Studente presso la facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” di Firenze, scrittore per il Prosperous Network. Fra fumetti, tecnologia e libri mi appassiono alla politica nostrana.

La notizia della morte di Sergio Marchionne, giunta proprio mentre stavamo per pubblicare questo pezzo, ci coglie di sorpresa. Abbiamo deciso di mantenere inalterato l’articolo ormai pronto per la pubblicazione, sperando di offrire un’analisi comunque gradita.

L’empatia e lo scontro.

In queste ore un uomo versa in gravi condizioni di salute, probabilmente irreversibili. Non è mai bello avere a che fare con sventure del genere, vedere una persona debilitarsi e lottare tra la vita e la morte. Quando a lottare è un uomo di successo, un idolo, ci si sente emotivamente coinvolti e tutti un po’ più tristi. Un uomo che trovavamo costantemente sui giornali, in tv, accanto a persone di successo e coinvolto in faccende sempre cruciali sta per morire. Un uomo che non potevamo non sentire un po’ nostro probabilmente ci lascerà nel giro di pochi giorni. Sergio Marchionne è chiamato ad una sfida quasi impossibile: vincere contro un male irreversibile. Dobbiamo ammettere che in linea generale questa situazione non è nuova, è un qualcosa che abbiamo vissuto spesso in occasione della morte di una celebrità. Ciò che sta accadendo a Marchionne in questi giorni supera tuttavia l’ordinaria celebrazione di un personaggio importante, egli è diventato infatti oggetto di scontro politico. A lui la cosa non interesserà affatto, è impegnato in ben altre faccende, e gli facciamo i nostri auguri; a noi però questa faccenda può interessare eccome.

La vita di un grande.

Il dibattito creatosi fra i leader politici (soprattutto quelli di sinistra e centrosinistra) ha del ridicolo. O comunque si basa su argomentazioni che potrebbero benissimo coesistere. Invece no, l’intenzione è quella di litigare. Non si può negare: Sergio Marchionne è stato un gigantesco uomo d’affari, un ottimo imprenditore. È indubbio che abbia risollevato la FIAT, è indubbio che sia stato un “grande”. Ha portato un’azienda quasi fallita a nuova luce, ed è una cosa che riempie d’orgoglio molti Italiani. Si capisce bene la manifestazione d’affetto testimoniata in queste ore. L’esistenza di Marchionne si porta dietro delle ombre – come vedremo – che certamente non annullano le sue imprese, ma che danno un quadro chiaro di una storia imprenditoriale ricca di sfaccettature. Si parla di delocalizzazioni, per dirne una. Nessuno è perfetto e nessuno può soddisfare queste e quelle aspettative politiche: non si dovrebbe chiedere a Marchionne di non essere ciò che è stato. In una situazione come questa è normale rendergli tributo, pare quasi spietato criticarlo in un tale momento, gettargli addosso cattiveria, e c’è chi, esagerando, l’ha fatto in prima pagina. Ciò che interessa è che c’è poi chi ha criticato una manifestazione d’affetto estrema e idolatrica e questo, sì, lo si dovrebbe poter accettare anche in un momento difficilissimo per la vita di Marchionne. Intanto però proprio per questo motivo la miccia dello scontro politico è scoppiata. Chi celebra Marchionne nella sua grandezza non accetta di essere disapprovato, e si crea un casus belli imbarazzante. Frattanto Marchionne continua a lottare.

Celebrazione dovuta, celebrazione critica.

Le fazioni che si scontrano sono, come già detto, quelle del centrosinistra. Matteo Renzi esordisce regalando una memoria sul rapporto avuto con Marchionne che ne evidenzia sicuramente gli aspetti positivi, le capacità lavorative e la grande esperienza imprenditoriale.

«Sergio Marchionne è stato un grandissimo protagonista della vita economica italiana. Chi lo nega, nega l’evidenza. Ha creato posti di lavoro, non cassintegrati. Perché il lavoro si crea con la fatica e con l’impegno, non con i sussidi. Ha salvato un’azienda, la Fiat, quando sembrava tecnicamente impossibile farlo.
Ha subito l’odio ideologico di chi detesta le persone di talento. Chi in queste ore esprime il suo odio, anche sui social, si dimostra un uomo squallido.
Con Marchionne ho litigato talvolta, ho discusso sempre, ho lavorato molto. E molto bene. Ho imparato come mi capita sempre da persone che hanno una marcia in più. E gli sono grato per questo.
Tanto di cappello a un manager il cui lavoro resterà a lungo nella storia economica del nostro Paese.
»

Enrico Rossi, Presidente della Regione Toscana ed esponente di spicco di LeU, risponde alla celebrazione di Renzi portando all’attenzione punti estremamente critici del personaggio, in maniera effettivamente molto forte, pur senza escluderne la grandezza imprenditoriale:

«Marchionne versa in condizioni molto gravi.
I giornali esaltano le sue capacità di leader e di innovatore.
Ma, nel rispetto della persona, non si deve dimenticare la residenza in Svizzera per pagare meno tasse, il Progetto Italia subito negato, il baricentro aziendale che si sposta in Usa, la sede legale di FCA in Olanda e quella fiscale a Londra. Infine, un certo autoritarismo in fabbrica per piegare lavoratori e sindacati; e gli occupati che sono passati dai 120000 del 2000 ai 29000 di oggi.
Marchionne era un manager capace, soprattutto per gli azionisti, ma certo poco o per niente attento alla storia e agli interessi industriali del Paese, il quale, d’altra parte, ha avuto una politica debole, priva di strategie industriali, che sostanzialmente ha lasciato fare.
In questo momento di dolore, non si deve però dimenticare la complessità e gli errori che sono stati commessi in questi anni e che alla fine sono stati pagati dai lavoratori e dai giovani in cerca di occupazione.
Mantenere una visione critica è la condizione indispensabile per provare a fare meglio.
»

