Si parla molto in questi giorni di chi debba considerarsi sconfitto e chi vittorioso a seguito delle elezioni amministrative di domenica (di cui abbiamo già fatto un resoconto), ed il grande errore che un po’ tutti stanno facendo è quello di tendere a considerare il M5s ormai nella sua fase discendente per via dei suoi scarsi risultati territoriali.
La verità è che chi considera il Movimento una minaccia non deve pensare di averla scampata, e chi invece lo considera il miglior partito italiano non dovrebbe darsi per spacciato. La ragione è molto semplice e risiede nella natura stessa del Movimento, che ha nel proprio DNA una vocazione poco incline alla presenza sul territorio e dunque nelle amministrazioni locali.
Da sempre l’elezione degli organi rappresentativi nelle città (in particolar modo quelle medio-piccole) è stato legato a fattori come la fiducia che la cittadinanza pone in taluni individui, la tradizione elettorale del luogo, il ruolo giocato a livello di politiche cittadine da parte delle amministrazioni uscenti e simili.
Come può un partito come il Movimento 5 Stelle riuscire ad infiltrarsi in questo gioco così ben rodato? Si tratta di un attore politico tutto sommato nuovo, dunque non dispone di un apparato presente a livello locale che abbia potuto dare prova del proprio operato ai cittadini. Anzi, a volerla dire tutta il M5S non esiste proprio a livello cittadino, non ha infatti una struttura reticolare e diffusa come quella del PD che materialmente si mette in gioco grazie ad iniziative sul territorio. L’anima grillina è stata definita in tanti modi, ma una mia definizione, per far capire bene questo concetto, potrebbe essere quella di Partito Virtuale, ovvero organizzazione partitica che come sappiamo nasce, si sviluppa e si afferma in rete, toccando al massimo lo strumento televisivo, ma mai interessato a calarsi a livello locale formando una propria struttura materiale. Definisco la sua presenza, perciò, virtuale.
Se però risulta chiaro questo, è vero anche che qualcuno, facendo un parallelismo con la “vecchia” Forza Italia, potrebbe giustamente nutrire qualche dubbio rispetto alla mia considerazione. Anche FI infatti era un partito completamente nuovo e caratterizzato da totale assenza sul territorio.
L’unico mezzo utilizzato per farsi conoscere era la televisione, una novità per la politica degli anni ‘90, che svolgeva dannatamente bene il suo compito in sede di elezioni legislative, e che ha finito per far attecchire il partito, dopo un primo periodo di difficoltà simile a quello del M5S, anche nelle amministrazioni locali. Proprio in questa considerazione sta la chiave di volta: vediamo insieme come decise di agire Forza Italia per ottemperare alle proprie mancanze e in che modo queste strategie potrebbero risultare utili ai grillini.
CARO MOVIMENTO, COME TI CAMBIO GRAZIE A BERLUSCONI
Abbiamo appena cercato di capire come M5S e il primo FI si somiglino molto in quanto a metodologie innovative di comunicazione ed assenza sul territorio. Il partito di Silvio Berlusconi è riuscito a trovare le proprie fortune anche localmente dopo aver capito, in un primo periodo, di non poter portare un partito virtuale com’era FI al successo alle amministrative senza qualche accorgimento. Berlusconi è riuscito a correggere il tiro innanzitutto grazie alla propria disponibilità (o necessità?) ad allearsi con altre forze politiche che potevano vantare una concreta presenza sul territorio.
A lungo andare infatti l’ “amicizia” con partiti come la Lega Nord o Alleanza Nazionale in qualche modo hanno pagato. Ma al di là di questo aspetto la furbizia e la fortuna dei vertici di Forza Italia è stata quella di riuscire ad attrarre personalità di spicco sul territorio che non avevano più una casa politica a seguito della morte della Democrazia Cristiana negli anni ‘90 (abbiamo parlato anche di questo). Centinaia di leader locali si sono presentati alle amministrative per conto di Forza Italia, ma prima che essere esponenti berlusconiani per gli elettori erano il Signor Rossi o il Signor Bianchi di cui tanto si erano fidati quando militavano fra le fila dei DC.
Il Movimento 5 Stelle oggi per sfondare localmente dovrebbe fare questo, dovrebbe procurarsi un apparato di persone conosciute. Ovviamente c’è da capire se e da dove si possa attingere, perché è come voler costruire un dream team di calcio ingaggiando solo svincolati, impresa assai ardua.
