Presso i palazzi del potere il Natale si incendia. Come sappiamo in Parlamento il confronto sulla manovra è al limite del tragico oltre che del ridicolo, con in particolar modo i Senatori costretti a votare la legge di bilancio senza conoscerne il testo. La manovra giunge come ciliegina sulla torta di un percorso ricco di incoerenze e forzature figlie di un matrimonio altrettanto incoerente, quello gialloverde. Non è intenzione del sottoscritto gridare allo scandaloso colpo di Stato, cosa che non sussiste, quanto piuttosto sottolineare l’incessante scherzare col fuoco di leghisti e grillini. Si scherza col fuoco non solo nel momento in cui ci si prende gioco delle opposizioni parlamentari – cosa rimarcata con dolci parole dallo stesso Fico – ma anche quando, per dirne una, si produce un decreto immigrazione e sicurezza ai limiti dell’incostituzionalità, aspetto su cui tra l’altro il CSM si è già pronunciato con un parere votato a maggioranza. In una situazione del genere, ovviamente, risulta difficile fare un’analisi politicamente del tutto neutra e probabilmente quella che mi accingo a fare non sarà esente da parzialità.
Dov’è Sergio Mattarella?
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, da molti descritto come custode silenzioso della democrazia italiana, nel corso di tutta la durata di questo governo è stato in disparte. Sembra irriconoscibile rispetto a quel Mattarella che il 27 maggio scorso si rifiutava di far formare un esecutivo a Salvini e Di Maio reclamando il proprio ruolo squisitamente politico. Ora, probabilmente dalla formazione del governo gialloverde fino ad oggi Mattarella non sarà stato in tutto e per tutto un semplice Presidente “notarile”, visto che comunque alcune volte è riuscito ad emergere con delle dichiarazioni controcorrente, tuttavia di fatto non ha giocato un ruolo così attivo, anzi.
Tra l’altro questo è quello che deve fare un Presidente: non intervenire se non c’è bisogno. Ma il punto sta proprio qui, davvero non c’era bisogno di una sua forte presa di posizione? In un caso come quello già citato del decreto sicurezza nulla avrebbe impedito al Presidente Mattarella di intervenire chiamando in causa dubbi sulla costituzionalità della norma, invece si è preferito agire firmando il decreto per poi richiamare con delle semplici dichiarazioni (importati, per carità) i principi costituzionali in tema d’accoglienza e il rispetto dei diritti dell’essere umano. Non si è trattato perciò di un lavoro di custodia della costituzionalità netto ed incisivo. Anche nell’ambito della manovra, dove il discorso sulla tutela della costituzionalità è all’apparenza meno attinente, non si è visto un Mattarella ostinato come nel noto caso della nomina di Paolo Savona, per cui il Capo dello Stato aveva tirato in ballo il principio di tutela dei risparmi degli Italiani, principio che sarebbe oggi attualissimo visto i recenti sviluppi. Non sto dicendo che Mattarella debba far cadere il governo e andare quindi contro ad una formazione politica che virtualmente (e sottolineo altre 100 volte, virtualmente) detiene il favore della maggioranza degli elettori, ma che probabilmente non si stia comportando come quel Presidente baluardo di cui molti tessono le lodi.
L’altro Mattarella
Nel computo del lavoro svolto dal Capo dello Stato va considerato anche il risvolto della medaglia, ovvero cosa sarebbe accaduto nel caso in cui Mattarella si fosse posto in termini più netti di opposizione all’esecutivo. Siamo nel campo dei “se” e dei “ma”, però un’ipotesi si può provare a farla. Possiamo immaginare innanzitutto cosa avrebbe potuto provocare un comportamento di rottura. Di fronte ad un Presidente belligerante si creerebbero nuovamente le condizioni per attriti istituzionali di forte intensità. Di Maio probabilmente non ci penserebbe su due volte prima di aizzare il popolo grillino al pari di quanto fatto nel maggio scorso. In una situazione di calma istituzionale invece i due leader di governo sono in qualche modo imbrigliati e costretti a far leva su ben altri sentimenti nel proprio elettorato, basti pensare alle dichiarazioni di Di Maio del 21 dicembre scorso: «Il presidente Mattarella, dal punto di vista della garanzia costituzionale, come sempre è stato fondamentale. È chiaro ed evidente che il presidente Mattarella in questi mesi è stato anche un po’ l’angelo custode di questo governo, ma non nel senso politico, nel senso di garante della Costituzione.»
Insomma, dal momento che Mattarella non è uno sprovveduto, probabilmente va considerato il fatto che stia solo mettendo in atto un comportamento prudente ai fini della stabilità socioistituzionale del Paese, accettando di pagare qualche prezzo di tanto in tanto e, perché no, magari anche incorrendo in qualche sbaglio.
Il Presidente tra due fuochi
Il ruolo di Mattarella, va detto, non è certamente dei più semplici. La propria presidenza non è mai stata dipinta come amica del governo gialloverde, e risente senza dubbio dei discorsi sull’impeachment e compagnia. Dovendo scansare nuovi attacchi dalla politica (e quindi dovendo egli stesso evitare di scendere in giudizi anche solo parzialmente politici) il proprio ruolo di garante dell’equilibrio istituzionale e del rispetto della Costituzione si fa estremamente difficile. Mattarella è un Presidente costantemente in bilico tra due fuochi e questo lo relega talvolta ad un ruolo che pare notarile ma che spesso va a significare qualcosa di molto più grande. Alla luce del quadro politico le proprie composte dichiarazioni assumono una valenza molto alta per quanto, nella mera pratica, Mattarella sia un Presidente meno invadente di Napolitano e di svariati altri predecessori. Certamente questo, va specificato, lo si può dire in riferimento al periodo politico in oggetto e non a tutta la sua presidenza. Anche il Natale di Mattarella, dunque, sarà una festività infuocata. Non che gli altri giorni siano da meno: al Quirinale la tensione si taglia sempre col coltello. E chissà che il buon Sergio non abbia in mente un bel colpo di coda per il consueto discorso di fine anno.