Inizia tutto il 2 giugno 2017, quando un gruppo di hackers autodenominato ”GlobalLeaks” contatta il giornale americano The Daily Beast tramite email, informando di essere entrati in possesso di (presunti) documenti sottratti all’hotmail dell’ambasciatore negli USA degli Emirati Arabi Uniti, Yousef Al Otaiba.
Insieme ai ”leak” presentati al Daily, (in totale un ”assaggio” di circa 55 pagine apparentemente stampate e fotograte tramite camera digitale) gli attivisti hanno fatto pervenire messaggi come il voler ”dimostrare come una piccola ricca nazione possa colpire gli interessi americani e quelli dei suoi alleati”.
Interessante inoltre notare come il gruppo di hacker abbia usufruito di account email regolarmente registrato presso un servizio gratuito di email providing russo. L’email ricevuta presentava il titolo originale di ”DC Leaks- The Lobbyist Edition Part 1”, in un richiamo ai DC Leaks che colpirono, un anno orsono diversi ufficiali statunitensi, tra i quali, Colin Powell.
I leak sono poi presto stati ”confermati” dalla portavoce dell’ambasciata EAU Lamiyae Jbari, che ha precisato come l’indirizzo di posta elettronica presente nei documenti, fosse effettivamente quello di Al Otaiba.
Prima di addentrarci ulteriormente nella vicenda che poi ha portato all’escalation diplomatica, politica ed economica che in questi giorni abbiamo potuto osservare e che a breve andró a sviscerare, urge fare un passo indietro di qualche giorno: il 24 Maggio un altro stato del Golfo era stato vittima da parte di non meglio specificati ”hacker”, il Qatar.
L’account twitter dell’emiro Tanim, della Qatar News Agency e vari altri account riconducibili a personalità legate a Doha, sono stati per un intero pomeriggio, letteralmente sommersi di ”post” dalla dubbia provenienza che lodavano in particolar modo la Repubblica Islamica Iraniana. In diretta contraposizione con (la ovvia) posizione anti iraniana (seppur assai più morbida rispetto alle altre monarchie sunnite) dell’emirato qatariota.
Se in un primo momento la pista più ovvia e più probabile sembrava essere quella riconducibile a Teheran, col passare delle ore e dei giorni questa ipotesi è andata via via scemando, delineando ciò che sembra davvero essere successo e star succedendo: un regolamento dei conti all’interno del GCC, Gulf Cooperation Council, più precisamente tra il Qatar da una parte e l’Arabia Saudita, Bahrein, Kuwait, Emirati Arabi Uniti e lo Yemen (o almeno ciò che resta sotto il controllo di Hadi) dall’altra.
A questo punto è naturale che possa sorgere la domanda:
‘Perché gli stati sunniti del golfo, così famosi per essere alleati fedeli di Washington, di colpo sono ora sulla via dello scontro?’
Mettiamo in chiaro una cosa: le varie monarchie sunnite del Golfo hanno già attraversato crisi simili a questa e pur intrattenendo da sempre rapporti almeno de iure ottimi fra loro vi è ancora della ruggine mai ossidata tra le famiglie reali.
Un’altro momento fondamentale per comprendere il tutto, è l’incontro avvenuto a maggio tra Trump, Al-Sisi, Presidente egiziano, e Salman, Re dell’Arabia Saudita.
Dall’incontro si è potuta trarre l’intenzione del POTUS affinché ci si muova, nel golfo, in direzione di una ”NATO araba” e una completa normalizzazione dei rapporti con Israele.
In cambio di un supporto dagli US politicamente e militarmente oltre all’accesso completo alla vendità di armi ai sauditi. Tutto ciò probabilmente in una ottica Anti-Iraniana e di completo dominio sunnita sulla regione, (oggi in pericolo).
Ma perché il Qatar?
Ci sono diverse ragioni: partiamo dalle parole del presidente americano, Donald Trump, che tramite il proprio account twitter il 6 giugno scrive: ”During my recent trip to the Middle East I stated that there can no longer be funding of Radical Ideology. Leaders pointed to Qatar – look!”, possiamo osservare come il Qatar venga messo al pubblico mondiale come vittima sacrificale, dal quale iniziare a ”ripulire l’immagine del Golfo”.
Senza molti fronzoli, tutte le nazioni del golfo hanno supportato e supportano gruppi estremisti in giro per la regione, chi più chi meno, il Qatar così come l’EAU e l’Arabia Saudita etc etc.
Andando a sviscerare in dettaglio le principali organizzazioni supportate dall’esecutivo di Doha (Qatar) possiamo stilare la seguente lista:
Ahrar Al Sham e altri gruppi minori, nella Guerra Civile Siriana. (1)
Al-Islah Harakat nella Guerra Civile Yemenita (Qatar parte della coalizione Pro-Hadi). (2)
Fratellanza Musulmana in Egitto e in vari altri paesi con le sue varie costole. (3)
L‘ISIS, il tristemente noto ”Stato Islamico”, per una frazione di tempo sembra essere stato supportato indirettamente dal Qatar. (6)
Da questa lista è ovvio come il Qatar abbia lentamente assunto un ruolo maggioritario in quello che ormai è a tutti gli effetti Terrorismo Internazionale, tramite questi ”Proxy” l’emirato di Doha ha cercato di allungare la sua mano sull’intera regione e aumentare la propria influenza, finendo però, con l’indispettire i propri vicini, in primis Riyadh.