Emergono due punti di vista diversi, frutto di visioni politiche diametralmente opposte (fa effetto dirlo di due ex compagni di partito, ma tant’è). Uno, Renzi, esalta gli indiscutibili aspetti positivi del personaggio, l’altro, Rossi, fa invece quello che ci si aspetterebbe da un leader della sinistra “classica”, ovvero parlare dal punto di vista dei lavoratori. È fuori da ogni discussione che il primo idolatri, il secondo distrugga. Ed è innegabile che l’imprenditore Marchionne sia una mescolanza di tutti questi aspetti.

Le sinistre, così lontane e così vicine.

Si ha a che fare con un quadro politico forse più interessante e profondo di quanto possa sembrare ad una prima occhiata. Marchionne, poveretto, diviene l’emblema di una divisione quasi ideologica. Parlare di “ideologia” è sicuramente troppo, ma voglio sottolineare che vi sono due approcci al mondo completamente opposti. Da un lato Marchionne si erge a simbolo della capacità imprenditoriale italiana, immagine di come nella società odierna un privato da solo possa risollevare un’industria dalla caratura globale. Per Matteo Renzi chi prende le parti di alcuni dipendenti che possano aver sofferto certe mosse imprenditoriali lo farebbe per invidia: «il talento viene spesso criticato perché la nostra società è basata più sull’invida che sull’ammirazione». È un classico di Renzi fondare una politica su esasperato ottimismo e orgoglio nazionale che come si può notare sfociano nell’idolatria verso certi personaggi. Dall’altro lato Marchionne è emblema di un’imprenditoria sbagliata e quasi tirannica che ha agito grazie anche ad una politica statale troppo poco “socialista”, in un dipinto che, per quanto colorito, non possiamo definire totalmente frutto della fervida fantasia di Rossi. Inutile dire che, come spesso si ribadisce in questa sede, la verità stia in mezzo. La verità sta in mezzo a due disegni che trenta anni fa avremmo definito rispettivamente di destra e di sinistra. La questione Marchionne è l’ennesima riprova di come la politica stia perdendo i propri saldi punti di riferimento. Per esempio, immaginando un dialogo estremamente plausibile, ad un Rossi che predica che essere di sinistra significa difendere i lavoratori, Renzi risponderebbe sarcasticamente “perché, risollevare un’industria non è di sinistra?”. Insomma, a fronte di scopi diversi si rivendica la titolarità di medesime etichette politiche – in questo caso quella di “sinistra” – che, così facendo, perdono il loro significato.

La morte di una celebrità.

A costo di sembrare indelicati bisogna dirlo: la morte o le gravi condizioni di salute non cambiano ciò che un uomo è stato. Nessuno gode di una “purificazione” a seguito della morte, nessuno a parte le celebrità. Lo si è già detto un po’ nell’introduzione: si crea un legame fra personaggio e pubblico che “lava i panni” del sofferente/deceduto ergendone la figura a nobile faro per la comunità. Non c’è una via di mezzo, o diventi un eroe o un diavolo. È un meccanismo che si instaura grazie ad un grande lavoro dei media che si impegnano nel costruire mirabolanti racconti attorno ai beniamini del pubblico, i quali tendono ad assumere caratteri epici. Chissà perché accade tutto questo, chissà quali meccanismi ed implicazioni sociali sono legate a questo fenomeno. Qualche spunto potremmo pure tirarlo fuori, ma verrebbero sei articoli anziché uno e la cosa non andrebbe poi tanto bene. Una riflessione con molte meno pretese andrebbe però fatta per chiudere il cerchio. Dal basso della mia scarsa conoscenza della vita di Marchionne non voglio sbilanciarmi più di quanto abbia già fatto sul suo conto, sicuramente influenzato dal racconto intessuto dai telegiornali, esprimendo però un ultimo pensiero: lasciamo in pace quest’uomo finché sarà vivo, e lasciamo in pace coloro che dalla grande storia recente della FIAT non hanno ricavato che sfortune. Non si tratta di mero rispetto per chi sta male: se parlare di Marchionne significa per forza esaltarlo positivamente in ogni suo singolo aspetto allora è meglio stare zitti, perché nessuno è perfetto e non lo sarà stato nemmeno lui, e perché così facendo si starebbe solo realizzando il gioco di chi, nell’intenzione di fondare una politica su un risvegliato senso di appartenenza ed orgoglio nazionale, finisce egli stesso in primis per strumentalizzare una persona che intanto lotta tra la vita e la morte facendone un idolo. Non è sciacallo solo chi attacca, ma anche chi esalta. Per questo Marchionne andrebbe lasciato stare, o comunque ci si potrebbe fermare ad un bell’in bocca al lupo, che quello non fa davvero mai male.

“Addio (aggiornamento 25 luglio 2018)”

Come già detto all’inizio, questo articolo è frutto del lavoro dei giorni passati, quando ancora Sergio Marchionne era in vita.
Ci sentiamo in dovere di esprimere le più sentite condoglianze alla famiglia ed ai cari.