Studente presso la facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” di Firenze, scrittore per il Prosperous Network. Fra fumetti, tecnologia e libri mi appassiono alla politica nostrana.

Alcune persone vivono più di altre, riescono a mettere in fila una serie di successi che rendono loro incredibilmente resistenti al tempo. La loro intera esistenza è un’avventura irripetibile perché costellata di vittorie. Quando tutto sembra finito trovano la forza di ripartire, quando sono con le spalle al muro riescono a tirare fuori l’asso nella manica riuscendo a sbaragliare la concorrenza.

Alcune persone brillano di una luce particolare, sono predestinate al successo, poco importa se gli strumenti utilizzati siano leciti o meno, ciò che ne esce fuori è un leader che andrà ad occupare per sempre la vetta del monte Olimpo. Sportivi, studiosi, inventori, artisti, anche personaggi inventati: chiunque e qualunque cosa può diventare una leggenda, un simbolo. Ed anche i politici possono esserlo, nel bene e nel male.

Non è mio compito esternare il pensiero a riguardo delle politiche, degli errori, delle vittorie: non c’è bisogno di parteggiare per Silvio Berlusconi per riuscire a riconoscere la sua immortalità in una vita costellata di successi, indipendentemente dal fatto che si reputino sudati o meno. Vanno riconosciuti il carisma, la furbizia, l’abilità strategica e gli innumerevoli assi nella manica che riusciva ad inventarsi. O meglio, che riesce ad inventarsi. Nonostante gli stessi media, commentatori ed esperti non abbiano dato più grande spazio al Cavaliere, nell’ultimo periodo sembra proprio che qualcosa si sia mosso.

Si pensava che questa legislatura sarebbe stata quella del definitivo ridimensionamento di Berlusconi e invece, sin dalla rottura definitiva con Renzi egli ha cominciato a tessere una tela che è parsa chiara di fronte al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016: tornare a combattere il Partito Democratico tramite la sua arma migliore, la dialettica. Un progetto che non si è esaurito però alla fine dello scorso anno perché, come Berlusconi stesso ribadisce più volte, è pronto per tornare in campo e puntare al ruolo di Presidente del Consiglio. Anche di fronte a ciò parte dell’opinione pubblica ha reagito tiepidamente, credendolo ormai roba del passato. Ma Berlusconi è uno che non vive nel passato, ne conserva sicuramente le fotografie però è anche pronto a scattarne di nuove, cosciente del fatto che c’è un elettorato che l’aspetta trepidante.

La rimonta di Forza Italia
Le premesse per la discesa in campo sono chiarissime: Forza Italia sta vivendo una fase rinascimentale che va avanti ormai da mesi e di cui forse ci si era occupati un po’ troppo poco, tuttavia già verso aprile risultava chiaro che una coalizione a destra avrebbe sbaragliato i concorrenti, pur non riuscendo ad arrivare al fatidico 40% alla Camera.
La svolta per Berlusconi è però arrivata durante la settimana scorsa, quando Forza Italia ha raggiunto la Lega nelle intenzioni di voto. Sappiamo bene che i sondaggi a volte lasciano il tempo che trovano, ma è anche vero che sono uno dei pochi strumenti su cui i politici si basano per studiare le proprie mosse. Come si può vedere dal grafico riportato da Termometro Politico (IPR) il partito di Berlusconi si attesta al 12.5%, al pari di Salvini. A seguire Fratelli d’Italia della Meloni al 5% e tutte le piccole anime di centrodestra che, probabilmente, dovendosi alleare, sceglierebbero proprio questa parte dell’emiciclo. Una destra che si attesta al 34% contro una sinistra al 31% che, però, vista la natura delle divisioni che parrebbero non solo strategiche ma anche dovute ad attriti personali, vede nell’unità un miraggio lontano. Il m5s isolato di fronte a questi numeri potrebbe solo sperare in una sorpresa: pur essendo il primo partito oscilla fra il 28% ed il 30% al massimo: troppo poco, anche perché nonostante tutti i dati siano più o meno simili, la partita la sta giocando la destra e lo dimostrano anche i risultati delle amministrative. Dati tendenziali non proprio confortanti per dem e grillini.

