Studente presso la facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” di Firenze, scrittore per il Prosperous Network. Fra fumetti, tecnologia e libri mi appassiono alla politica nostrana.

C’è un sottile gioco di distanze che caratterizza l’operato delle forze politiche, riassumibile nella tendenza ad instaurare un rapporto diretto con l’elettorato tramite l’utilizzo professionale dei social media, ed al tempo stesso nella contraria tendenza ad allontanarsi e chiudersi dalle realtà esterne (apparentemente). Si genera un geniale ciclo autoalimentato: i leader non parlano dei problemi nazionali ed internazionali focalizzandosi su tematiche assuefacenti da cui le persone diventano sempre più dipendenti.
Si noti bene che la dissimulazione e l’inganno non sono pratiche innovative in politica, ma sono assolutamente accentuate grazie ad un certo uso dei social network, sempre più inclini alla comunicazione per immagini, immediata e di pancia. Non si tratta qui però solamente del solito trattatello sulle fake news o sul leaderismo in rete; questo articolo vuole anche mettere in luce un’ulteriore ovvietà: mentre noi stiamo dietro alla narrazione sanremese o al post pane e nutella di Salvini, la politica va avanti e prende decisioni nazionali ed internazionali fondamentali, ed a trarre vantaggio da questo modus operandi non sono i Salvini o i Di Maio di turno, ma tutta la classe politica e tutta la stampa.

Ciclo continuo

Come già detto, i politici più capaci agiscono attuando machiavellicamente una narrazione falsa della politica. O meglio, spostando l’attenzione verso argomenti atti a distrarre l’opinione pubblica. Si è parlato del festival di Sanremo per almeno quattro giorni polarizzando un’opinione pubblica drogata, poi è stato il turno del Commissario Montalbano, e ancora è toccato ai satanisti ed alla festa di San Valentino. Leggere di Salvini e Di Maio equivale oggi a parlare con Salvini e Di Maio, vista la tendenza ad una comunicazione colloquiale che virtualmente abbatte ogni grado di separazione tra cittadino e politico. Ecco che il circolo vizioso prende forma. Ma questo ciclo narrativo della politica non interessa solamente Salvini e Di Maio. Non vi sono infatti né giornali che (quantomeno online) riportino come topic principale argomenti di rilievo oscurati dal racconto politico né importanti membri delle opposizioni che prendano a cuore questa deriva comunicativa e cerchino di invertire la tendenza quantomeno nei contenuti trattati. Se Salvini parla di Sanremo il giornale darà risalto a Sanremo (magari anche nel tentativo di far “contestazione”) ed un loquace esponente dell’opposizione risponderà ribattendo in merito a questo cogente argomento internazionale che è il festival della canzone italiana. Ovviamente si dibatte, ma alla fine il livello del discorso rimane lì.

Il banchetto della politica

Politici e giornalisti dunque traggono ampio giovamento da una narrazione politica che diviene arma di distrazione di massa. In questa fase gli emblemi di tale atteggiamento sono Salvini e Di Maio, ma in fin dei conti in pochi hanno davvero intenzione di rinvigorire un pubblico sopito: ciò che oggi seminano i due leader domani sarà raccolto da altri animali da palcoscenico (o meglio da social). Si delinea l’immagine di una mastodontica tavola imbandita di mille leccornie a cui partecipano politici e giornalisti. Magari si azzufferanno per l’ultima coscia di pollo, ma siederanno sempre insieme a quella tavola. E i cittadini, minuscole formiche che popolano il pavimento, avranno sempre una visione parziale di cosa c’è più in alto, oltre quella tavola imbandita. Il problema è che oltre la tavola imbandita c’è il cielo aperto, e quando piove le formiche si prendono comunque una bella doccia gelata. Tanto per dire che le ricadute della politica nazionale e globale si riverseranno comunque su tutti noi. I problemi di certo non spariscono a mascherarli. Questo non significa che le differenti fazioni politiche non operino nella direzione di certi valori piuttosto che altri, tuttavia avere a che fare con una popolazione facile da indirizzare fa comodo a tutti, anche nel raggiungimento di nobili fini.

Chiusi in Italia

La marcia in più della comunicazione a trazione leghista è la tendenza ad associare questa narrazione pane e nutella ad una parvenza di chiusura dell’Italia su sé stessa. Oltre a generare un chiaro sentimento di protezione, questa finta chiusura delle frontiere e dell’economia permette di evitare qualsiasi contatto con le problematicità esterne. Come si diceva però i problemi non spariscono. Rispetto al caso specifico del governo gialloverde, assai incline a scivoloni internazionali, gli eventuali passi falsi sono presi con leggerezza e raccontati come gaffe più o meno perdonabili. L’opposizione potrà pure porsi in atteggiamento critico, ma spesso senza cambiare il registro del discorso.

Intanto, in Europa…

Nonostante i politici siano tornati apparentemente ad occuparsi di cose care agli Italiani, in realtà sui banchi europei tutti i paesi, anche l’Italia, scrivono l’agenda del domani. Questo però pare essere un elemento che gli Italiani ignorano, e ciò si tradurrà in un macigno pesante da sopportare per i futuri cittadini, che salvo cambiamenti saranno a loro volta membri della società ignari di ciò che accade attorno a loro. Certamente tutta questa trattazione è un’estremizzazione della realtà e non sono da escludere evoluzioni sociali di riscatto, come non è da escludere che nel gioco democratico una politica differente riesca ad instaurare un dialogo più sano con la cittadinanza. E ovviamente non siamo tutti un branco di idioti. Ma al netto di ciò, si è comunque di fronte ad uno scenario abbastanza inquietante che vede gli Italiani lobotomizzati da una comunicazione politica tossica, e quindi ignari di capire che per esempio il racconto del cambiamento è un racconto falso, specchietto delle allodole che permette di continuare a nutrire un sistema incapace di riforme sociali e del lavoro efficaci, che creino tutele e al tempo stesso produttività, o di politiche giovanili che proteggano i soggetti più deboli della nostra società. In uno scenario del genere insomma, la vecchia retorica dello scegliere il male minore tra i mali presenti in politica risulta essere il disegno più attinente alla realtà del nostro sistema. Della serie: tra tutti quelli che ci buttano fumo negli occhi scegliamo quello che lo fa con meno danni collaterali. La tristezza è servita, buon appetito.