Studente presso la facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” di Firenze, scrittore per il Prosperous Network. Fra fumetti, tecnologia e libri mi appassiono alla politica nostrana.

La netta vittoria di Stefano Bonaccini in Emilia-Romagna è stata accolta con grande entusiasmo dal popolo del Partito Democratico, che finalmente dopo tanto tempo ha saputo contribuire ad una battaglia portata a termine con successo. Nel Pd adesso si respira fermento, aria di riscossa: sui social vari esponenti e militanti non utilizzano mezzi termini festeggiando l’annientamento del “Capitano”. Ma quanto può essere davvero felice il Partito Democratico? Quanto effettivamente può aver funzionato il lento percorso di risalita di Zingaretti e compagni? In sostanza si potrebbe dire che non è tutto oro quel che luccica, per quanto i segnali non siano certo negativi. Ma andiamo per ordine.

L’analisi dei dati: PD pilastro che non brilla

Non può essere negato che il Partito Democratico sia stato numericamente il traino di tutta la coalizione vincitrice. Sui titoli di giornale campeggia fiera la scritta “PD primo partito”, che puntualmente viene rimpallata sui social da varie personalità, e nemmeno questo aspetto può essere negato, è un dato di fatto. Osservando con quanto scarto il PD si posizioni al primo posto arriva però la prima doccia fredda:
1. Partito Democratico: 34.69%
2. Lega: 31.95%
Il Capitano non sembra essere stato effettivamente annientato: la differenza tra Lega e PD ammonta a 2.74 punti percentuali, troppo pochi per parlare di grande performance del PD in una regione come l’Emilia. Sì, i Dem hanno primeggiato su tutte le altre liste, ma da qui a festeggiare una presunta vittoria ai mondiali ce ne passa. O meglio, si capisce l’entusiasmo ed è comprensibile la gioia, si tratta pur sempre di una bella vittoria del Centrosinistra, tuttavia suona strano sentir parlare alcuni dirigenti del fatto che adesso le cose vadano bene, che la rifondazione valoriale del Partito annunciata da Zingaretti non sia necessaria, che possiamo dare i 5 Stelle per spacciati e così via. La verità è che si è avuta una vittoria per certi aspetti risicata in quella che dovrebbe essere una roccaforte rossa.
Il Partito Democratico è indubbiamente il pilastro dell’agglomerato di CSX ma non si può dire che abbia brillato. Mi si dirà: “Sì, ma è anche vero che questa lunga fase politica è monopolizzata dalla destra salviniana, non si poteva fare tanto di meglio”. Vero, è una considerazione corretta, ma non può essere utilizzata come giustificazione: la situazione attuale è così anche e soprattutto per responsabilità del Partito Democratico stesso, ad ogni suo livello. Rassegnarsi alla realtà dei fatti come se fosse colpa di qualcun altro è un atteggiamento irresponsabile ed infantile.

Il tocco di Re Mida Bonaccini

Se il PD ha sicuramente giocato un ruolo fondamentale nel voto di lista, è anche vero che a fare da mattatore della sfida è stato sotto svariati aspetti Stefano Bonaccini. È sul voto al Presidente che si è concretizzata in maniera netta la vittoria del CSX, mentre osservando al solo voto di lista la distanza tra le due coalizioni si fa sensibilmente più ristretta:

Stefano Bonaccini: 1.195.742 (51,42%)   Lucia Borgonzoni: 1.014.672 (43,63%)
Totale lista CSX: 1.040.482 (48,12%)       Totale lista CDX: 981.787 (45,41%)

In sostanza, mentre i voti espressi a favore dei due candidati Bonaccini e Borgonzoni differiscono tra loro di 8 punti percentuali, lo scarto tra i voti espressi alle rispettive coalizioni di liste è molto più ristretto, meno di 3 punti. Inoltre, si evidenzia un altro aspetto notevole: in termini assoluti sono stati di più gli elettori che si sono recati alle urne per esprimere una preferenza nei confronti dei candidati presidenti rispetto a quelli che hanno deciso di esprimere il voto per una lista precisa. Si tratta di due milioni e trecentomila votanti nel primo caso contro i due milioni e centomila votanti nell’altro, sintomo del fatto che la figura del Presidente è stata maggiormente attrattiva rispetto ai vari partiti in competizione, PD compreso. Ciò è abbastanza fisiologico in una tornata elettorale dove uno dei due candidati è una personalità estremamente conosciuta sul territorio come Bonaccini, lo è ancor più considerato che si tratta in un’elezione di per sé maggioritaria e molto competitiva, tuttavia questo è ulteriore elemento che ci permette di capire la tutt’altro che netta centralità del PD ai fini della tanto declamata “vittoria schiacciante”. Tra l’altro ciò è anche confermato dal tipo di campagna portata avanti da Bonaccini, incentrata sul proprio personaggio e povera di spazi in cui il Partito Democratico abbia davvero dettato la linea. Anzi, meglio nasconderlo il PD, si sarà pensato. Per finire di constatare il tocco del nostro Re Mida, andiamo ad osservare quali sono le liste con maggior favore elettorale dopo PD e Lega:

3. Fratelli d’Italia: 8.59%
4. Lista “Bonaccini Presidente”: 5.76%

Il fatto che la quarta lista che ha ottenuto il maggior serbatoio di voti sia la lista del candidato Presidente fa capire ancora una volta quanto la personalità di Bonaccini – più che una riscossa del PD – abbia influito nell’esito delle elezioni.

Un esempio della campagna “apartitica” e personalistica di Stefano Bonaccini

Si fa presto a cantar vittoria!

In conclusione, le bandiere sventolate dal popolo PD all’indomani delle elezioni sono più che giustificate, vuoi per il trionfo che sembra riaprire un barlume di speranza nel Centrosinistra, vuoi per la soddisfazione di aver battuto Salvini. Ma parlare di Lega annientata e ritorno al bipolarismo è assai imprudente. La Lega ha solo rallentato una crescita comunque tangibile a livello generale, o al massimo sta ristagnando, ma non si può dire che sia in caduta libera. Si tende a sottolineare la batosta della Lega rispetto al dato delle Europee quando invece si dovrebbe andare cauti a mettere a confronto due elezioni così radicalmente differenti tra loro, sia nelle meccaniche che nella posta in palio. Il M5S si è candidato timidamente a queste regionali, per non dire che avrebbe proprio preferito non candidarsi, ed è per questo motivo che il risultato ottenuto è stato deludente, ma affermare che si stia estinguendo è davvero troppo. E ancora, chi può dire quanto il momentaneo effetto Sardine abbia giovato alla coalizione di CSX?
Insomma, è stata una bella vittoria della coalizione tutta, ma non può dirsi la grande vittoria del Partito Democratico. Rimane una scintilla di positività che è innegabile e che, parere personale, andrebbe alimentata grazie ad un profondo ripensamento del Partito nel suo modus operandi, nelle sue battaglie, nella riscoperta dei propri valori fondanti. Ipotesi che oggi qualcuno, alla luce della performance emiliana, rispedisce colpevolmente al mittente.