Cavaliere alla riscossa
«Forza Italia non accoglierà nessuno di coloro che hanno lasciato FI e hanno tradito gli elettori e addirittura sostenuto il Governo della sinistra. Poi se torneranno nel centrodestra con loro movimenti, questo ci consentirà di vincere le elezioni».
Le parole di Berlusconi, rilasciate qualche giorno fa al Corriere, non lasciano spazio a dubbi: la volontà è quella di ricreare un corpo a destra che, a detta del Cav, non è mai morto. Dopo un periodo di indecisione nei confronti di un possibile dialogo aperto col Partito Democratico, Berlusconi ha visto bene di mettere le cose in chiaro anche perché, come abbiamo visto, sembra essere la cosa più conveniente da fare. La vera svolta per l’ex patron del Milan è stata però la consapevolezza di poter primeggiare sulla Lega e tornare a fare da capo alla coalizione come un tempo. Se fino a qualche settimana fa i Salviniani, forti del proprio consenso, ricordavano a Berlusconi che il capo della coalizione si sarebbe deciso a seconda dei voti accaparrati da ogni singolo partito, adesso è Forza Italia a poter cogliere la palla al balzo e ribadire un concetto che fino a qualche tempo fa andava stretto ai forzisti. Berlusconi ha finalmente i numeri per primeggiare, e forse lo farà davvero, ancora una volta.
A cogliere la palla al balzo sono anche tutta una serie di personalità che stanno cercando di riallacciarsi al partito, si pensi ad esempio all’ex ministro degli affari regionali Enrico Costa, dimessosi il 19 luglio scorso per poter «lavorare ad a un programma politico di ampio respiro che riunisca quelle forze liberali che per decenni hanno incarnato aspirazioni, ideali, valori, interessi di milioni di Italiani che hanno sempre respinto soluzioni estremistiche e demagogiche». Un’altra personalità di spicco che si appresta a tornare tra le fila di Forza Italia è Paolo Bonaiuti, storico portavoce di Berlusconi dal ’96 al 2014, quando aveva abbandonato la barca per passare ad NCD; sottolinea come fra i due non vi sia un rapporto di convenienza ma un legame vero, sincero.

Il nuovo programma politico
Nelle dichiarazioni riportate lo scorso giugno da Il Post Berlusconi poneva le basi per un programma innovativo, lasciando però poco spazio ai dettagli: «Abbiamo preparato un bellissimo albero della libertà, rappresentazione grafica di un programma che sarà rivoluzionario: le radici sono i nostri valori cristiani e i nostri principi liberali, i rami rappresentano i diversi problemi del Paese e i frutti sono le nostre proposte per superarli e far ripartire l’Italia».
I particolari vengono fuori via via che i giorni passano, e sono tematiche assai care al ceto medio, una su tutte: risolvere la disoccupazione giovanile e la questione pensioni. Il Cavaliere ha una ricetta molto semplice che verrebbe quasi da chiedersi come nessuno avesse potuto pensarci prima: mandare in pensione gli anziani (abolendo l’APE) creando così posto per i giovani disoccupati, tutto molto semplice; accanto a questo si parla di tasse sulla prima casa che secondo Berlusconi non sono state tolte del tutto e dell’abolizione del bollo sulla prima auto. Una proposta che continua a circolare (e non è affatto nuova) è quella di stampare una moneta da affiancare all’Euro, una questione che, non importa che lo dica io, si preannuncia ricca di sorprese.

Silvio, fra spettacolo e realtà
Silvio Berlusconi può dirsi davvero tornato solo se assieme a lui torna l’elemento che più lo ha contraddistinto: la spettacolarità. In fondo è sempre stato lui il padre mondiale della politica-spettacolo, lo sappiamo, ne è il maestro. Un esempio lampante si è avuto quando Silvio ha preso a cuore le battaglie animaliste, pochi mesi fa, comparendo sulle reti Mediaset in uno spot pittoresco, circondato da creature felici scorrazzanti in giardino.


