Laureato in Relazioni Internazionali presso Alma Mater Studiorum di Bologna, Studente di Strategie di Comunicazione Politica presso Università di Firenze, fondatore del Prosperous Network. Nel tempo libero abuso di Spotify.

Ho avuto il piacere di scambiare due parole con l’On. Vittorio Sgarbi, un uomo che non ha certo bisogno di presentazioni per i nostri lettori, dimostratosi molto disponibile per il rilascio di questa intervista.

Buongiorno, cosa ne pensa Vittorio Sgarbi dell’operato del Ministero dei Beni Culturali guidato da Alberto Bonisoli?

“Ne penso bene, perché Bonisoli si è dimostrato essere un Ministro impertubabile che non ha un indirizzo politico che prevale sopra le funzioni più importanti del Ministero, ovvero quelle tecniche; e prende atto della situazione, che soprattutto investe i temi della tutela, e la lascia affrontare con debito rigore ai direttori generali e i sovrintendenti.
Qualche volta questo avviene con contrasti che portano poi all’emissione di norme di autotutela come avvenuto recentemente col Palazzo dei Diamanti a Ferrara, dove il rischio che il sovrintendente si allineasse con la politica locale ha indotto il direttore generale a creare un dispositivo in cui è affermato che alcune regole sono intoccabili e impongono scelte conservative. Sotto questo punto di vista Bonisoli è un ministro che da’ la garanzia che il funzionamento della macchina istituzionale prevale su gli indirizzi politici.”

Quali sono i suoi obbiettivi personali all’interno della V Commissione Parlamentare (CULTURA SCIENZE ISTRUZIONE)?

“Nessuno, dato che le commissioni parlamentari sono pressocché inutili, sono uffici burocratici in cui arrivano soltanto le proposte del Governo.
Quando fui presidente sono stato uno dei pochissimi che fece diventare legge la riforma delle Accademie e dei Conservatori, un’iniziativa parlamentare, perché volevo dimostrare che il Parlamento ha una produzione autonoma, un senso.
Adesso invece nove decimi di ciò che si fa in Parlamento è attuazione di decreti del governo, le Commissioni sono come club in cui ci si riunisce per dare un parere consultivo.”

Leggendo la sua biografia sono rimasto incuriosito dal fatto che si sia candidato e sia stato eletto Sindaco di più città italiane, posso chiederle il perché di questa pratica?

“Ho risposto a puntuali chiamate: come nel caso attuale, San Severino Marche , di cui sono divenuto da poco cittadino onorario e sono stato per molti anni assessore; così come a Salemi, dove arrivai in occasione del 150esimo dell’Unità d’Italia; viceversa a Sutri ho scelto io di mettermi in azione per la straordinaria bellezza del luogo.
Il tema di fondo è che la piccola città può avere un grande lancio da un Sindaco “famoso” che ne può diventare testimonial, quindi operante non in funzione amministrativa, ma in termini di rilancio artistico di luoghi che altrimenti sarebbero legati a economie agricole. Tutti e tre i comuni infatti hanno ottenuto un grande rilancio.”

Recenremente Guy Verhofstadt ha definito il premier Conte un “Burattino”, cosa ne pensa?

“Non c’è da pensare, ripeto quello che ho detto durante la mia dichiarazione di fiducia in Giugno, dove ho detto la stessa cosa in maniera abbastanza forte, con la celebre frase: “dove c’è disordine e ignoranza io prospero”. E nell’esordio di questo intervento c’è anche la mia indicazione: “vicepresidente di due vicepresidenti”, che non è stato indicato dal Presidente della Repubblica ma chiamato da i due vicepresidenti che sono i suoi domini”.

Cosa ne pensa della street-art e dei cosiddetti writer come forma d’arte?

“Credo di essere la figura istituzionale più vicina al mondo della street-art.Quando ero assessore a Milano li ho sdoganati dal Leocavallo e ho fatto la prima grande mostra ufficiale al PAC, tirando dentro a dipingere tutti quelli che stavano sulle strade. E’ ancora ben visibile sulla facciata un graffito di PAO, una grande montagna di cocaina. Sono stato senza alcun dubbio la prima figura pubblica in città a stabilire un rapporto di amicizia con quel mondo.”

Un’ulima domanda: in ambito accademico, e adesso anche nel discorso politico, sta prendendo sempre più spazio il tema dell’Intelligenza Artificiale e dell’automazione del lavoro. Crede che in una realtà sempre più tecnologica il mondo dell’arte e il concetto di arte stessa verrà influenzato, e in quale modo?

“Questo è difficile da dire perché l’arte non è prevedibile, reagisce a seconda dell’intelligenza dei singoli artisti e questo avviene in’un epoca in cui il vero problema non è la qualità ma la quantità. Poiché ciò che crea adesso difficoltà è l’eccesso di creatività: vi è una super produzione in tutti i settori artistici (pittura, scultura, fotografia, arti applicate, video), che rende molto difficile la selezione. Questo è un problema che sarà difficile risolvere.”

La ringrazio per la disponibilità.

Articolo di Matteo Manera