Storicamente, il rapporto del paese austriaco con le istituzioni europee ha sempre evidenziato una difficoltà non indifferente ad integrarsi in un contesto sovranazionale politico, economico e, in parte, ideologico unitario.
La qualifica di membro dell’Unione Europea (registrata ufficialmente nel 1995), infatti, sembrerebbe aver esercitato una grande pressione sullo status–quo ideologico-politico della federazione. I cittadini percepivano loro stessi, il paese e il contesto sociale estero in funzione di una visione “Austrocentrica”; come riporta lo storico Wolfram Kaiser: “gli austriaci, unendosi all’ unione europea, si sono trovati immersi in un lungo processo di stravolgimento culturale e sociale”.
La forte identità nazionale e sociale austriaca è, infatti, tendenzialmente conservatrice; le radici storiche alla base di questa forte cultura di pensiero, affondano, almeno in parte, nelle antiche memorie della monarchia asburgica che fu in grado di elevare l’impero austriaco ad una posizione di grande potenza europea.
Il consolidamento di forti valori nazionali è sicuramente dato dalla longeva storia della monarchia, che dal 1526 al 1918 rafforzò valori che sono successivamente entrati a far parte della cultura identitaria austriaca. Un grande contributo alla forza conservatrice è poi sicuramente dato dalla forte tradizione cattolica del popolo austriaco (è importante ricordare come l’impero austro-ungarico fosse uno dei più stretti alleati del pontefice, diversi interventi politici come lo stabilimento della “Santa Alleanza” provano la forte corrente cristiana presente nell’impero).
In età più recente è facile identificare il profondo valore identitario derivato dalla eredità imperiale; dopo la cupa parentesi del secondo conflitto mondiale, infatti, con la fondazione della seconda repubblica austriaca, nacque la cosiddetta teoria austriaca della “prima vittima”. Questa visione identificava l’Austria e il popolo austriaco come, appunto, prima vittima dell’‘Anschluss’ tedesco, deresponsabilizzando i crimini di tutti quei cittadini austriaci che, favorevoli all’annessione al reich, avevano sposato l’ideologia nazista.
Questo controverso e faticoso tentativo di ripulire la coscienza nazionale ci mostra comunque un fortissimo desiderio di dimenticare la parentesi nazista e ricucire un tessuto identitario sociale attraverso il recupero dei grandi valori positivi e nazionali che erano stati sinonimo di prosperità austriaca nel mondo, inglobandoli nella nascente seconda repubblica.
Altro valore identificabile è quello conservatore, presente in maniera costante dal secondo dopoguerra fino ai giorni nostri. Dal ’45 fino agli anni ’80 le figure politiche che hanno maggiormente definito l’identità sociale e politica moderna del paese sono due: il partito popolare austriaco, di forte ideologia cristiano democratica e al governo dal 1945 al 1966, e il partito social–democratico di Bruno Kreisky, che ha portato riforme quali la decriminalizzazione di aborto e omosessualità, ma che, allo stesso tempo, si è impegnato a mantenere una linea cooperativa con la chiesa cattolica. Questi due punti ed in particolar modo la posizione ambivalente di Kreisky sembra dunque confermare la forte corrente cristiana sociale austriaca, presente, infatti, anche all’interno di partiti rappresentanti ideologie contrastanti, quali appunto, il socialismo democratico.
Come già riportato, il forte pensiero nazionalista/tradizionalista ha, dunque, sempre ostacolato l’integrazione europea; secondo Kaiser, si è inoltre verificato un sentimento di riluttanza da parte della classe politica nell’ indirizzare il popolo verso un radicale mutamento ideologico e sociale, necessario per altro, al fine di consolidare l’effettivo ingresso austriaco nell’ unione. Kaiser specifica, quindi, un’evidente difficoltà nell’ abituarsi ad agire come parte di una comunità sovranazionale; “per tutti gli anni 90, l’Austria è completamente priva di una classe dirigente con una sufficiente conoscenza istituzionale dell’UE o di un minimo desiderio di entrarne a fare effettivamente parte”.
La classe politica della federazione, inoltre, sembrava nutrire una radicata convinzione nella legittimità delle proprie iniziative, portando ad un atteggiamento diplomatico di priorità simbolica delle politiche austriache; queste ultime però, non sempre venivano condivise dall’Unione Europea.
In anni più recenti, dopo un periodo di miglioramento, la natura euroscettica austriaca è tornata a riemergere nel 2015 a seguito della crisi migratoria che ha colpito il vecchio continente.
