L’influenza di Tucidide nello scontro tra USA e Cina
I quattro anni di Presidenza Trump hanno accesso il dibattito sulle relazioni Cina – USA e sulla possibile collisione degli interessi tra Washington e Pechino. Molti analisti hanno visto in esso il ritorno della cosiddetta Trappola di Tucidide.
La Trappola di Tucidide, secondo quanto analizzato da Graham Allison del Belfer Center di Harvard e scritto nel suo ultimo libro “Destinati alla Guerra” accade quando la potenza emergente tenta di modificare lo status quo e spodestare la potenza egemone, dal suo ruolo di Superpotenza globale.
L’amministrazione repubblicana guidata dal tycoon ha messo in chiaro che, per Washington, la Repubblica Popolare Cinese rappresenta il principale avversario sistemico, che mira a sovvertire l’ordine internazionale e la guida statunitense. Molti analisti sono concordi che lo scontro USA – Cina sarebbe avvenuto ugualmente, ma che con la Presidenza repubblicana di Trump ha avuto una forte accelerazione, aprendo nel dibattito accademico statunitense e occidentale la questione delle ambizioni egemoniche di Pechino.
Nella teoria della stabilità egemonica lo scontro tra le potenze dominanti e quelle egemoni è parte integrante dello scacchiere internazionale. Per alcuni la Potenza egemone tende ad integrare nella sua sfera d’influenza la maggior parte delle altre entità statali, che hanno accettato il ruolo della superpotenza egemone, legittimandola a garante del sistema internazionale.
Il principale caso, che mette d’accordo tutti, è relativo al ruolo della Gran Bretagna come superpotenza, dalla fine del 1700 fino al 1945.
In quel periodo Londra divenne la superpotenza egemonica del sistema internazionale, garante inoltre del controllo delle rotte commerciali e degli oceani grazie alla sua supremazia marittima. La sua flotta all’epoca garantiva la sicurezza delle rotte marittime e controllava i principali stretti (i c.d Colli di Bottiglia) come Suez e Gibilterra. Alla fine dell’Ottocento l’Impero britannico era la principale superpotenza globale, ma allo stesso tempo un garante dell’equilibrio di potenza. Di fatto Londra doveva assicurare che nessuna potenza europea diventasse una superpotenza del Vecchio Continente in grado di sottomettere le altre nazioni europee al suo dominio di egemone continentale e in seguito in grado di minacciare la sopravvivenza dell’Impero Britannico.
In Europa l’aggressività della Germania Imperiale di Guglielmo II stava aumentando le preoccupazioni di Londra. Ma Londra doveva guardarsi anche dall’ascesa economica e politica degli Stati Uniti nell’emisfero occidentale. In quel momento i leader politici e militari britannici decidono di legittimare l’ascesa di Washington a potenza dell’emisfero occidentale, abbandonando la dottrina del Two-Power Standard, pensiero strategico che obbligava Londra a dover dislocare nei teatri operativi, per essa strategici, un numero identico di unità militari della flotta. L’abbandono della Two-power doctrine di fatto diede a Londra risorse aggiuntive da dispiegare negli altri teatri operativi, come Medio Oriente e zona del Mare del Nord.
La questione delle relazioni USA-Cina oggi è uno scontro che supera la guerra fredda USA – URSS. Pechino e Washington sono interconnessi economicamente e hanno interessi in diversi campi. L’unica cosa che si può paragonare alla vecchia Guerra fredda è la visione della globalizzazione opposta che i due contendenti mettono in campo. Ad oggi la Trappola (di Tucidide) sta influenzando le relazioni sino-statunitensi perché spinge sulla paura e la sfiducia che sia Washington che Pechino provano verso l’altro. Con la Presidenza Trump lo scontro si è combattuto a suon di azioni unilaterali con l’inserimento di dazi, imposti sia a Pechino che agli alleati. Con la futura amministrazione Biden lo scontro avverrà con altri mezzi e strumenti.
Oggi però una cosa è certa: Washington ora guarda al contenimento della Cina nel teatro del Pacifico e a livello globale.
