Studente di Giurisprudenza all'Università di Modena e Reggio Emilia, scrittore presso il Prosperous Network, amante di storia, politica e scrittura.

Il chiassoso vociare della politica populista nostrana ha ormai da anni monopolizzato il dibattito puntando il dito sulle “ignobili” istituzioni costituzionali: vincolo di mandato, indennità e immunità parlamentari.

Non sono tipo da lasciarsi influenzare da considerazione negative suargomenti cosi spinosi, almeno non prima di averne valutato i pro e i contro, conoscerne i motivi della loro esistenza e del perché i costituenti ritennero necessario imporle sulla carta repubblicana.

Vincolo di mandato. La costituzione sancisce improrogabilmente l’assenza di tale vincolo per i parlamentari.

Ma per quale ragione? È sempre la costituzione a risponderci, poiché nello stesso articolo (il 67) afferma che i suddetti rappresentano la Nazione. Non il partito di riferimento, tantomeno gli elettori, bensì la nazione, dunque il Popolo, la Repubblica, i suoi interessi. La figura del parlamentare in assenza del vincolo di mandato sarebbe spoglia dell’indipendenza necessaria allo svolgimento della sua funzione, non fedeltà al partito, ma alla nazione, non fedeltà ai suoi elettori, ma a tutto il popolo italiano. Il vincolo di mandato porterebbe ad una situazione goffa oltre che pericolosa, i parlamentari sarebbero solo strumenti in mano al partito: semplici tentacoli di una piovra avvolta alle istituzioni facenti capo ad un solo cervello, da democrazia rappresentativa diventerebbe una democrazia oligarchica, dove a giostrare il tutto sarebbero gli alti dirigenti di partito.

Certo i cambi di casacca non fanno bene al progresso democratico, spesso violano così la fedeltà alla stabilità della nazione. Ma siamo sicuri che ovviare a questo problema ne debba comportare uno assai peggiore? Io francamente ne dubito.

 

Immunità parlamentare. lascio qui l’art poiché il concetto è ben più complesso

“Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell’atto di commettere un delitto per il quale è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza.

Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza»(art 68)

Questo tema è a me molto caro, il banale populismo attribuisce a questo istituto il male del paese, ovvero uno scudo per i potenti di poter violare gaiamente la legge.

Ma forse tutti si dimenticano cos’è alla base di una democrazia moderna, la tripartizione dei poteri: esecutivo al governo, legislativo al parlamento, giudiziario ai giudici.

Per preservare questo delicato equilibrio nessun potere deve poter invadere impunemente l’altro, senza immunità i giudici potrebbero tranquillamente minacciare i parlamentari, viziare il processo democratico, soggiogare il potere legislativo ai propri interessi, n.b. non voglio attaccare la magistratura, tantomeno asserire che ci sia un magistrato in Italia capace di questo, ma non vuol dire che si possa forzare il gioco, bisogna mantenere il delicato sistema di contrappesi alla base della nostra Democrazia.

 

Concludiamo ora con l‘Indennità parlamentare, stigmatizzata come spreco e sperpero dei soldi dei contribuenti; quest’ultimo concetto è quello che più di tutte può trarre in inganno, ma scavando a fondo troveremo due semplici motivi per mantenerla, e mi azzarderò a proporre anche una soluzione.

La significativa indennità data ai parlamentari in origine nacque per permettere a chiunque, seppur in estrema difficoltà economiche, di lasciare la propria vita trasferirsi a Roma e godere di una vita dignitosa anche a fine legislatura.

Un altro significativo motivo è quello di limitare la tentazione dei parlamentari dall‘ignobile accettazione delle tangenti, si credeva che provvedendo appunto con un lauto stipendio si potessero scongiurare questi fenomeni vergognosi.

Sicuramente vista la situazione tragica del paese può dar giustamente fastidio vedere parlamentari nuotare nel denaro spesso indebitamente, ma francamente piuttosto che dimezzare lo stipendio sarebbe opportuno cambiare la modalità di pagamento, rendendola simile a quella comunale, ovvero a seconda della percentuale di presenze in parlamento.

Un’altra modalità interessante di retribuzione potrebbe essere basarsi sull’indice di produttività parlamentare, argomento molto vasto che verrà trattato in un prossimo momento.

Concludendo, l’obiettivo di questo umile articolo è di non focalizzarsi sugli slogan propagandistici, propugnati da molti partiti come baluardi, ma di riuscire a scavare in profondità delle situazioni, poiché a volte, e le tre nozioni sopracitate ne sono un esempio, le cose che ci sembrano più inspiegabili e più insensate in realtà sono poste a difesa e tutela della nostra democrazia.

 

Articolo di Andrea Mellacina