Mentre ci si azzuffa ancora sul DEF e su altre questioni relative a migranti, Europa e finanza, la scuola zitta zitta si appresta ad ulteriori cambiamenti. Esiste, in fondo, un Governo che non abbia messo le mani sulla scuola? Salvo sorprese, almeno nella storia recente, la risposta sarà negativa. La scuola è stata e rimane una creatura ricca di discontinuità ed idee innovative, raramente accolte di buon grado da chi la vive tutti i giorni: i docenti e gli studenti.
Ciò che sta accadendo con questo Governo è un ulteriore cambiamento di rotta, raggiunto non attraverso riforme in pompa magna come la passata “Buona Scuola” di Renzi, quanto per via di singole modifiche apportate qua e là, con una metodologia che non produce troppo clamore, anche alla luce di un’opinione pubblica focalizzata su tematiche apparentemente ben più cogenti. C’è da dire che si tratta di un processo ancora in atto: non tutte le misure che i gialloverdi (sia esecutivo che maggioranza parlamentare) si prefiggono sono state portate a termine e forse alcune non si concretizzeranno mai. Ma vediamo un po’ quale impostazione si sta cercando di dare al sistema scolastico e educativo italiano.
Prima puntata: SCUOLA PRIMARIA
Educazione civica e voto in condotta. Partiamo da una nota felice. Ognuno ha la propria visione in merito a ciò che possa essere felice/infelice, ma credo che su questo primo punto in pochi dissentiranno. È notizia di qualche giorno fa che un gruppo di Senatori leghisti abbia presentato un disegno di legge per reintrodurre l’insegnamento dell’educazione civica e il voto in condotta nelle scuole di ogni ordine e grado. Si spiega che l’intenzione sia quella di limitare gli atti di bullismo attraverso questi due strumenti che andranno ad incidere sul percorso scolastico.
Rappresentanza scolastica. Qui qualcuno sorriderà di meno, visto che è idea di questi stessi Senatori quella di introdurre un sistema di rappresentanza sin dalla scuola elementare. Si manifesta la necessità di allargare la rappresentatività degli studenti, oggi eleggibili a rappresentanti di istituto a partire dalla scuola superiore (secondaria di secondo grado), fino ad includere i bambini di quinta elementare, all’età di 9/10 anni. Avete capito bene: i bambini all’ultimo anno della scuola primaria potrebbero andare a ricoprire il ruolo di rappresentanti d’istituto studenteschi. Ma non basta: per quanto da progetto la carica possa essere ricoperta solo da studenti della classe quinta, i piccoli elettori saranno chiamati al voto sin dalla prima elementare, a 6 anni, dunque mettendo in piedi un articolato sistema di elettorato attivo/passivo per poter essere in grado di nominare i propri rappresentanti scolastici sin dalla tenera età. La ragione è presto detta: abituare i bambini ad una logica di responsabilità, civiltà e rappresentanza tipica del nostro sistema politico e sociale. Raccontata così la storia ha un suo denso significato, tuttavia è fonte di dubbio il fatto che i bambini siano già formati all’età di 6 anni per comprendere le dinamiche della rappresentanza e la loro forte valenza sociale. È vero, la scuola è un grande agente educativo, tuttavia ci sono argomenti che divengono comprensibili con delle tempistiche ben precise e non è detto che velocizzarle sia buona cosa. I processi di rappresentanza (politica, di fatto) non sono presumibilmente un elemento chiaro agli occhi di un bambino di 6 anni, che si troverebbe a fare i conti con una realtà ancora troppo estranea. La cosa non è molto differente per un bambino di 9 o 10 anni che una volta eletto verrà chiamato, a quanto sembra, a partecipare addirittura alle sedute del Consiglio di Istituito (non c’è estrema chiarezza su questo ultimo punto).
