Laureato in Studi politici presso Cesare Alfieri di Firenze, attualmente Studente magistrale di Strategie della Comunicazione Pubblica e Politica presso l'Università di Firenze. Appassionato di politica, storia e giornalismo.

Il politologo francese Pierre André Taguieff ha distinto il fenomeno populista in due tipologie: il populismo di Protesta e il populismo Identitario. Ovviamente la prima rappresenta la classica retorica populista anticasta – tipica ad esempio del primo M5S – mentre la seconda una difesa culturale da fenomeni quali immigrazione e multiculturalismo.


Matteo Salvini, segretario della Lega dal 2014, ha indubbiamente spostato il partito – considerando che la Lega è sempre stata un partito populista anche nell’era Bossi – verso un populismo identitario, criticando fortemente l’immigrazione clandestina dal Nord Africa. Nei primi anni di segreteria salviniana, la Lega era di fatto un mero partito monotematico, incentrato quasi esclusivamente sulla questione migratoria. Come tutte le forze politiche/movimenti monotematici, con il passare del tempo, la forza del loro messaggio- seppur forte- tende a spegnere la sua spinta propulsiva.


Questo però non sembra aver influito sulla Lega di Salvini, come mai?
Il cambiamento radicale è cominciato in seguito alle elezioni legislative del 2018, dove la Lega si presentò senza un programma politico chiaro, ma con un leader in grado di fare presa sull’elettorato Dopo il 17,5% dei consensi e la partecipazione al governo “giallo-verde“, Salvini , agendo da Ministro dell’Interno, ha potuto cavalcare ancora il suo tema dominante, aggiungendo gradualmente nuove battaglie personali in grado di raccogliere consenso ( lotta alle droghe, baluardo delle tradizioni e della cristianità, consumo made in Italy). Questo ha permesso alla Lega di crescere nei consensi ed ottenere un exploit alle elezioni europee.


Dopo lo strappo di Governo, Salvini ormai all’opposizione, si è visto cadere il terreno da sotto i piedi. Il suo consenso, seppur ancora dominante, cominciava a vedere delle leggere inflessioni. Dopo aver promosso le sue tematiche forti al governo, la loro diffusione all’opposizione poteva risultare come una rischiosa minestra riscaldata. Così Salvini ha cambiato il proprio modo di comunicare, facendo propri i temi tipici del centrodestra europeista e liberale. Optando quindi per una svolta “moderata”.
La vicinanza ad Israele, la volontà di smorzare i toni dei colleghi di partito, la ritrovata amicizia con i compagni di coalizione, il flirt con il PPE, sono solo alcuni degli atteggiamenti della moderazione salviniana. Ovviamente questi non hanno sopito la retorica anti-immigrazione, che rimane pur sempre centrale nel progetto sovranista della Lega.


La moderazione di Salvini si è portata dietro il consenso di qualche liberale facilotto in crisi di dimora politica: i cosiddetti liberali per Salvini. Che, visto il personaggio politico sostenuto, probabilmente di liberale non hanno niente.
Avendo avuto la possibilità di studiare ed analizzare il fenomeno populista grazie agli scritti del Professor Marco Tarchi, massimo esperto italiano in materia, ho capito che il popolo di riferimento del richiamo populista cambia costantemente. Vediamo che, fino a qualche mese fa – prendendo in prestito i tipi di popolo definiti da Margaret Canovan – la retorica leghista si rivolgeva al popolo “dimenticato” dei Common People, poi- invece – si è spostata verso gli Ordinary People, ossia lo strato sociale che una volta veniva definito piccola-media borghesia.
Nelle ultime settimane, contrassegnate dallo stigma COVID-19, il leader del carroccio sembra aver perso appeal elettorale. Questo si denota non solo nei sondaggi, ma soprattutto su un terreno che è sempre stato fertile al Capitano, i social network.


Secondo l’ultima analisi di Reputation Science, che ogni mese analizza la reputazione e la presenza dei leader politici sul web, è questo il dato più significativo da evidenziare: il divario tra il premier Giuseppe Conte e Matteo Salvini è sempre più ampio. A marzo 2020, in piena emergenza Coronavirus, il Presidente del Consiglio può contare su un valore reputazionale di
405.66 (+5,4% rispetto al mese precedente) dimostrando di essere il vero punto fermo di questo governo, mentre il leader della Lega si ferma a quota 88.10.

Ovviamente a pesare sono stati i gravi errori nella comunicazione commessi dalla Bestia di Salvini. Perché mentre l’avvocato Giuseppe Conte, in quanto Presidente del Consiglio, ha optato per la forma di comunicazione più incline alla sua posizione istituzionale, quindi responsabile e rassicurante; Salvini non ha mai smesso di criticare direttamente o indirettamente l’esecutivo, tra l’intervista ad El Paìs, le critiche implicite a PiazzaPulita e la comunicazione provocatoria sui social. Tutti elementi poco graditi dall’ elettorato. Oltre a questo, hanno pesato gesti come: la passeggiata pubblica in compagnia della fidanzata in un momento in cui vige la “quarantena”, il repentino cambio di opinione su chiusura e apertura della attività e la ritrovata retorica liberale con la proposta di un Governo di Sicurezza/unità nazionale a guida Mario Draghi.


Con lo spiraglio di un accordo europeo sulla gestione economica della crisi post COVID-19, che sarà probabilmente basato su una particolare forma di Mes, definito “Mes Light”, Salvini ha potuto giocare nuovamente la carta del MES come “mangia conti degli italiani” (e in tutto questo vuoi non metterci la Tav). Così facendo non ha fatto altro che fornire un assist a Giuseppe Conte – anche se oramai da tempo non giocano più nella stessa squadra- che, durante il messaggio istituzionale in diretta nazionale, ha fortemente criticato l’opposizione salvomeloniana per la disinformazione prodotta dalla loro retorica.
Eppure, fintanto che la Meloni era rimasta incline ad un messaggio collaborativo, i consensi elettorali e sui social, dell’opposizione, andavano bene. Perché quindi agire con il “favore delle tenebre”? (Riprendendo una frase di Aragor…ehm Conte)


Vedremo se la retorica sempre più debole e la flessione nella Web reputation incideranno sul Matteo di via Bellerio. Ora che la sua leadership comincia ad apparire più fragile, come muteranno la sua comunicazione e la sua retorica? Avranno ancora lo stesso appeal ?