Si ringrazia A.Golia per i contenuti forniti.
La giunta capitolina è sulla bocca di tutti da più di un anno e le chiacchiere non sembrano volersi placare. Il canovaccio è scritto da tempo: a Roma ci sono grossi problemi che solo un sindaco coraggioso può risolvere. Una narrazione come questa è divenuta croce e delizia per Virginia Raggi e per tutto il MoVimento 5 Stelle, da un lato portatori di speranza e dall’altro progressivamente sempre più deludenti, secondo le stime di apprezzamento da parte della cittadinanza.
Una delle gatte da pelare più importanti è senza dubbio ATAC, una questione di cui si è parlato a lungo ed in cui la retorica grillina, così come quella degli avversari, è rimasta pressoché la stessa. Ma da dove nasce il problema della compagnia di trasporti romana? Di chi sono le reali responsabilità politiche? Può dirsi il MoVimento esente da colpe? Scopriamolo insieme.
AZIENDA PER I TRASPORTI FERROVIARI DEL COMUNE DI ROMA –
È il 1909 l’anno in cui ATAC viene alla luce. Non si chiamava ancora così, era conosciuta come AATM, ed era frutto del progetto di un leggendario ed indimenticabile sindaco per i Romani, Ernesto Nathan. In un’epoca in cui Roma vedeva una vertiginosa crescita demografica ed una imperiosa speculazione edilizia, il sindaco combatté fortemente per la regolarizzazione della realtà urbana, il potenziamento dell’istruzione ed un’innovativa laicità delle istituzioni comunali. Tutto questo si realizzava attuando politiche supportate anche dal governo centrale di Giovanni Giolitti, e sempre con forte spirito di responsabilità e senso del dovere. La Capitale conobbe il suo primo piano regolatore e vide la nascita dell’azienda AATM (Azienda Autonoma Tramviaria Municipale), che appunto oggi conosciamo come ATAC. Esistevano delle linee di trasporto pubblico prima del 1909, sì, ma si trattava di qualcosa di ben diverso dal progetto di Nathan, assai più articolato e che presto avrebbe inglobato anche le aziende già esistenti. L’avventura cominciava.
Il percorso di crescita dell’AATM ha varie fasi: prima di tutto cambia il nome in ATM su iniziativa dello stesso Nathan, quindi inizia il processo di inglobazione di SRTO, il vecchio gestore di linee tranviarie – elettriche ed a trazione animale – e di linee omnibus. Si ha un nuovo cambio di nome nel 1925 in ATG (Azienda Tramvie del Governatorato), a seguito dell’istituzione del Governatorato di Roma nello stesso anno. Diverrà poi ATAG qualche anno dopo, quando l’azienda si doterà finalmente delle prime linee di autobus, e dal 1937 di filobus, in particolar modo nel quartiere Flaminio.
PRIMI INTOPPI –
Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, che aveva messo in ginocchio la Capitale e con essa ATAG, il servizio deve ripartire da zero; così l’azienda viene rinominata ATAC e il servizio ricomincia attraverso delle camionette, per poi ripristinare in maniera graduale le linee. Si può dire che sia stata la guerra il primo grandissimo intoppo di ATAC, che ha saputo però risollevarsi e riformularsi in una veste nuova, raggiungendo poi una vera svolta una decina d’anni dopo, per i lavori per le Olimpiadi di Roma del 1960. Da allora fino agli anni ’90 la rete tranviaria subirà un forte ridimensionamento favorendo invece il trasporto su gomma.
Le vere batoste per ATAC arrivano a metà degli anni ’90, per vicende di natura politica legate allo scandalo di Tangentopoli. Nel 1992 infatti vengono messi sotto inchiesta esponenti dell’amministrazione capitolina e di quella milanese per giri di mazzette da diversi miliardi di lire; in particolar modo, riguardo ad ATAC, ad essere arrestati sono varie personalità fra cui anche il Presidente del Comitato di controllo del Lazio. Gli inquirenti, dopo svariate indagini, individuano 32 miliardi nascosti fra le voci di vendite di autobus e filobus in realtà destinati a vari personaggi politici tra Roma e Milano. Il debito arriva a quasi 800 miliardi di lire e la società è in ginocchio.
ATAC FRA IERI ED OGGI –
Col passaggio alla cosiddetta “Seconda Repubblica” (l’attuale fase storica italiana che parte per convenzione dal 1994) ATAC diviene una partita tra centrodestra e centrosinistra. È proprio il csx, guidato dal sindaco Rutelli, ad occuparsi dal ’93 del risanamento dell’azienda, all’inizio con due mosse abbastanza chiare: alzare il costo del biglietto e licenziare il personale attraverso lo strumento del prepensionamento. Una “cura” che sembra dare i propri frutti e che le giunte di centrosinistra continuano a nutrire attraverso uno scorporamento dell’azienda (nasce ad esempio Met.Ro) e i primi affidamenti dei servizi ad enti privati in occasione del giubileo del 2000. Questa nuova manovra produce degli effetti accompagnati però da tanti aspetti negativi: gli organi dirigenziali e la corruzione si moltiplicano, inoltre i privati non riescono a svolgere bene il proprio lavoro. Dopo le giunte Rutelli e Veltroni, dunque, tocca al centrodestra con Alemanno, che tenta un approccio completamente diverso, andando a fondere nuovamente le società, che però si portano appresso tutte le mastodontiche strutture di funzionari e dirigenti che si erano venute a creare. Nel 2012 ATAC è una società che fattura per 864 milioni di euro, ma che produce anche debiti sempre più corposi e che fatica sempre più ad andare avanti: non sono infatti mai cessati i presunti casi di corruzione e soldi sporchi che hanno portato alle indagini di “Parentopoli”. Dati del 2015 alla mano, l’azienda spende più di metà dei propri utili in stipendi. Ed eccoci giunti all’era pentastellata della Capitale.
