Parlare di prescrizione, e di riforma della stessa, è sempre più rischioso in quanto le certezze sono pochissime. Tra accordi, contro-accordi e spaccature della maggioranza parlamentare il Governo ancora una volta rischia.
Partiamo dall’origine del nodo: il primo gennaio di quest’anno è entrata in vigore la riforma della prescrizione voluta dal Ministro della giustizia cinquestelle Alfonso Bonafede. Con la riforma Bonafede si introduce il blocco della prescrizione dopo la sentenza di primo grado, indipendentemente dall’esito, di condanna o assoluzione. La causa di estinzione, quindi, non potrà più maturare nel corso del giudizio di appello o di cassazione. Da qui nasce tutta la discussione politica, tutti i partiti sono contrari alla riforma Bonafede e chiedono che venga modificata, rimandata o abolita.
Dopo una lunga trattativa giovedì sera il Governo (o meglio, M5S, Pd e LeU) ha trovato un accordo su una riforma del processo penale. Nel dettaglio, per gli assolti in primo grado, la prescrizione continua; per i condannati si ferma dopo il primo grado di giudizio mentre il processo va avanti. Se il condannato subisce una nuova condanna, la prescrizione si blocca in maniera definitiva. Se viene assolto (ed è questa la grande novità), può recuperare i termini di prescrizione rimasti nel frattempo bloccati. In altre parole, il blocco scatterebbe, in via definitiva, solo per la doppia condanna, in primo e in secondo grado di giudizio.
Ma è qui che rinasce il contrasto. Italia Viva, il partito di Matteo Renzi, non ci sta e annuncia il voto contrario al decreto che approderà in aula (dopo essere approvato, verosimilmente, dal CdM di lunedì ed inserito nel milleproroghe). Contro Renzi tuona Bonafede: “Iv nel momento in cui andremo in Parlamento si prenderà le sue responsabilità. Da parte mia non c’è stata alcuna rigidità. Viene il momento in cui dal mio punto di vista si deve accettare che ci sono tre forze politiche che hanno accettato l’accordo e una no”.
Italia viva fa già sapere – sapendo di non avere i voti per farlo passare – che voterà l’emendamento Annibali per rinviare di un anno la riforma Bonafede e poi in Aula, il 24 febbraio, la proposta di legge del forzista Costa per cancellare la legge Bonafede. Se anche in questo caso fosse battuto, Renzi presenterebbe la stessa proposta in Senato: “Lì Bonafede non ha i numeri anche col sostengo del Pd, se non lo convincerà la politica, ci penserà la matematica”.
Ancora una volta dovremo aspettare il confronto parlamentare per capire se il Governo reggerà l’ennesimo scossone oppure sarà la fine del progetto giallorosso.