Questa problematica, insieme alla crescente radicalizzazione islamica che ha colpito paesi come Francia, Germania ed Inghilterra, ha generato paura, scompiglio e diffidenza, creando un terreno fertile per l’instaurazione di movimenti populisti e xenofobi; in Austria, in particolare, queste problematiche sembrano aver sollecitato la latente identità conservatrice nazionale, estremizzandola.
Nel 2017, infatti, si è verificata l’ascesa al governo di Sebastian Kurz, leader di quel Partito Popolare che ha, però, spostato fortemente la lancetta politica della sua originale posizione cristiano–democratica verso una linea dura contro l’immigrazione e, appunto, l’europeismo.
A conferma di questo inusuale cambiamento ideologico, le parole dell’esperto Anton Pelinka al Corriere della sera sono emblematiche e sottolineano come Kurz, adottando una posizione sull’immigrazione propria della destra, abbia di fatto, cavalcato l’onda di incertezza del popolo austriaco, aggiudicandosi voti dall’elettorato di partiti di destra estrema come il Partito della Libertà di Heinz-Christian Strache (partito che ha poi formato il governo con l’attuale cancelliere nel 2017).
Dopo gli scandali relativi al cosiddetto “Ibizagate” che hanno coinvolto il vicecancelliere Strache e la conseguente sfiducia al primo governo Kurz, il leader del partito popolare è comunque riuscito a vincere nuovamente le elezioni, che lo hanno riconfermato cancelliere a gennaio 2020; questa volta affiancato, in coalizione dai più progressisti Verdi.
Ma qual è dunque il sentimento popolare prevalente in Austria nei confronti dell’Unione Europea?
Nonostante il nuovamente confermato consenso verso il cancelliere Kurz, che effetto ha avuto la pandemia sul sostegno popolare verso il governo?
Per quanto riguarda la percezione popolare relativa all’ impatto del Covid-19 in Austria, le indagini dell’Eurobarometro riportano i seguenti dati; la stragrande maggioranza degli Austriaci si è inizialmente dimostrata abbastanza felice delle misure prese dal governo. Il 30% degli intervistati, i cui interventi sono stati segnalati dall’Eurobarometro 93 (un’indagine condotta nell’estate 2020), si è dichiarato “fortemente soddisfatto” delle misure governative, mentre il 47% ha espresso di essere “abbastanza soddisfatto”.
Allo stesso modo, uno studio più dettagliato condotto dal Vienna Center for Electoral Research sull’efficacia delle misure governative per affrontare le questioni pandemiche, ha mostrato che il 60% degli intervistati ha avuto una visione positiva delle misure messe in atto dalla federazione, un trend significativo che va da marzo a giugno 2020. Tuttavia, tale maggioranza ha iniziato a decrescere in modo significativo da giugno a ottobre 2020. Con questa tendenza, il 42% degli intervistati ha definito le misure parzialmente efficaci, mentre il 32% le ha definite inefficaci.
Gli indicatori di stress psicologico legati al Covid hanno avuto un grande impatto sul popolo austriaco; come riportato da uno studio dell’Università del Danubio Krems, i tassi di depressione ed ansia sono saliti vertiginosamente durante il lockdown, passando dal 4% (2014) al 20% nello scorso anno. Altre problematiche vedono la strenua situazione degli ospedali (uno studio condotto in ottobre dall’università di medicina di Vienna ha indicato una situazione tragica negli ospedali austriaci, con circa il 90% di posto in terapia intensiva attualmente in uso) e il lungo ed economicamente impegnativo periodo di blocco nazionale, che ha portato molte persone a perdere il lavoro.
Queste numerose difficoltà hanno quindi generato una crescente reazione di frustrazione e di timore da parte della popolazione austriaca nei confronti della pandemia.
Nonostante il sostegno al loro governo, gli Austriaci sembrano abbastanza preoccupati per l’evoluzione della situazione: l’economia è stata sicuramente colpita, sia a livello locale che nazionale, il sistema sanitario è in grave difficoltà e le misure adottate stanno causando stress e complessità economiche ai cittadini.
Come già spiegato nell’introduzione, l’Austria e i suoi cittadini non vantano tradizioni storiche molto favorevoli all’Unione Europea ed erano molto critici nei confronti dell’immigrazione di massa iniziata nel 2015 con l’inizio della crisi dei migranti. Si nota, infatti, come in molti dei grafici riportati il livello di attaccamento delle persone all’UE fosse piuttosto basso (il solo parametro “non molto legato” ammontava al 39% nel 2016); tuttavia, negli anni successivi, il livello di fiducia verso l’UE è progressivamente migliorato (parametro “abbastanza legato” che sale dal 27% al 39%, parametro “poco legato” che scende dal 39% al 33% in 4 anni).
