Domenica 3 marzo, il giorno della verità
Molti di voi lo sanno già: domani, domenica 3 marzo, si terranno le primarie aperte per eleggere l’Assemblea ed il Segretario del futuro Partito Democratico. Lunedì forse conosceremo le sorti di quello che rimane il più grande partito di centrosinistra in Italia, pur con tutte le sue contraddizioni. È proprio rispetto al posizionamento politico che gli Italiani si aspettano una risposta decisa dal partito. A seguito di una svolta verso destra del PD renziano, non solo economica ma anche sotto altri aspetti, c’è da capire se si tornerà su dei passi più “socialisti” o se si potenzierà ulteriormente l’ala (neo)liberale. In questo scenario, se non fosse chiaro, tra le tre candidature c’è chi in maniera anche esplicita prefigura l’imboccamento di una strada piuttosto che dell’altra. Giachetti strizza neanche tanto velatamente l’occhio alla leadership di Matteo Renzi e all’operato dei passati governi, che nessuno rinnega ma che non tutti idolatrano come fa lui; al capo opposto abbiamo Zingaretti che invece si pone l’obiettivo di recuperare l’elettorato a sinistra e quello divenuto grillino. Maurizio Martina, attuale segretario reggente, fa la figura dell’unitario super partes. Ovviamente non basta questo per delineare le personalità ed il pensiero politico dei tre candidati, ma non sarebbe neanche l’obiettivo dell’articolo. Scopriamo insieme piuttosto con quali scenari potremmo dover fare i conti da lunedì.
Primarie… che?!
Potrebbe non esser chiaro cosa siano le primarie di partito e come funzionino. Abbiamo già detto che le primarie sono delle consultazioni aperte a tutti i cittadini con le quali è possibile pronunciarsi sulla composizione dell’Assemblea Nazionale del Partito Democratico e sul suo Segretario. Cioè, con le votazioni di domani si è chiamati ad esprimersi sulla figura di punta del PD tramite l’elezione dell’organo di rappresentanza del partito, l’Assemblea, una specie di piccolo parlamento con all’interno più schieramenti. Per dirla in parole poverissime, si tratta di un meccanismo che può ricordare il metodo dei grandi elettori: i cittadini votano i delegati all’Assemblea che a loro volta eleggono il Segretario. Risulta chiaro quindi che per avere un’elezione immediata del Segretario questi debba ottenere il favore di almeno il 50% degli elettori, ovvero dei membri delegati in Assemblea. Insomma, se domani nessuno ottenesse una maggioranza assoluta le carte sarebbero rimesse in mano alla neoeletta Assemblea Nazionale che tenterebbe, tramite un ballottaggio interno, di convergere a maggioranza assoluta su uno dei due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti alle primarie (che sarebbero senza dubbio Martina e Zingaretti).
Per inciso, i tre candidati sono stati selezionati tra tutta una rosa di papabili grazie a delle votazioni nei circoli – denominate convenzioni – che si sono svolte durante i primi mesi del 2019. Potete avere una visione più completa e puntuale del regolamento delle primarie PD qui.
La mina vagante
Se i candidati fossero due non ci sarebbe alcun problema: chi vince, vince! Avendo a che fare però con tre candidati (come d’altronde prevede lo statuto del PD) si capisce che siamo di fronte a degli equilibri fragilissimi. Lo si è ancor di più se si ha a che fare con due candidati molto forti come Martina e Zingaretti ed uno minoritario ma fondamentale come Giachetti. Mi spiego meglio: secondo le convenzioni svolte nei circoli nei mesi scorsi Zingaretti e Martina si attesterebbero all’incirca al 45% ed al 35% circa dei consensi, mentre Giachetti si porrebbe attorno al 10%. Se questi dati fossero confermati non avremmo un vincitore assoluto e il posizionamento dei giachettiani nel successivo ballottaggio sarebbe cruciale. A ben vedere sicuramente questi non sosterrebbero Zingaretti, ed il governatore del Lazio ne risulterebbe schiacciato. Sono state evidenti infatti le schermaglie tra i due candidati nel corso della campagna ed anche durante l’unico confronto tv su Sky Tg 24 di due giorni fa. È per questo che Roberto Giachetti è una vera e propria mina vagante, terrore per chiunque sostenga Zingaretti: parte del successo di Zingaretti dipenderà dalla performance più o meno deludente di Giachetti. Quest’ultimo è ancor più mina vagante se consideriamo che sta riuscendo nel tentativo di far sembrare le primarie un braccio di ferro tra sé stesso e Zingaretti piuttosto che tra Martina e Zingaretti, come verrebbe naturale da pensare. Così facendo fornisce un delizioso assist a Maurizio Martina che, ergendosi a figura superiore ai battibecchi, punta a sgretolare il dominio di Zingaretti. È forse un quadro un po’ complicato? Andando a vedere il confronto tv tra i tre candidati, se non si fosse ancora visto, queste dinamiche risulteranno più chiare.
Sondaggi alla mano, una vittoria annunciata
In realtà però il lavoro della mina vagante potrebbe essere vano: gli ultimi sondaggi sorridono ampiamente a Zingaretti. Secondo quanto riporta per esempio l’istituto EMG Acqua, Nicola Zingaretti sarebbe dato in vantaggio addirittura col 58% delle preferenze, a seguire Maurizio Martina col 32% e Roberto Giachetti con il 10%. Se i sondaggi avessero ragione, insomma, già lunedì mattina avremmo la conferma che Nicola Zingaretti sarà il nuovo segretario. Se i sondaggi dovessero sbagliarsi potremmo avere un Martina che supera il 50 % (davvero poco probabile) o comunque una regolazione dei conti in Assemblea, dove ad avere la meglio a quel punto potrebbe anche essere Maurizio Martina con la stampella di Roberto Giachetti, in un partito così non troppo “di rottura” col passato recente. Se sia più auspicabile l’una o l’altra strada saranno gli elettori a deciderlo. Ovviamente non sono del tutto da escludere altri tipi di convergenze in Assemblea, anzi. Comunque sarà importante anche misurare il polso della situazione rispetto all’affluenza, così da capire quanto fermento vi sia all’effettivo attorno al mondo del PD e del centrosinistra, che si appresta ad affilare le armi in vista della grande tornata di amministrative + europee di maggio.