“Non siamo ricchi ma non abbandoniamo l’amico in difficoltà. Non possiamo non dimostrare all’Italia che l’Albania e gli albanesi non abbandonano mai un proprio amico in difficoltà. L’Italia vincerà questa guerra anche per noi, per l’Europa e il mondo intero”.
Così il Primo ministro albanese Edi Rama si è rivolto all’Italia all’arrivo nell’aeroporto di Verona del volo della Guardia di Finanza organizzato dalla Protezione Civile, che trasportava 30 tra medici e infermieri albanesi pronti a prestare servizio nella lotta al COVID-19.
Una solidarietà che nasconde un’amicizia profonda, consolidata alla fine del regime comunista di Henver Hoxha. Un regime che aveva condotto l’Albania in un baratro di arretratezza economica, civile e sociale. In molte cittadine mancavano i servizi essenziali come acqua o elettricità, le infrastrutture erano minime e l’unico bagliore di libertà culturale proveniva dall’Italia. In Albania, durante gli ultimi anni del regime, in molti avevano in casa una televisione dalla quale era possibile ricevere i principali programmi del palinsesto italiano: La ruota della fortuna, Giochi senza frontiere, Non è la Rai (…)
Attraverso questi mezzo gli albanesi – vissuti per anni in assenza di libertà- scoprirono una società totalmente diversa dalla loro. Una terra di speranza, bellezza, opportunità ma soprattutto libertà.
Così, il 7 agosto 1991, una folla oceanica di giovani assalì il porto di Durazzo, obbligando il comandante della nave mercantile Vlora – una nave appena rientrata da Cuba – a salpare per Bari. L’8 agosto arrivarono a Bari circa 20.000 cittadini albanesi. Le autorità cittadine cercarono di riservare strutture ad hoc – con tutte le difficoltà del caso, data la situazione totalmente inaspettata – per la tutela dei profughi, a cui fu distribuito tutto il necessario. Successivamente molti di loro si sono dispersi sul territorio. Mentre la maggior parte – oggi nostri concittadini e fratelli – ha ricominciato una vita qui. Rimane ancora oggi lo sbarco di profughi più grande della storia repubblicana.
Un altro evento che rafforzò l’amicizia tra Italia e Albania è stata l’ Operazione Pellicano. Operacionit Pelikan, iniziata il 2 settembre del 1991, fu una missione umanitaria in sostegno di un paese oramai al collasso. L’idea del governo italiano, allora guidato da Giulio Andreotti, fu di impedire un nuovo esodo di massa come quello di Bari, cercando di rilanciare una speranza di vita e ricostruzione in Albania.
“Ufficiali, sottufficiali, soldati semplici. Resteranno qui per tre mesi, il tempo per avviare la macchina degli aiuti varata trenta giorni fa in accordo tra il governo italiano e quello di Tirana. Un’ operazione umanitaria che prevede la distribuzione di cibo, vestiario, medicine, persino libri, per 90 miliardi di lire. Un miliardo al giorno da trasferire in 27 capoluoghi di provincia disseminati ovunque. Il capo di stato maggiore dell’esercito, generale Canino, l’ha ribadito alla partenza: solo le forze armate sono in grado di portare a termine un’impresa così ardua e impossibile” Repubblica, 19-09-1991.
La missione prevedeva due zone di raccolta risorse nei principali porti albanesi, Durazzo e Valona. La merce, conservata e gestita all’interno di magazzini, sarebbe stata distribuita attraverso dei camion ai 27 capoluoghi indicati. Molti di questi erano collocati in zone impervie, sopra le montagne oppure lungo strade con gravi carenze infrastrutturali.
“L’ Italia era tornata ad essere la terra promessa. La gente saluta le colonne di camion militari che si dirigono verso i due campi base. L’ Albania, ripetono continuamente, ha cambiato pagina. Sulla piazza principale di Tirana gli operai finiscono di demolire i piedistalli che un tempo sorreggevano le statue di Lenin e di Stalin.”
L’operazione Pellicano vide tre diversi periodi di svolgimento:
- Settembre 1991- marzo 1992, i mezzi dell’operazione Pellicano hanno assicurato circa 90.000 tonnellate di merci dall’Italia.
- Marzo-settembre 1993, aiuti da parte della CEE
- Settembre-dicembre 1993, ulteriori aiuti italiani.
La popolazione albanese, da poco uscita da una estenuante dittatura, rimase inizialmente distaccata e vigile. Ma come dargli torto, dato che ogni giorno sorvolavano sopra la loro testa chinhook di un paese straniero. La maggior parte dei soldati che parteciparono all’operazione erano giovani in leva, dei ragazzini che facevano tutt’altro che mettere paura agli abitanti locali. Ben presto la convivenza tra soldati italiani e popolo albanese si consolidò, le sere passavano tra i racconti del periodo comunista e la televisione italiana, un mezzo che univa e che permise a molti albanesi di imparare la nostra lingua.
Quando l’operazione Pellicano si concluse, nel dicembre del 1993, ci fu una cerimonia al palazzetto dello sport di Tirana alla presenza del Ministro della Difesa Fabio Fabbri e del Premier albanese Alexander Meksi.
“È stato un successo dell’umanesimo italiano” disse Fabbri. Il Primo Ministro Meksi dichiarando: “è stato il simbolo della correttezza di un’amicizia tra due popoli che gli albanesi non dimenticheranno mai“.
Gli Shqiptar sono un popolo con un forte onore, forgiato dal dolore e dall’oppressione. Sono i nostri fratelli, i nostri amici. Non scordiamocelo.