Il 5 giugno, Arabia Saudita, Egitto e Emirati Arabi Uniti annunciano la chiusura dei contatti diplomatici col Qatar; successivamente decine di altri stati, tra cui la Giordania, seguono chiudendo i propri canali con Doha.
L’Arabia Saudita impone inoltre un vero e proprio embargo sia per via terrena che aerea, l’EAU contemporaneamente chiude l‘accesso marittimo al paese.
Il 6 giugno, in un comunicato, il gruppo Maersk informa di non essere più in grado di organizzare spedizioni da e per Doha a causa del blocco, il Qatar è così di fatto sotto quasi totale embargo. Resta aperta solo la via aerea e marittima tramite l’Iran e l’Iraq.
In risposta, Russia, Pakistan, Turchia e Iran, fanno pervenire il proprio ”velato supporto” a Doha invitando al mantenere la calma ed evitare una escalation.
In particolare Iran e Turchia mostrano maggiore apertura nei confronti dell’emirato: l’Iran aprendo alla possibilità di un ”ponte aereo” per rompere l’embargo al paese, e la Turchia approvando in parlamento la disposizione di truppe nella base militare turca in Qatar.
L’Iran inoltre condivide con Doha una immensa riserva di gas naturale, per la quale volente e nolente, Qatar e Iran hanno intrattenuto relazioni proficue economicamente parlando.
Nel mentre l’atteggiamento degli Stati Uniti è rimasto pressoché ambiguo e dà alla luce uno dei tanti paradossi e controsensi della regione medio orientale; Trump ha indirettamente accusato il Qatar di essere uno stato sponsor del terrorismo, ciononostante, gli Stati Uniti hanno la più grande base aerea della regione situata proprio nell’emiro Qatariota, la base di Al Udheid.
Angela Merkel si è espressa a favore della distensione diplomatica; il Qatar, inoltre, intrattiene buoni rapporti con alcune nazioni europee per interessi economici.
Come può la detronizzazione del Qatar avere un qualsiasi effetto negli equilibri della regione?
Il porre fine ai progetti Qatarioti nella regione potrebbe avere risvolti molto importanti, in quanto significherebbe dare un taglio ai finanziamenti che annualmente entrano nei conti della Fratellanza Musulmana, per esempio in Egitto, dove il partito islamista è da sempre in conflitto col presidente attuale Al Sisi, o negli Emirati Arabi, dove una delle varie costole della FM non è mai stata vista di buon occhio da Abu Dhabi; o in Palestina dove la ”chiusura dei rubinetti”, sarebbe un colpo mortale per Hamas; o in Siria con le decine di milizie che si ritroverebbero senza ”sponsor” e sarebbero di conseguenza più malleabili; e ovviamente nel golfo stesso, aumentando l’isolamento all’Iran che ha da sempre tenuto relazioni relativamente stabili con l’emiro Tanim.
Cambiare tutto per non cambiare nulla:
In quanto, molto probabilmente, ciò che avverà una volta contenuto il Qatar, sarà un semplice passaggio di testimone, da Doha a Riyadh, che così avrà il monopolio del terrore, permettendo di rimuovere quei ostacoli che si frappongono ad oggi, al progetto del nuovo medio oriente, in un asse di collaborazione Sunnita-Israeliano che vede la completa neutralizzazione della mezzaluna fertile sciita e di Teheran, il maggior obiettivo.
Cosa possiamo aspettarci da questa cris in evoluzione?
È difficile a dirsi ad oggi, sicuramente tutto è possibile; anche se un’eventuale azione militare da parte di Riyadh e alleati pur essendo possibile, è abbastanza utopica, almeno nel breve periodo.
Più probabile è un rientro della crisi, magari tramite un ”golpe organizzato” ai danni della famiglia reale qatariota, o più semplicemente, lasciando che il Qatar si faccia da parte e ”ammetta” di aver supportato il terrorismo negli ultimi anni. Quest’ultima opzione, oltre ad essere la più praticabile è anche quella più indolore. Ma la situazione resta fluida, impossibile prevedere cosa accadrà nei prossimi giorni.
Qualunque cosa dovesse accadere, sembra ormai chiaro, che il conflitto indiretto tra Iran e Arabia Saudita sia ormai entrato su totalmente un altro livello, forse quello più vicino a uno scontro diretto.
A deteriorare la situazione, gli attacchi terroristici che ieri hanno sconvolto Teheran, il suo parlamento e la tomba dell’ayatollah Khomeini.
articolo di Pietro DiNardo DiMaio, edit di Matteo Manera.