Studente presso la facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” di Firenze, scrittore per il Prosperous Network. Fra fumetti, tecnologia e libri mi appassiono alla politica nostrana.

Campagna permanente

“Oggigiorno viviamo in un clima di campagna elettorale permanente”. Quante volte si è sentita dire una frase del genere? Non si tratta di un semplice luogo comune ma di una teoria politologica ben chiara e seguita. Ed è vero: attualmente assistiamo ad intere legislature svolte in clima elettorale. Ha senso quindi parlare, come abbiamo fatto noi stessi altre volte, di “inizio” e “fine” della campagna elettorale?

Certo, legalmente ha senso, visto che la campagna è regolata da apposite norme nel periodo che va dalla fine della legislatura sino alle elezioni, ma non si tratta solo di questo.

Ogni fazione tenta infatti di focalizzare l’attenzione della cittadinanza su delle tematiche che producano favore elettorale, cercando di bruciare i concorrenti sul tempo perché sì, effettivamente possiamo dire che esista uno snodo cruciale che porta la “semplice” dialettica di un partito a tramutarsi in campagna elettorale. Questo accade appunto nel momento in cui un partito, solitamente all’opposizione, inizia a smantellare il favore popolare verso la maggioranza focalizzando il dibattito della cittadinanza su una tematica che si rivelerà cruciale sino alle elezioni.

Chi ben comincia…

Un inizio della campagna elettorale dunque esiste, e chi riesce a farsi carico di questa precisa fase otterrà dei risvolti favorevoli sotto più punti di vista.

Prima di tutto chi inizia la fase di campagna elettorale ha la possibilità di dettarne i tempi, questo indipendentemente dalle tempistiche regolate dalla legge che sono un altro discorso. Un vantaggio ulteriore risiede proprio nel fatto che sia possibile farsi pubblicità senza il bisogno di sottostare alle restrizioni della campagna “ufficiale”, quando entra in gioco ad esempio la par condicio. Ma il più grande asso nella manica è, come si diceva, la possibilità di decidere il tema su cui focalizzare la campagna. In sostanza chi per primo riesce a sollecitare la cittadinanza avrà in mano il pallino del gioco fino alle elezioni.

La campagna delle elezioni 2018

Ragionando su questa falsariga, per individuare un possibile inizio dell’attuale campagna elettorale c’è da ripescare il momento in cui la questione migratoria è divenuta centrale. Beninteso, si tratta di un’opinione personale, comunque mi riferisco a quel preciso momento in cui le destre si sono esposte in maniera talmente estrema sugli immigrati da riuscire a polarizzare il dibattito dell’opinione pubblica su questo tema e rendere necessario un forte intervento dell’esecutivo a tampinare gli stessi flussi migratori. Tutt’ora ci si chiede infatti se le mosse del Ministro dell’Interno Marco Minniti siano state frutto di una necessità effettiva oppure fossero una semplice risposta dal sapore elettorale. Insomma, non c’è bisogno di ricordare il clima infame di quel periodo che porta i suoi strascichi ancora oggi e che ha permesso al centrodestra di “mettere il turbo” nei sondaggi. Fatto sta che, nonostante la risposta del governo, il partito della maggioranza ne è uscito fortemente ridimensionato. Certo, sono poi entrate in gioco molte altre variabili, ma questo ragionamento ci è utile per comprendere il meccanismo alla base del nostro discorso.

La campagna che non funziona

Stando così le cose, pare che la campagna fin qui attuata dal Partito Democratico non abbia funzionato, ed il margine di miglioramento nei sondaggi sembrerebbe molto ridotto. Una lettura interessante che può essere data a questo andamento risiede nel tipo di campagna (non) effettuata da Matteo Renzi. Di fronte ad una destra in crescita per via delle narrazioni appena citate, l’operato del segretario Dem è stato quello di difendere quanto fatto dal proprio governo “dei 1000 giorni”, senza alcuna spinta propositiva, servendo di fatto su un piatto d’argento ulteriore materiale d’attacco per la destra, oltre che per la sinistra nel frattempo nata dalla costola dello stesso PD. Insomma, si può dire che le più valide proposte e promesse dal centrosinistra siano arrivate relativamente tardi, in concomitanza con l’inizio legale della campagna elettorale.
In una situazione come quella descritta è il cdx – salvo clamorose rotture – a poter gestire il gioco, mentre è il csx a dover correre ai ripari. Ovviamente le sorprese non si possono escludere, però la situazione pare nettamente definita.

Il M5s e i risvolti della campagna elettorale permanente

Un partito che ha cercato di concretizzare una vera campagna permanente è il Movimento 5 Stelle, che ha non solo esercitato una sprezzante e continua opposizione, ma ha sempre avuto la capacità di contrapporre alle azioni della maggioranza ciò che i grillini avrebbero fatto se al governo ci fossero stati loro. Non è stato raro assistere ad una sequela infinita di proposte, sia sensate che sconclusionate, pur di riempire il dibattito di promesse a 5 stelle, generando un’attesa negli elettori e un favore sempre crescente.

Il risvolto della medaglia è che ad un certo punto questo trend positivo si è assestato sugli indici attuali, come se il M5S non riuscisse più ad accrescere il proprio elettorato una volta giunto ad un punto di saturazione. Non potendo mangiucchiare oltre l’elettorato avversario, la strategia del movimento è necessariamente mutata da una campagna di conquista ad una di posizione, deve operare cioè per garantire che quel 28% d’elettorato circa rimanga intatto e non sia a sua volta conquistato da altre anime, come appunto il cdx o Liberi e Uguali.

Conclusioni

Per quanto si parli di “campagna permanente” intesa come continuo scontro politico dal sapore elettorale, ciò non significa che non si possano comunque individuare un principio ed una fine alla fase di campagna elettorale vera e propria. Oltretutto, tentare di attuare una vera campagna permanente è qualcosa di estremamente faticoso e dai risvolti non necessariamente positivi, come nel caso del M5S. Ovviamente le sorprese sono sempre dietro l’angolo ed i sondaggi su cui ci si basa potrebbero anche sbagliarsi clamorosamente. Nelle campagne attuali, infatti, bastano 10 giorni di marketing elettorale mirato per riuscire ad accaparrarsi qualche percentuale in più e dare un nuovo indirizzo alle elezioni. Non è utopia, è accaduto qualcosa di simile nel 2013 con l’exploit del M5S a pochi giorni dal voto. Dunque dobbiamo stare a vedere, perchè il cammino è ancora “lungo”!