Laureato in Studi Politici presso la Cesare Alfieri di Firenze, attualmente studente magistrale di Strategie della comunicazione pubblica e politica presso l'Università di Firenze. Appassionato di storia militare e giornalismo di guerra.


L’URSS, negli anni ’70 del secolo scorso, in tutta segretezza iniziava un progetto che ancora oggi appare fantascientifico. L’intento era quello di creare terremoti artificiali ed altri fenomeni simili, con lo scopo di arrivare a distruggere il nemico occidentale, e in primo luogo annientare gli Stati Uniti d’America.

Il progetto rimase altamente coperto dal segreto militare, come era naturale che fosse, e solo in tempi recenti, quando la situazione politica in Russia è “cambiata”, si sono avute notizie di quei programmi e dei risultati ottenuti. Già nel 1976, all’inizio delle operazioni, si poteva intuire qualcosa leggendo l’Enciclopedia Militare Sovietica, pubblicazione di chiara espressione del potere politico di allora. Infatti alla voce “Guerra geofisica”, essa si classificava: «creazione di terremoti artificiali, provocazione di alte maree, inondazioni e tempeste magnetiche». Un lettore un po’ sospettoso, poteva intuire qualcosa, e cioè che tutte quelle spiegazioni non potevano essere solo definizioni astratte, ma ricalcavano quanto meno un’idea. Comunque nulla di ufficiale trapelò fino al 1991. In quella data Alexei Nikolaev, capo del “Dipartimento di geofisica sperimentale” a Mosca, ammise che per venti anni, lui e i suoi collaboratori avevano studiato, anche con un certo successo, la creazione di terremoti susseguenti alle esplosioni nucleari.

Ebbe a spiegare, come dopo un’esplosione nucleare, si producano, spesso a distanza di centinaia e centinaia di chilometri delle rilevanti scosse sismiche. Raccontò che furono fatte sperimentazioni. Fu così che per ben due volte, nel 1976 e nel 1984, la città di Gasli, in Azerbaigian, subì scosse telluriche pari a nove gradi della scala Richter. (PAOLO VALENTINO, l’URSS preparava terremoti artificiali, «Corriere della Sera», 20 gennaio 1993).

La conferma della veridicità delle affermazioni di Alexei Nikolaev si ha dal fatto che la zona è classificata a basso indice tellurico (max 4), e dopo una scossa di così forte intensità, passa come minimo qualche secolo perché la zona torni in tensione e possa ripetersi una catastrofe simile. Su questo aspetto gli esperti sono tutti concordi. Comunque un altro personaggio avvalorò l’evento di cui sopra, lo scienziato ed accademico azero Ikram Kierimov, che ebbe a precisare che le esplosioni atomiche avvennero nel poligono di Semipalatinsk (una vasta area situata in Kazakistan, adibita dall’Unione Sovietica allo svolgimento di test con armi nucleari).

Nikolai Astapov, colonnello della riserva, ha raccontato come i militari considerassero l’ipotesi di utilizzare le scosse indotte come armi di distruzione di massa. Il problema, mai risolto, era però quello relativo a localizzare il luogo preciso in cui il terremoto indotto sarebbe venuto a prodursi. Il progetto andò avanti fino alla dissoluzione dell’Unione Sovietica. (PAOLO VALENTINO, l’URSS preparava terremoti artificiali, «Corriere della Sera», 20 gennaio 1993).

Oggi si cerca di sfruttare tutti gli studi effettuati ed i riscontri avuti, adottandoli a scopi pacifici. L’intento è di arrivare ad una previsione in anticipo delle scosse sismiche. È una ricerca che vede impegnati scienziati da tutto il mondo, e si spera che le scoperte russe, nate con ben altri scopi, possano concorrere a favorire il raggiungimento di un obiettivo pacifico.