ROMA A 5 STELLE –
Nel 2016 Roma passa sotto l’amministrazione del sindaco Virginia Raggi che in un primo periodo, come si ricorderà, ha avuto molto altro di cui occuparsi per via del caos politico successivo alla propria elezione. La “bolla” ATAC è scoppiata abbastanza di recente, e da quanto abbiamo visto una cosa è parsa chiara: i problemi di fondo del servizio non nascono dall’operato del primo cittadino grillino. Però la denuncia di grave disservizio e disastro economico che si è palesata negli ultimi mesi è sotto gli occhi di tutti, così come lo sono stati i pesantissimi scioperi ed il fatto che per un po’ di tempo i dipendenti non siano nemmeno stati pagati. La situazione in cui si è trovata Virginia Raggi è di un servizio con pesantissimi debiti e con un parco mezzi colabrodo per via del mancato acquisto di nuove vetture e della scarsa manutenzione effettuata. Di fronte a questo l’amministrazione ha agito in una sola direzione, dichiarando di voler far rimanere pubblica ATAC, in un contesto economico generale che come ben sappiamo favorisce invece le privatizzazioni e le partecipate. La volontà del MoVimento 5 Stelle è chiara e traspare bene dalle parole della Raggi stessa: “ATAC deve rimanere pubblica. ATAC deve rimanere di tutti noi. Non credete alla propaganda di chi vuol far fallire questa azienda”.
L’OPERATO DELLA RAGGI –
Ora, chi è che starebbe facendo propaganda secondo il sindaco? Chi è che vorrebbe far fallire l’azienda? Qui tutto diventa più interessante. Perché se è vero che non un solo grillino abbia colpe in merito ai problemi di ATAC, è altresì vero che non un solo grillino abbia seguito le indicazioni di chi si è prodigato per metterci una pezza, fra tutti Bruno Rota, manager proveniente dall’ATM di Milano. Egli, chiamato dal sindaco in persona, dopo aver svolto le proprie analisi è stato chiaro: ATAC deve essere dichiarata in fallimento, perché un buco di 1.6 miliardi di euro non può essere sostenuto ancora a lungo. A seguito di queste parole Rota aveva comunque accettato di continuare a lavorare sul progetto comunale di risanamento, ma si è dovuto dimettere “per la gravissima situazione di tensione finanziaria della società. Una situazione che può essere risolta soltanto con un intervento drastico e con il pieno riconoscimento di quanto accaduto. Avrei dovuto sentire attorno a me un clima di totale fiducia. E così non è stato.”
Dopo l’ennesima dimissione avanti tutta dunque, a capofitto per far rimanere pubblica ATAC e redigere un concordato sotto la vigilanza del tribunale, per scongiurare il fallimento. Con questa mossa però è stato il Comune ad accollarsi in prima persona i debiti di ATAC ed ovviamente non si tratta di niente di facilmente superabile: l’istituzione stessa è soggetta adesso a tracolli finanziari. A concordato raggiunto, Virginia Raggi canta vittoria, tuttavia ATAC è ancora sprovvista di mezzi e finanziamenti. Il contratto col Campidoglio, in scadenza a breve, è stato intanto prolungato fino al 2024, e ci sarebbe da chiedersi se questo non significhi soltanto un prolungamento dell’agonia.
SCENARIO APOCALITTICO –
È possibile portare avanti una situazione del genere a queste condizioni? Cosa ci si presenta di fronte? La narrazione effettuata dalla Raggi è politicamente bellissima, ma economicamente sbagliata. Come riporta l’economista Giuricin, esperto di trasporto pubblico, i ricavi che si otterrebbero dalla lotta all’evasione ad esempio sarebbero estremamente risibili, inoltre come si diceva non basta risanare il bilancio e riuscire a far camminare ATAC con le proprie gambe, cosa di per sé complicatissima, servirebbe invece uno snellimento degli uffici ed un rinnovamento del parco mezzi che nel giro di qualche anno mostrerà effetti ancor più negativi di quelli odierni. L’economista riporta come sia questa la voce che maggiormente fa la differenza e rende produttiva l’azienda, ed è questo che negli anni ha contraddistinto ATAC da ATM, Roma da Milano, ovvero il riuscire ad autofinanziarsi e rinnovare il servizio.
È curioso come dallo scandalo del ’92 le due aziende abbiano avuto uno sviluppo così diverso, ed è curioso anche il fatto che entrambe siano pubbliche, questo per rimescolare un po’ le carte in tavola e non dar per scontato che il pubblico debba per forza funzionare male. Ma Roma e Milano insegnano: c’è pubblico e pubblico. Che la fortuna aiuti la Capitale.