stessa persona (a meno che non si trattasse di un clone, ma è poco probabile dato che il Vaticano è contrario anche alla clonazione genetica), riuscì a affermare che “quando l’omosessualità si manifesta da bambino ci sono tante cose da fare, anche con la psichiatria. Un’altra cosa è quando si manifesta dopo vent’anni o cose del genere”.

Ma il Papa più pop di sempre, ispirato, non può dimenticare le donne. Sempre nel 2018, Bergoglio invitò le donne ad avere pazienza, a “saper aspettare”, silenziosamente, che il marito infedele tornasse a casa. Tutto sarà perdonato, ma nel frattempo si sta in casa, si stira, si cucina, si pulisce e si aspetta. E se c’è tempo, magari, la domenica mattina si va anche a messa, che non guasta mai.

Questi sono solo alcuni esempi volti a sottolineare quanto le religioni monoteiste, e le istituzioni ecclesiastiche in particolare, offendano costantemente. Eppure, come già detto, la violenza non fa parte della laicità, l’intolleranza nemmeno, altrimenti sarebbe una guerra di tutti contro tutti senza tregua né pace. Assistiamo ogni giorno, in televisione o sui giornali, ad espressioni discriminatorie, se non razziste, indirizzate a qualsivoglia categoria di individui, alle loro scelte, alle loro idee e, nei casi peggiori, al loro colore della pelle. Eppure, senza smettere mai di ripeterlo, nessun omosessuale e nessun immigrato (per citare due esempi fra i tanti possibili) ucciderebbe per queste offese. Peggio ancora: è l’opinione pubblica stessa ad assegnare alla religione un ruolo privilegiato, come se fosse la detentrice della più grande forma di moralità. Sbeffeggiamenti vengono rivolti anche a chi si impegna nell’etica animale e in quella ambientale, ma anche in questo caso non rammento azioni criminose di vegetariani, vegani o ambientalisti. Perché la credenza in Dio dovrebbe essere privilegiata e non ridicolizzata, mentre la morale animalista no? Ancora: perché il privilegio verso il Dio dei grandi monoteismi, e non verso coloro che pregano altre divinità?

Soprattutto in Italia, è dominante l’opinione secondo la quale la Chiesa sarebbe ancora la  custode della “vera” morale. Pensiamo, a questo proposito, all’esaltazione che giornalisti, opinionisti e filosofi hanno manifestato di fronte all’enciclica “fratelli tutti” di Papa Francesco. Sarebbe bene smontare anche l’idea che la fratellanza comune sia un qualcosa di così nobile, essenzialmente perché non è (fortunatamente) così. Io, così come molti altri, non siamo, mai saremo, fratelli del diciottenne che ha ucciso Paty, né dell’arcivescovo Viganò e nemmeno del patriarca ortodosso Filaret. E non siamo nemmeno obbligati ad amare il prossimo, lezione di cui già Freud (ne L’avvenire di un’illusione) ci aveva avvertito. Occorre capirlo: siamo noi a decidere chi amare, di chi essere o non essere fratelli. Dobbiamo rigettare qualsivoglia dettame morale generico, vuoto, privo di qualsiasi principio di selezione.

La retorica dell’uguaglianza non ha fatto altro che produrre danni su danni, in quanto incapace di rispettare le specificità proprie di ciascuno di noi. Prima di tutto è necessario che emerga la necessità di rispettare gli individui per le loro differenze (che siano sessuali, valoriali o etiche), evitando vacue tentazioni omologanti e ricollocando al centro la dignità intrinseca della persona, e quindi la sua libertà, la sua autonomia. Questo perché, riprendendo la riflessione di Sartre, l’esistenza precede l’essenza, e ciò significa che “l’uomo sarà anzitutto quello che  avrà progettato di essere”. Nessuna natura, nessun dio, potrà imporsi sulle nostre scelte. Nessun comandamento, nessuna morale preconfezionata, nessuna volontà esterna, nessuna legge eteronoma che tragga i suoi principi all’infuori della nostra interiorità

Ponendo da parte temi squisitamente filosofici, possiamo concludere riportando un ulteriore esempio, capace di riflettere quella mancanza di rispetto di cui stiamo parlando: il cimitero dei feti. Donne che hanno deciso di abortire e che, adesso, trovano il feto seppellito in un cimitero, con tanto di nome e cognome della madre scritto su una croce. Ovviamente, la cerimonia è accompagnata da riti religiosi. E rinfreschiamoci un po’ la memoria, chi è che sta dietro a queste intollerabili e profondamente irrispettose azioni? Le associazioni religiose.

Di fronte ai pochi esempi che ho riportato, sebbene ce ne siano ancora tantissimi, non può che sorgere un’ulteriore riflessione: le religioni monoteiste pretendono massimo rispetto sottraendolo contemporaneamente non solo ad omosessuali e donne, ma a tutti noi che vogliamo, e difendiamo, la laicità dello Stato. Senza risalire ai casi più eclatanti, la stessa mancanza di rispetto si manifesta ogniqualvolta la religione considera colui che non crede una sorta di minus habens, privo di valori, infedele e peccatore. Con la differenza, però, che nessun ateo uccide in nome di una verità

L’omicidio di Paty, come al solito polarizza la discussione tra chi riduce il tutto a pura “islamofobia” e chi, invece, generalizza, sfociando nel solito razzismo qualunquista. Noi dobbiamo preferire la via di mezzo, la giusta misura: respingere qualsiasi forma di intolleranza religiosa, esprimere le nostre opinioni senza aver paura per la nostra incolumità fisica. Fin quando questo non sarà pienamente possibile, vorrà dire che laicità e liberalismo avranno perso la loro sfida, privilegiando, ancora una volta, chi vuole annullare, annientare, decapitare il pensiero