Non si è trattato di una perla isolata bensì di un lungo progetto volto a far parlare di sé, e molte cose stanno anche cadendo a fagiolo. Fa sorridere ad esempio il fatto che il regista Paolo Sorrentino meditasse da tempo di fare un film sull’imprenditore milanese e che arrivato ad una fase avanzata del progetto si sia sentito dire da Berlusconi in persona: «Vieni a girare ad Arcore il film su di me, ti metto a disposizione tutto quel che vuoi». Insomma, che se ne parli male o bene, basta che se ne parli, che ci sia lo spettacolo; ha giocato un serio ruolo in questo senso anche il tira e molla attorno alla vendita del Milan, che si portava avanti da moltissimo tempo. La telenovela calcistica è stata quindi l’ultima in ordine di tempo fra le trovate di Berlusconi per cavalcare l’onda della celebrità e del chiacchiericcio, perché come sappiamo ce ne sono state già parecchie: al Berlusconi politico è sempre servito il Milan e viceversa. Si calca la mano sulla nostalgia: nostalgia verso le vittorie del vecchio Milan, nostalgia degli elettori che lo avevano abbandonato ma che stanno cominciando a rimpiangerlo, nostalgia da parte di tutto il centrodestra delle vittorie ottenute dalla forza trainante di Silvio.

L’ultimo ostacolo
Quello di Berlusconi è un progetto ambizioso, tornare ad essere nel 2018 il candidato premier della destra e portare a casa il bersaglio grosso del premio di maggioranza alla Camera, sempre ammesso che il Cavaliere non punti davvero a tirare nuovamente in ballo la discussione sulla legge elettorale, come ha esternato negli ultimi giorni, riproponendo il modello tedesco ma corretto con premio di maggioranza (questo a testimonianza di quanto Berlusconi creda in una vittoria, diversamente da una manciata di mesi fa, quando il proporzionale gli andava più che bene).
Un’ultima fatica però si frappone tra Silvio ed il traguardo, ed è la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Occorre spiegare meglio la situazione: la Costituzione prevede due condizioni che limitano il parlamentare: l’incompatibilità e l’ineleggibilità; a questi la legge ordinaria ha aggiunto il criterio dell’incandidabilità, contenuta nella cosiddetta legge Severino, che prevede che chi sia condannato per almeno 2 anni per “reati di particolare allarme sociale” non possa essere candidato al Parlamento. Chi incappa in una simile condanna essendo già parlamentare è sottoposto al giudizio della propria camera che ne decide la decadenza: è proprio questo il caso di Berlusconi. Il Cavaliere il 1º agosto 2013 veniva condannato a 4 anni di reclusione per frode fiscale al termine del processo Mediaset, cosa che ha fatto scaturire la decadenza da Senatore fino al 2019. Il tribunale di sorveglianza di Milano poi dichiarerà espiata la pena di Berlusconi limitandolo a scontare i servizi sociali per un anno. Il tutto, però, pur concludendosi nel 2015, non gli ha comunque permesso di tornare candidabile, dato che la legge Severino non ammette revisioni, ed è per questo che Berlusconi ha fatto ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che si pronuncerà il prossimo novembre. Solo allora potremo sapere se Berlusconi gareggerà per vincere, come ha sempre fatto e come vorrebbe continuare a fare sfidando il tempo.
Nel caso le cose andassero male ci sarebbe però un’altra scappatoia, assai difficile da effettuare e che necessiterebbe dell’architettamento dei migliori sceneggiatori hollywoodiani, ovvero puntare a divenire Presidente del Consiglio senza ricoprire la carica di parlamentare. C’è un precedente: Matteo Renzi è stato premier senza essere parlamentare, cosa che in effetti non è esplicitamente richiesta ma conosciamo anche bene la prassi delle cose e le condizioni particolarissime in cui il segretario PD si è trovato a fare il presidente.
Però lo sappiamo, Silvio ottiene sempre ciò che vuole, e se davvero lo vuole potete strane certi: tornerà, ed in grande stile.