Volendo indagare più a fondo la questione, occorre tirare in ballo il concetto di socializzazione, cioè il processo mediante cui «i bambini acquisiscono gli atteggiamenti e i modelli di comportamento appropriati al ruolo di futuri cittadini e il processo attraverso cui vengono trasmessi da una generazione all’altra i valori politici». Sono molti i contributi scientifici che sottolineano come la comprensione dei fenomeni di rappresentanza avvenga gradualmente ad un’età più avanzata rispetto a quella degli studenti delle elementari. In particolare, gli studi che analizzano il processo di socializzazione odierno veicolato, oltre che dalla famiglia e dalla scuola, da media e social media (teorie della Coltivazione e simili), evidenziano come è intorno ai 10 anni che i bambini vengono a conoscenza del meccanismo delle elezioni, e che fino a quell’età hanno compreso semplicemente che i politici sono individui importanti perché detentori del potere. È intorno agli undici e dodici anni che si vengono a comprendere ancor più approfonditamente le meccaniche dell’ordinamento e si familiarizza col fatto che in politica vengano prese delle decisioni. Attorno ai quindici si “scopre” invece la distinzione tra gli indirizzi politici in campo e i loro diversi modi di porre rimedio alle problematiche della società. Studi come quello qui riportato – perdonate la brevità della trattazione – sono facilmente reperibili in rete o in testi sociologici che affrontano il tema. Ovviamente questo non è il solo, ci sono un’infinità di analisi in merito, ma questa ci basta per insinuare un ragionevole dubbio in merito a ciò di cui stiamo parlando: l’elezione dei rappresentanti d’istituto è un processo che ha strettamente a che fare con il concetto di rappresentanza politica e che dunque richiede una certa maturità.
[Fonte utilizzata: Comunicazione Politica di Gianpietro Mazzoleni (Il Mulino, 2012).]
Insomma, se da un lato la battaglia di questi Senatori leghisti ha una forte valenza educativa, dall’altro si introduce qualcosa di troppo grande in mano a bambini di 6 anni. Luci e ombre su una scuola primaria che cambia, così come si apprestano a mutare i percorsi della secondaria e quello universitario. Ma queste sono altre storie che affronteremo nelle puntate a venire. Appuntamento alla prossima settimana dunque, ma per ulteriori approfondimenti non dimenticate di consultare le postille qua sotto!
•Postilla 1•
“Gemello” del disegno di legge presentato al Senato, a cui si faceva riferimento nell’articolo, è il ddl presentato alla Camera il 20 settembre, siglato C.1182, il cui primo firmatario è l’On.Silvana Andreina Comaroli, consultabile qui. Il testo integrale non è stato caricato sul sito istituzionale del Parlamento, cosa che comunque dovrebbe accadere presto.
Alla Camera dei Deputati il leghista Massimiliano Capitanio (primo firmatario) ha presentato un’ulteriore proposta di legge che si intitola: Istituzione dell’insegnamento dell’educazione civica nella scuola primaria e secondaria e del premio annuale per l’educazione civica (pdl 682). L’intento è ancora una volta quello di «farsi carico di avvicinare i giovani alla conoscenza delle istituzioni, all’inserimento nel mondo del volontariato, all’integrazione con le persone con disabilità, nonché alla partecipazione a forme vere di cittadinanza attiva fino alle forme prioritarie di educazione alla legalità. L’insegnamento dell’educazione civica deve, inoltre, essere oggetto di esame di fine ciclo nella scuola secondaria di primo grado. […] È istituito il premio per l’educazione civica, conferito dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca con cadenza annuale».
•Postilla 2•
Sempre presso la Camera dei Deputati è stato presentato un ddl (primo firmatario il Deputato della Lega Guido Guidesi) che ha come obiettivo quello di introdurre l’insegnamento dell’educazione ambientale in ogni scuola di ordine e grado, consultabile qui.
•Postilla 3•
Abbiamo più che altro analizzato proposte della Lega, ma anche il MoVimento 5 Stelle non sta con le mani in mano. Per quanto riguarda la scuola primaria segnaliamo alcuni disegni di legge fra cui uno volto a potenziare l’educazione motoria all’asilo e alle elementari (primo firmatario On. Gianluca Castaldi), ed uno, presentato sia alla Camera che al Senato, rivolto a introdurre «nuclei per la didattica avanzata» e «progetti di scuola aperta e di scuola diffusa» nelle scuole di ogni ordine e grado (disegno alla Camera qui, disegno al Senato qui).