Il termine Oclocrazia è formulato per la prima volta nel libro VI delle Storie di Polibio. Il vocabolo si inserisce in una più ampia discussione sulla teoria ciclica delle forme di governo. Quest’ultima teoria è anche denominata Anaciclosi. Secondo questa teoria l’evoluzione dei regimi politici è ciclica, ogni forma di governo secondo un andamento circolare nel tempo si deteriora e giunti all’ultimo stadio, ritornerebbe alla forma iniziale rincominciando il suo sviluppo.
L’Anaciclosi fa una distinzione netta fra forme di governo benigne (monarchia, aristocrazia e democrazia) e forme di governo maligne (tirannide, oligarchia e oclocrazia). Il primo stadio è la Monarchia, che progredisce sotto l’autorità del Re che agisce in virtù dell’interesse dei suoi sudditi. Quando il potere politico viene ereditato dai figli del re, quest’ultimi abusando dell’autorità per loro tornaconto, trasformano la monarchia in Tirannide.
Alcuni uomini influenti dello Stato si stancheranno progressivamente degli abusi tirannici, rovesciando l’ordine governativo e istituendo il regime aristocratico. Esattamente come accade nella fase monarchica, gli eredi del potere aristocratico inizieranno ad abusare del loro potere, causando il declino dell’Aristocrazia e l’inizio dell’Oligarchia.
Gli oligarchi saranno successivamente abbattuti dal popolo che instaurerà la democrazia, anch’essa destinata a deteriorarsi in oclocrazia, fase in cui le leggi vengono fatte solo ed esclusivamente alla mercé delle masse. Il predominio politico delle masse in questa fase diviene superiore al potere legittimo e sulla legge stessa.
Durante l’oclocrazia il popolo è disorientato politicamente, e sarà spinto a credere alle parole dei demagoghi che porteranno caos all’interno dello Stato fino a quando non riemergerà un unico e virtuoso uomo che instaurerà nuovamente un regime assoluto dittatoriale riportando nuovamente lo Stato alla Monarchia.
L’oclocrazia sarebbe quindi la fase degenerata della democrazia, ove le leggi vengono fatte per compiacere le masse. Chi governa la massa, ovvero il demagogo, adula il popolo, contrapponendo il piacere del momento al vero e al vero bene. Si costituisce una situazione in cui vengono promessi vantaggi che la situazione economico e sociale rende impossibile porre in atto, promette e promuove la facilità contro la realtà, l’immediato contro il futuro.
Il concetto di massa è strettamente collegato alla psicologia delle folle: quando un gran numero di persone è radunato, ciascuno tende a perdere in mezzo agli altri la propria capacità di ragionare e di giudicare sanamente. In questa situazione, la coscienza individuale e razionale si diluisce fino a disperdersi. Il razionale lascia il posto alle emozioni, e da qui la capacità delle folle di cambiare parere da un momento all’altro. La massa secondo la psicologia delle folle passa dell’estrema indulgenza all’estrema severità, dal fervore alla negligenza, dalla collera allo scoraggiamento. Così si trova ad essere incapace di condurre una vera politica, che richiede riflessione a lungo termine e respinge la spontaneità del momento.
L’analisi greca sulla demagogia basa le sue riflessioni sulla differenza tra il principio di piacere e il principio di realtà, il primo legato all’istante, il secondo al tempo lungo. La tipica caratteristica del demagogo è di fare piacere sul momento, pretendendo che tutto sia facile e che tutto possa essere ottenuto, nascondendo le difficoltà per raggiungere ciò che viene promesso.
L’assecondare le emozioni delle masse dedite all’istante, tralasciando la realtà fattuale e di lungo periodo, in tempi antichi veniva denominata oclocrazia, oggi viene chiamata populismo, ma i due termini sono strettamente correlati. Si potrebbe dire infatti che l’oclocrazia è stata la più antica forma di populismo.
La correlazione tra populismo e oclocrazia ha il suo fondamento nel rapporto che si va ad instaurare fra il leader politico e il popolo. In ambedue le situazioni il leader si legittima sulla base della pretesa di parlare per il popolo: l’uomo politico dà voce al popolo, cercando di assomigliare al popolo in atteggiamenti e comportamenti, ne capta e ne orienta le pretese, volendone incarnare caratteristiche e bisogni. Questo leader politico non deve mai incorrere nell’errore di mostrarsi superiore all’uomo comune al quale sono rivolti i suoi appelli. Al contrario, utilizza gestualità e retoriche tipiche del pubblico a cui si rivolge, ricerca somiglianza nella comunità popolare, evitando il linguaggio complesso tipico della comunicazione politica e istituzionale.
Un ulteriore caratteristica che possiamo riscontrare sia nell’oclocrazia che nel populismo è la rappresentanza popolare: entrambi gli stili politici si basano sulla democrazia partecipativa anziché sulla democrazia rappresentativa. Il concetto di delega per quanto riguarda la formulazione delle leggi viene meno, favorendo la partecipazione diretta del popolo ed eliminando l’iter legislativo tipico della democrazia parlamentare.
L’immediatezza, lo stile retorico manicheo, la democrazia partecipativa e l’appello al popolo si riscontrano sia nel populismo che nell’oclocrazia. Tutto ciò emerge quando la democrazia entra in una fase di crisi, e grazie alla teorica politica Margaret Canovan è possibile individuare i motivi che possono portare la stagione democratica nel caos.
Riprendendo un saggio postumo di Michael Oakeshott, Canovan analizza due stili politici che sono sempre stati in contrapposizione e in tensione fra loro: la politica della fede e la politica dello scetticismo. Nella prima la politica è considerata una materia connessa alla possibilità di raggiungere la perfezione o di ottenere la salvezza in questo mondo. La salvezza in questo caso può essere determinata dall’azione politica. La politica della fede comporta la mobilitazione popolare in vista di questo obbiettivo. La politica dello scetticismo invece è sospettosa nei confronti sia del potere che dell’entusiasmo, e coltiva aspettative assai minori sui risultati che i governi possono conseguire. Per i sostenitori di questa visione, la politica non ha alcun obbiettivo al di fuori del mantenimento dell’ordine e della riduzione delle occasioni di conflitto, da ottenersi attraverso il mantenimento dei diritti e delle istituzioni.
Oakeshott sottolinea che questi due stili a livello teorico sono distinti, ma la prassi concreta li rende misti, inoltre ammette che entrambi gli stili sono indispensabili.
La democrazia, sia secondo Canovan che secondo Oakeshott ha sia il volto della fede che quello dello scetticismo. Anche se questi due stili sono opposti, essi sono interdipendenti. Quando si apre uno scarto troppo grande tra la politica della fede e la politica dello scetticismo, il populismo si inserisce all’interno dello spazio creatosi.
Sia il populismo che l’oclocrazia emergono nel momento in cui la democrazia entra in crisi, ed entrambe sfruttano l’eccessiva distanza che si crea tra le istituzioni e il popolo, richiedendo partecipazione e velocizzazione delle procedure burocratiche, leggi rivolte direttamente al servizio del popolo o formulate direttamente dal popolo. Per questo motivo l’oclocrazia può essere considerata la prima forma di populismo esistente.