Come risultato dalle percentuali riportate dall’ Eurobarometro, il sostegno verso il governo Kurtz appare, ancora abbastanza consolidato. Allo stesso tempo, l’opinione pubblica austriaca sembra essere meno favorevole alle misure anti-covid dell’UE. Ciò sembra portare alla conclusione che vedrebbe il pubblico preferire l’approccio nazionale per rispondere alla crisi. Tuttavia, se prendiamo in considerazione il grafico relativo alla “sensazione di essere un cittadino dell’UE”, si può notare come il sentimento austriaco di appartenenza alla cittadinanza dell’UE sia stato piuttosto forte negli ultimi 5 anni, rimanendo piuttosto elevato anche nel periodo del Covid-19, quando il totale statistico di “appartenenza europea” ha raggiunto un solido 72%.
Dalle recenti indagini si può notare che il sentimento empatico di attaccamento verso l’UE è gradualmente aumentato dai primi anni euroscettici del 2016 e ha raggiunto un totale del 55% di rispondenti “europeisti” nel novembre 2017 (45% di persone “euroscettiche”. Una delle statistiche più interessanti è quella riportata dalle risposte alla domanda “fino a che punto sei d’accordo con la seguente affermazione: l’Ue dovrebbe avere maggiori competenze per affrontare crisi come la pandemia di coronavirus?”. In effetti, la maggioranza degli intervistati (54,4%) tende ad essere d’accordo contro coloro che non lo sono (37,5%) esprimendo chiaramente il desiderio di migliorare il funzionamento dell’UE per affrontare questioni simili in futuro, anche esprimendo una linea di solidarietà verso la ripresa degli altri Stati membri come visto dalla domanda QA26a.3 nell’ Eurobarometro 93, in cui, l’82% degli intervistati totali ha convenuto che l’UE dovrebbe mettere in atto un piano economico per facilitare la ripresa di tutti gli Stati membri dell’UE. Questa linea di approccio è piuttosto interessante in quanto contrasta con la decisione del governo di opporsi al piano di ripresa Macron-Merkel all’inizio del 2020.
Secondo questa analisi dell’opinione pubblica, nonostante il forte sostegno iniziale al governo, il sentimento austriaco nei confronti dell’efficacia delle misure governative e della loro adeguatezza appare diminuito con la crescita pandemica esponenziale. Appare anche chiaro come il pubblico austriaco abbia gradualmente adottato una percezione più positivista dell’UE, dimostrando un forte sentimento di cittadinanza e un moderato sentimento di attaccamento verso la grande istituzione europea. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare riferendosi alla linea del governo austriaco come leader dei “Frugal 4”, l’opinione pubblica austriaca ha manifestato un forte senso di solidarietà europeo; se si guardano le risposte alla domanda QA24 (Eurobarometro 93), la risposta che ha attirato la maggior parte delle preferenze è stata: “investire più soldi nell’economia per una ripresa sostenibile, inclusiva ed equa per tutti gli Stati membri dell’UE”.
Un altro sondaggio interessante che sembra confermare questo favoreggiamento dell’UE è la domanda QB1.1 di Eurobarometro 93, alla quale gli Austriaci hanno risposto con un forte 57% di risposte “d’accordo” sul totale contro il 38% di risposte “in disaccordo” totali che segnano ancora una volta la percezione positiva dell’UE da parte dell’opinione pubblica austriaca, anche in un periodo di crisi. L’Austria è già entrata in un secondo lockdown a novembre ed è appena entrata in una terza quarantena alla fine di dicembre, aggravando le già precarie condizioni lavorative ed economiche di molti Austriaci, generando insoddisfazione e le proteste in piazza del recente febbraio 2021.
Dato il crescente stato di pressione psicologica e di insoddisfazione interna dell’opinione pubblica, nonché la difficile situazione negli ospedali, sarà interessante vedere se ci saranno altre ripercussioni sul consenso popolare al governo austriaco nei prossimi mesi. D’altra parte, il sentimento di appartenenza all’identità dell’UE nell’opinione pubblica austriaca sembrerebbe essere aumentato esponenzialmente, mentre le incertezze relative alle restrizioni governative sembrano aumentare; il neo-stabilito governo Kurz II potrebbe non durare a lungo come ci si attendeva.