Un amico tira fuori una battuta pesantissima. Ridi, perché devi ridere per forza, mentre intanto dentro piangi. Rimetti in gioco tutte le poche sicurezze che avevi. Ti dimostri distaccato, forte, simpatico, arrivi a scherzarci sopra tu stesso, perché devi farlo. O peggio ancora, a prendere in giro qualche altro ragazzo, sempre perché devi. Intanto ti vergogni di te stesso. Importanti parti della tua persona, ovvero la tua identità e la tua sessualità, vengono lacerate dalla lama tagliente delle parole. Queste, si sa, feriscono come e più di una spada. Il groppo in gola lo spingi giù, lo covi fino a farlo diventare qualcosa di pericoloso per la tua stessa persona. Diventi sempre più fragile, sempre più chiuso. Forse un giorno ne uscirai, caro amico, ma ciò che vivi ti segnerà per sempre.
Chi ha il coraggio di credere che in qualche misura tutto ciò sia giusto? Non prendiamoci in giro.
Giugno, per chi non se ne fosse reso conto, è il mese in cui si celebrano i diritti omosessuali. Si tratta di un’iniziativa che ha assunto la propria valenza di festa annuale nel 2013 per mano dell’ex presidente Barack Obama, che ricordando i fatti di Stonewall del giugno del ‘69 diceva: “Auspico che tutti gli Americani eliminino i pregiudizi ovunque resistano e celebrino la grande diversità del popolo degli Stati Uniti d’America”. Del mese dedicato ai diritti LGBT ne aveva già parlato però Bill Clinton e l’iniziativa era stata più volte promossa dallo stesso Barack Obama anche negli anni di presidenza precedenti al 2013. Comunque oggi, a distanza di 4 anni, nonostante la spinta data dal presidente Trump sia di tutt’altro avviso – ha fra l’altro rifiutato di proclamare ufficialmente il mese pride – l’ondata arcobaleno di giugno continua a contagiare il mondo intero, anche l’Italia, e non lo si può che definire un bene.
È in questi casi che possiamo capire il ruolo della politica, volta ad indirizzare la società ed a creare valori che un domani saranno fondanti. Una cosa di cui sono estremamente convinto è che le persone ai vertici abbiano questo potere, un potere da cui deriva una bella responsabilità, quella di educare le masse. Ci credo davvero, e so che il rischio che si corre è d’altra parte quello di poter anche avere leader che puntano a diseducare la massa piuttosto che portarla sui binari dei valori di inclusione e tolleranza, come succede ad esempio in America. È proprio per questo che ha senso lottare, manifestare ed essere anche solo presenti: se la politica non guida il popolo saranno i discriminati a farlo, facendo sentire la propria voce.
Insomma, proprio in questi casi si può distinguere fra buona e cattiva politica: quando anche solo un ragazzo omosessuale giunge al suicidio, chiunque abbia pubblicamente speso parole danneggiando la sua sensibilità dovrebbe sentirsi responsabile di aver spezzato un’anima.
Come appassionati di politica siamo spesso attaccati ai tecnicismi, al pragmatismo, così concentrati sulle strategie e sulle manovre effettuate che finiamo per dimenticarci che si ha a che fare con persone in carne ed ossa, con dei sentimenti ed una profondità che ci rendono ciò che siamo. Astrarre e rendere gli individui solo dei meri numeri ci fa dimenticare che la materia prima dei politici sono delle vite, vite che hanno tutte una loro dignità, dal “normale” eterosessuale al “meno consueto” degli omosessuali. I lettori più fedeli sanno che mi piace studiare la tattica politica, mi hanno spesso letto scrivere di come i politici attuino chiare manovre mossi dalla convenienza nel momento in cui ad esempio vanno a creare alleanze, a formulare politiche, a varare una legge elettorale. Ma sono umani pure loro, sono dotati di una sensibilità: questo punto di vista è fondamentale per valutare un politico, non dobbiamo certo darlo per scontato. Come dice qualcuno, possiamo non interessarci ai politici, ma le loro mosse ci riguarderanno in ogni caso, le nostre vite ne saranno condizionate. Così, il lato umano dei politici ed il loro grado di sensibilità ci condizioneranno.
