Studentessa di Lettere moderne all’Alma Mater Studiorum, vivo divisa tra Prato e Bologna. Nell’attesa (e nella speranza) di diventare un giorno giornalista, mi dedico alla letteratura e alla politica. Nel tempo libero scrivo, vado in palestra, scrivo.

Il cammino (incidentato) della legge Zan

Alessandro Zan (PD), primo firmatario di un’omonima legge contro l’omotransfobia, spera che il suo decreto legislativo completi l’iter parlamentare entro l’estate. Nel frattempo, però, il testo ha scatenato aspre polemiche. La Conferenza Episcopale Italiana ha gridato alla dittatura del pensiero unico, mentre alcune associazioni femministe hanno attaccato la terminologia (“identità di genere”) adottata nel documento. I partiti di opposizione, inoltre, lo avversano apertamente: non serve, è una perdita di tempo se non, addirittura, un provvedimento liberticida.

Sembra, insomma, che tutti abbiano paura che il decreto cancelli qualcosa: la famiglia tradizionale, il sesso biologico, la libertà di essere anti-LGBTQ. Eppure, il testo è un ampliamento della legge Mancino e non contiene il reato di propaganda di idee, ma solo di istigazione ad atti violenti di matrice omofoba. In poche parole, nessuno sarà sanzionato se dirà che l’omosessualità è contro natura.

Matteo Salvini e l’eterofobia

Nel caos delle critiche alla legge Zan, il carico da novanta è arrivato da Matteo Salvini. Il leader della Lega, infatti, ha provocatoriamente proposto di presentare anche una legge contro l’eterofobia, per sottolineare che per lui tutti i pestaggi sono uguali. Al suo ragionamento, tuttavia, manca un tassello.

Se qualcuno aggredisse Matteo Salvini – riprendendo l’esempio fatto da lui stesso ‒ sarebbe regolarmente incriminato, ma risulterebbe quasi impossibile pensare che l’ha fatto perché Salvini è eterosessuale. Molto più probabilmente si tratterebbe di un’aggressione di matrice politica.

Ad oggi, infatti, l’eterofobia non esiste. Per poter affermare il contrario servirebbero prove certe di violenze perpetrate ai danni della vittima solo perché questa è eterosessuale. È qui che Salvini mette un piede in fallo: un pestaggio di una persona eterosessuale non può essere definito automaticamente “eterofobia”, perché per farlo dovrebbe essere l’orientamento (etero)sessuale a scatenare l’aggressione.

Inoltre, termini come “omofobia” e “eterofobia” sono composti la cui seconda parte, -fobia, significa “paura”.  L’eterofobia, dunque, dovrebbe essere la paura dell’eterosessualità, ma nessuno ha paura di una condizione largamente dominante. Di solito, la paura nasce da una minoranza guardata con sospetto, che finisce per essere stigmatizzata e ritenuta anormale. Non a caso si parla di omofobia e di xenofobia: è paura del diverso, sia esso omosessuale o straniero. Un uomo bianco e etero, al contrario, rientra perfettamente nel canone della normalità.

Libero e il maschicidio

Ma Matteo Salvini non è l’unico ad aver inventato un fenomeno inesistente. Alla fine di gennaio, infatti, il quotidiano Libero pubblicò un articolo dal titolo emblematico: Più maschicidi che femminicidi.

Di nuovo la stessa mancanza: Libero definiva “maschicidi” tutti gli omicidi con vittime di sesso maschile, numericamente superiori a quelli con vittime femminili, ma questo non basta. Per parlare di maschicidio servirebbe dimostrare che un uomo è stato ucciso in quanto uomo, ma, proprio come nel caso dell’eterofobia, ad oggi questo non trova conferme. Al contrario, invece, il femminicidio è una triste realtà.

Eterofobia e maschicidio sono, quindi, due fenomeni al momento non attestati, poco più che allucinazioni di un pensiero conservatore che ha nel maschio bianco ed eterosessuale il suo punto di riferimento. Un pensiero che non si rassegna al tramonto dei modelli tradizionali e che reagisce denunciando presunti tentativi di oppressione: così Libero lamentava una mancanza di mobilitazione per gli uomini e Matteo Salvini ha ritenuto di dover difendere gli eterosessuali.