Come possiamo definire il risparmio? Come mai risparmiamo? E perché gli italiano sono conosciuti come i più grandi risparmiatori? La parte di reddito non consumata prende il nome di risparmio.
Il risparmio può sostanzialmente essere effettuato da:
Famiglie, Imprese e Stato.
In sintesi, da tutti i soggetti economici che fanno parte di una struttura sociale di un Paese. Nell’idea comune di risparmio, sono le famiglie i principali protagonisti che decidono di accumulare e trattenere la propria ricchezza.
Nelle famiglie il risparmio consiste in quella parte di reddito che non viene destinata all’acquisto di beni e servizi, ma viene accantonato per il soddisfacimento di bisogni futuri.
Ciò che spinge gli individui a prendere una decisione di risparmio è soprattutto l’incertezza futura (perdita del posto di lavoro, malattie, vecchiaia). A questa ragione se ne affiancano altre come il desiderio di lasciare un patrimonio ai figli o far fronte a delle spese impreviste.
L’analisi delle diverse spiegazioni del risparmio, offerte dalla teoria economica, può essere svolta su tre piani interrelati:
- l’individuazione delle motivazioni personali,
- la selezione delle variabili esplicative e
- il contesto teorico di riferimento.
A livelli di motivazioni personali, J.M. Keynes ne elenca otto, dalla precauzione alla previdenza, dall’avarizia all’indipendenza economica.
Tali moventi trovano ragione di esistere anche in un contesto di teorie economiche, come variabili esplicative che sono necessarie da considerare nella determinazione del reddito.
La discussione riguarda principalmente il diverso ruolo attribuito alle seguenti variabili chiave: il reddito corrente Y, i flussi di reddito attesi per il futuro Ya, il tasso di interesse r e lo stock di ricchezza W.
Soprattutto l’ultima di queste variabili è il risultato della ricchezza accumulato con redditi passati, e proprio da qui la teoria economica concorda sull’idea che lo stimolo a risparmiare diminuisca all’aumentare del rapporto W/Y tra ricchezza e reddito. Sulle altre variabili, invece, l’economia è ancora in forte contrasto e alla ricerca di un’idea comune di influenza sulla variabile risparmio.
Il livello principale di analisi, però, è dettato dal “contesto teorico di riferimento”. In questo campo entrano in gioco idee contrastanti di pensiero con ipotesi di comportamento umano legate alla struttura sociale in cui vivono.
Da questo punto di vista, in estrema sintesi si possono distinguere due impostazioni fondamentali: la prima analizza il risparmio come scelta di ottimizzazione intertemporale, dettata dal desiderio di modificare la distribuzione del proprio consumo nel tempo, ed eventualmente di quello dei discendenti e/o ascendenti, al fine di massimizzare la propria utilità; la seconda esclude o comunque non si pone in modo esplicito problemi di comportamenti ottimizzanti, ma inserisce l’analisi del risparmio nel contesto dei processi di accumulazione, della struttura sociale e dei comportamenti convenzionali e imitativi. Schematizzando, la prima di queste impostazioni può essere riferita alla concezione del risparmio propria della teoria neoclassica, mentre la seconda può farsi risalire al pensiero degli economisti classici, di Marx e di Keynes, ed è stata ripresa e sviluppata da un insieme eterogeneo di autori e di scuole di pensiero che, seguendo Lavoie, possiamo raggruppare sotto il titolo generico di teorie postclassiche del risparmio.
Perché i risparmi sono alti in Italia?
Secondo gli studi, i livelli di risparmio degli italiani sono in forte crescita ormai da tanti anni. Questo valore lo si evince principalmente dall’aumento dei depositi in banca. Non tiene quindi conto di tutti quei risparmi che non è possibile contabilizzare, come i risparmi privati in contanti.
Si parla di una vera e proprio “corsa al deposito”. Solo nel mese di Ottobre 2020 la liquidità sui conti correnti è cresciuta di 32 miliardi e la quantità sui depositi ha sfondato quota 1.700 miliardi, nei primi nove mesi di quest’anno, mentre il Paese fronteggiava gli effetti della pandemia da Covid-19, le somme in banca delle imprese sono cresciute del 21%, arrivando a sfiorare i 365 miliardi di euro.
In Italia il 58% della popolazione è in grado di risparmiare senza sacrifici e questi numeri sono saliti proprio in virtù della minore spesa che i vari lockdown hanno generato.
Una delle motivazioni principali dell’idea del risparmio in Italia è dettata dalla cultura di insicurezza sul futuro del nostro Paese. Da ormai più di 20 anni l’Italia combatte con un’economia incerta, fatta di riforme talvolta efficaci ma, molto più spesso, fini a loro stesse che non sono state in grado di generare una reale e forte crescita di lungo periodo.
Queste ragioni, spinte anche dall’anima oculata degli Italiani, hanno creato situazioni di incertezza che giornalmente spinge i cittadini verso un’idea di: “meglio mettere qualcosa da parte oggi, non si sa mai”.
I risparmi dovrebbero coincidere con gli investimenti, ed è proprio qui uno degli ostacoli più grandi del nostro paese. Questo non avviene. Un paese che accumula molto risparmio, dovrebbe essere anche propenso ad investire, a non tenere “immobile” quel gruzzoletto messo da parte. Il problema risiede ancora una volta nella mentalità. La paura e l’incertezza del sistema bancario e del sistema degli investimenti in generale nel nostro Paese, spinge a chiedersi perché si dovrebbe affrontare un rischio oggi per avere una maggiore ricchezza domani. Il limite di questo pensiero è che, ragionando tutti in questo modo, non creiamo un danno solo a noi stessi (la ricchezza rimane costante nel tempo), ma a tutta la società. Una società che non investe (accompagnata anche da uno Stato che spesso sceglie vie di investimento sbagliate), porta, negli anni, ad accumulare sempre meno ricchezza e sempre maggior debito.
In sintesi, l’unico modo che potrebbe avere l’Italia per trovarsi in una condizione in cui il risparmio non sia un obbligo ma una scelta: è investire, investire e investire.
Paradossale ma tremendamente reale.