In questi giorni siamo circondati da arcobaleni, non solo per le strade delle grandi città, ma anche in rete. Ci sta piacendo utilizzare le reaction “pride” su Facebook, ci rallegra vedere i social variopinti, guardiamo divertiti spot in tv apertamente gay-friendly. Ci disturba invece sapere che dietro a tutto questo possa esserci la logica del guadagno. Il mese dell’orgoglio è anche questo: un giro di soldi non indifferente per alcune aziende, inutile negarlo. Ma in fondo la cosa può stupirci? Io credo di no, credo anzi che sia quasi scontata; ovviamente le pubblicità punteranno ad influenzare i consumatori, ma in un certo senso saranno le aziende stesse ad essere influenzate dalla società. Potrebbe forse Coca Cola pensare, ad esempio, di poter immettere in rete ed in televisione lo spot di un fratello ed una sorella che fanno a gara per conquistare un ragazzo pur sapendo che la società ne rifiuterebbe il messaggio? Probabilmente non lo farebbe perché andrebbe a perdere più clienti di quanti ne guadagnerebbe. Ecco, questa logica ci permette di leggere nella comunità un buon segnale, poiché c’è un’effettiva convergenza di sforzi a favore delle tematiche gay-friendly che non può che far desumere una società occidentale che piano piano sta percorrendo la strada dell’uguaglianza e sta facendo propri certi valori. In questo circolo virtuoso, presumo, l’impegno di certi politici non può che aver contribuito nel modo sperato.
Non solo la politica, non solo i mass media, ma anche la scienza gioca un ruolo fondamentale nel far accettare ciò che alcuni non riescono a mandare giù. I passi fatti in merito all’omosessualità ed alla sua stigmatizzazione sono lodevoli, al punto che odiernamente non esiste differenza che si possa ritenere sostanziale a livello medico fra eterosessuale ed omosessuale. Oggi è scontato, ieri non lo era: solo una trentina d’anni fa si considerava l’omosessualità una malattia mentale; i risultati raggiunti hanno il valore immenso di non essere opinabili fino a prova contraria (praticamente impossibile da trovare, tra l’altro, dati gli alti livelli raggiunti dalla ricerca). La scienza è oggettiva, e dato che la direzione in cui essa procede si sposa benissimo col bisogno di tolleranza ed integrazione della società, l’insieme ci rende un quadro di come il cammino intrapreso sia giusto.
Non c’è però da cantar vittoria, la strada è ancora lunga e piena di insidie. Gli individui continuano a nutrire dubbi sui propri simili omosessuali, dubbi che ciclicamente si risolvono in violenze verbali o fisiche. Il futuro che speriamo è che i valori dell’occidente in merito a tali tematiche possano contagiare tutto il globo, ma la verità è che abbiamo da maturare ancora. Questo recentissimo studio di Termometro Politico ci fa vedere come l’omosessualità sia socialmente accettata, ed il quadro non è sempre rassicurante.
I dati, raccolti sulla base di uno studio del Pew Research Center, sono riportati più specificatamente nella tabella di seguito:
Oltre a ciò, proprio in questi giorni uno studio del Kansas City Anti-Violence Project riporta che il numero di vittime di violenza omofoba negli Stati Uniti sia ai massimi dal 1997, con 28 perdite, nel cui computo tra l’altro non rientrano nemmeno le vittime della strage di Orlando (maggiori dettagli qui).
Ecco perché le manifestazioni non vanno date per scontate, ecco perché fenomeni sociali come quelli del giugno dell’orgoglio non sono da sottovalutare. Ecco perché alle parole va dato un peso, e perché la politica occidentale non può permettersi di allentare la presa su un tema del genere. L’omosessualità è un punto ancora caldissimo, checché se ne dica, e continuerà ad essere una delle sfide del ventunesimo secolo.
Ecco perché noi, di questo giugno, ne siamo orgogliosi.
di Stefano Ciapini