La Casa Bianca di Joe Biden e i rapporti con Pechino
Quest’ultimo Congresso, il 116esimo della storia degli Stati Uniti, ha infatti espresso una ferma posizione bipartisan nei confronti di Pechino, in relazione all’urgenza di contenere i suoi tentativi di influenza nella regione e del mondo. Secondo molti osservatori internazionali questa sessione dell’organo legislativo americano è stata molto più “schietta” ed “esplicita” sul tema rispetto a qualsiasi altra precedente: negli ultimi due anni infatti sono state promulgate almeno 336 leggi con un contenuto normativo collegato ad aziende cinesi e le relazioni con la Cina, in formula principalmente restrittiva.
Questo perché “Washington vede sempre di più le aziende cinesi come il braccio operativo delle ambizioni geopolitiche di Pechino” e in virtù di questa prospettiva nel Campidoglio “domina un consenso bipartisan”. Ed è anche proprio in relazione a questo compatto fronte interno che Joe Biden è intenzionato a garantire un certo grado di continuità con l’attività di contenimento avviata dall’amministrazione Trump, dichiarando di volersi distinguere dal suo predecessore principalmente nella forma della persecuzione degli interessi americani che in altro.
Biden, durante un’intervista, ha infatti chiaramente affermato che non ha più intenzione di assumere quella posizione di “empatia strategica” (così era stato definito il comportamento USA nei confronti di Pechino durante l’amministrazione Obama, nella quale l’odierno Presidente eletto era Vicepresidente) nei confronti della Cina, ma anzi afferma che “gli Stati Uniti devono essere duri con Pechino” su una ampia gamma di tematiche, come ad esempio le pratiche di commercio non–concorrenziali che “stanno derubando gli USA e i cittadini americani della loro tecnologia e della loro proprietà intellettuale”
Biden, come più volte ripetuto durante la campagna elettorale, per perseguire gli interessi americani è intenzionato a contenere l’espansionismo di Pechino soddisfando alcuni criteri di forma trascurati durante la parentesi Trump: primo fra tutti l’approccio multilaterale, secondo il quale la partecipazione degli alleati strategici americani, sia nella regione asiatica che nel mondo, è interpretata come fondamentale per una riuscita efficiente delle soluzioni adottate.
In questa rinnovata logica multilaterale essenziali saranno i provvedimenti adottati in quei campi di interesse globale, come ad esempio il commercio internazionale, la lotta al cambiamento climatico e la salute pubblica, sui quali la comunità internazionale (nello specifico i singoli membri intenzionati a porre un freno a Pechino) può esercitare forme di pressione politica al fine di perseguire interessi comuni.
La competizione per lo status di superpotenza egemone attualmente in corso verrà quindi continuata sotto la Casa Bianca di Joe Biden e le modalità con cui questa verrà condotta saranno oggetto dell’analisi degli osservatori internazionali e, soprattutto, della comunità internazionale, desiderosa di conoscere il futuro delle relazioni internazionali in un mondo sempre più bilaterale.
Henry Kissinger, una delle menti americane più brillanti quando si tratta di relazioni sino–americane, ha pubblicamente avvertito Joe Biden sulla possibilità che durante il suo mandato “possa presiedere una catastrofe comparabile alla prima guerra mondiale” se non prenderà le misure necessarie a fermare questa “corsa sonnambula al conflitto” tra la potenza egemone dominante e la sua concorrente in incredibile ascesa.
Articolo in collaborazione con Francesco Cirillo di Starting Finance Club Roma Tre
Bibliografia:
Caffarena Anna, La Trappola di Tucidide e altre immagini. Perché la politica internazionale sembra non cambiare mai, Il Mulino 2018.
Clementi Marco, Primi fra pari. Egemonia, guerra e ordine internazionale, Bologna, Il Mulino, 2011.Graham Allison, Destinati alla Guerra, Possono l’America e la Cina sfuggire alla trappola di Tucidide?, Fazi Editore 2018
La Trappola di Tucidide e la sua influenza nello scontro Cina-USA
James M. Lindsay, “Transition 2021: How Will Biden Handle China?” in Council on Foreign Relations, 2020
Richard Javad Heydarian, “Biden’s China policy: balancing engagement with deterrence” in Al Jazeera, 2021
Scott Kennedy, “Thunder Out of Congress on China” in Center for Strategic Studies, 2020