Laureato in Studi Politici presso la Cesare Alfieri di Firenze, attualmente studente magistrale di Strategie della comunicazione pubblica e politica presso l'Università di Firenze. Appassionato di storia militare e giornalismo di guerra.


Tra i primi territori che l’esercito tedesco conquistò nella Prima Guerra Mondiale, vi fu il Belgio. Di particolare importanza si rilevarono le regioni affacciate sul mare, denominate come Costa delle Fiandre. Fu un’occupazione assai strategica, perché consentiva ai tedeschi di muovere la propria marina fino a raggiungere in poco tempo le coste inglesi.

I britannici capirono immediatamente il pericolo e si attivarono per cercare di annientare l’esercito nemico, pur consapevoli della difficoltà dell’impresa. L’azione si svolse su tre fronti: il più duro fu l’attacco verso le alture di Messines, mentre le altre due manovre avvenivano, per qualche decina di chilometri, a Nord e Sud delle predette colline. Dopo mesi di combattimenti, con grande dispendio di vite umane, si capì purtroppo che non era possibile conquistare il suddetto territorio. (ALESSANDRO GUALTIERI, Le battaglie di Ypres, Parma, Mattioli 1885, 2011).

I britannici pensarono allora di mettere in atto una strategia tanto semplice, quanto efficace. Progettarono di scavare delle lunghe gallerie sotterranee, riempendole poi di grandi quantitativi di dinamite, per poi farle saltare in aria in contemporanea.

I comandanti inglesi decisero che se non avessero potuto conquistare quelle alture, le avrebbero totalmente distrutte. L’operazione però si presentò tutt’altro che facile, in quanto il terreno, già a pochi metri di profondità, era completamente intriso di acqua. Furono quindi chiamati sul posto esperti geologi inglesi, i quali sentenziarono che una massa di argilla si sarebbe trovata a non meno di trenta metri di profondità. Bisognava quindi arrivare fino a quel punto per poter creare delle gallerie, che non avrebbero rischiato di crollare.

Gli scavi iniziarono nella prima metà del 1916 e si protrassero per circa un anno. Furono realizzati corridoi, sale di deposito e ambienti dove sarebbe stato posto il materiale da fare esplodere. I tedeschi ebbero però il sentore che si stesse procedendo nella realizzazione di percorsi sotterranei. Fu così che gli inglesi, per ingannare il nemico, decisero di effettuare anche lavori per costruire tunnel poco sotto la superficie. Le truppe avversarie fecero così altrettanto, con lo scopo di intercettare il nemico. Fu così che vi furono alcuni casi in cui le opposte gallerie si incontrarono, e dettero luogo a feroci lotte corpo a corpo tra i genieri di ambo le parti.(ALESSANDRO GUALTIERI, Le battaglie di Ypres, Parma, Mattioli 1885, 2011).

In data 21 maggio 1917 cominciò il trasporto dell’esplosivo: si calcola che fu distribuito in luoghi diversi il quantitativo totale di ben 455 tonnellate di dinamite ad alto potenziale. L’esplosione nei tunnel ebbe luogo alle 3:10 nella notte del 7 giugno 1917. Il fragore che si provocò fu cosi forte, che si udì fino alla città di Dublino (fu la più grande detonazione della storia fino allo scoppio della bomba atomica nella Seconda Guerra Mondiale), e provocò la morte di oltre 10.000 soldati tedeschi.

La conformazione del territorio, dopo la detonazione, apparve simile al suolo lunare, con crateri circolari dell’ampiezza di svariate decine di metri. Dopo le esplosioni, gli artiglieri inglesi aprirono un fuoco di sbarramento, mentre i fanti avanzarono in quel paesaggio ormai “scomparso”. Lungo le alture gli inglesi non incontrarono alcuna resistenza: solo qualche fante tedesco che vagava stordito. Più tardi gli inglesi si resero conto che non tutte le mine erano esplose, ma due erano rimaste attive nel terreno. Data la devastazione del territorio, non riuscirono a ritrovare il posizionamento e così i due ordigni rimasero in loco.

Nell’estate del 1955, a seguito della formazione di elettricità statica nell’aria dovuta allo scatenarsi di un temporale, esplose uno dei due ordigni, che per “fortuna” provocò solo la morte di alcuni animali al pascolo. Da oltre 100 anni l’altro ordigno giace ancora inesploso nel sottosuolo. (NEIL TWEEDIE, Farmer who is sitting on a bomb, «The Telegraph», 12 gennaio 2004).