IL RINNOVAMENTO DEGLI STRUMENTI
Come si diceva in precedenza, un elemento fondamentale sono gli strumenti utilizzati per farsi conoscere. L’uso quasi esasperato del web come unico canale di diffusione ha pagato in certe situazioni, come le politiche del 2013, ma avrà effetti imprevedibili nel lungo termine. La prospettiva che possiamo immaginare è più rosea a livello nazionale, diventa però pessima a livello locale, dove sul martellamento mediatico ha comunque la meglio l’espressione di un voto di appartenenza e legato alle personalità locali. Gli strumenti che il M5s dovrebbe crearsi sarebbero tanti, chiaramente oltre a quanto detto nel precedente paragrafo, un elemento che spicca sugli altri è la necessità di spingere la propria fascia di elettorato (in particolar modo i giovanissimi fra i 18 ed i 25) ad un rinnovato interesse per la politica locale, dove vige forte ancora la competizione cdx/csx, una dicotomia che i millennials non riconoscono come utile alla comunità. A questo si dovrebbe affiancare un uso degli strumenti riveduto e corretto, poiché sarebbe vitale il recupero di mezzi politici considerati superati, come il volantinaggio e l’iniziativa sul territorio, per riuscire a fidelizzare un cerchia di cittadini e poi tentare di espandersi a macchia d’olio.
ROMA E TORINO, CASI ISOLATI
La fidelizzazione sul territorio è un qualcosa di estremamente difficile da attuare così, di punto in bianco, anziché tentare di fare questo si è cercato di attrarre gli elettori grazie alla forza della novità, come fatto anche alle politiche, cosa che però non efficace. I dati più che deludenti nelle varie città (dove in alcuni casi anche forze come Casapound sono riuscite a superare il Movimento) non sono da considerarsi però in controtendenza con i grandi successi della Raggi dell’Appendino.
Con Roma e Torino si aveva a che fare infatti con realtà metropolitane, di portata quasi regionale, in cui sono stati chiamati a votare milioni di elettori appartenenti a contesti sociali completamente diversi dalle piccole, medie e medio/grandi città: il rapporto fra cittadinanza ed amministrazione è molto più distaccato e più soggetto all’influenza dei mass media. Torino è in particolar modo sempre rimasta fuori da quel concetto di voto di appartenenza che caratterizza le realtà del Centro e del Sud per motivi economico-sociali che ora non posso stare a spiegare. Roma è invece di per sé un’area estremamente vasta e con una realtà amministrativa abbastanza travagliata che ci permette di definirla come caso eccezionale. Le due tornate amministrative dunque non sorprendano per le loro differenze rispetto agli attuali risultati, tutt’al più se ci si aggiunge che una parte delle città anche grandi chiamate alle urne domenica appartengono a zone del Sud storicamente caratterizzate dalla tendenza alla riconferma della classe politica vigente, come dimostra la vittoria per la quinta volta di Leoluca Orlando a Palermo al primo turno, dove secondo alcuni il M5S avrebbe potuto vincere. Si noti bene qua l’esemplificazione del rapporto della società con gli esponenti politici: Orlando ha svolto il sindaco di Palermo prima da democristiano e poi da esponente PD, e questo chiarisce come dai Palermitani esso sia visto prima di tutto come Leoluca Orlando e poi come il signor “X” del Partito Democratico.
GRILLO, DOVE SEI?
Un aspetto da non sottovalutare è l’impossibilità di Grillo di esercitare una forte influenza in sede di elezioni amministrative (come è normale che sia, sarebbe umanamente impossibile riuscire ad essere presenti ovunque per fare endorsement qua e là). Questo dato di fatto va incrociato con un altro dato, ovvero il fatto che fra gli elettori più fedeli al Movimento risulti fondamentale proprio la figura di Beppe Grillo. Secondo gli studi compiuti da Itanes a seguito delle ultime elezioni legislative fra gli elettori “identificati” addirittura il 93% di essi riporrebbe incondizionata fiducia nel comico genovese.
Il tratto leaderistico del Movimento potrebbe aver giocato un ruolo fondamentale dunque nel risultato di queste amministrative. Parlando di leaderismo non possono che venirci in mente Berlusconi e Renzi, che sono tuttavia figure sì centrali ma accompagnate da strutture più organizzate: se di Forza Italia abbiamo già parlato, del PD possiamo dire che la tendenza al leaderismo non ha cancellato anzi si è integrata ad una visione del partito calato nel territorio e nelle amministrazioni.
NON CANTATE VITTORIA!… OPPURE SI?
Chiunque gridi alla sconfitta grillina non deve fare l’errore di proiettare questa sul piano nazionale, perché semplicemente non avrebbe senso, se si è capito quanto detto fino ad ora.
Tuttavia non è scontato che non possa esserci un’influenza di questo risultato nei confronti del dato nazionale, che potrebbe lievemente vacillare. I grillini dovrebbero guardarsi bene dal continuare ad intraprendere una strada che non porta frutti sul piano territoriale, perché a lungo andare saranno i partiti che riescono a ricostruirsi una dignità sul territorio che potranno puntare a crescere anche a livello nazionale, non viceversa. Sebbene il Movimento 5 Stelle possa ancora dormire sonni tranquilli, dovrebbe passare qualche notte in bianco a rivedere certe proprie strategie. Oltre a questo, il perseverare sugli strumenti virtuali per attirare la popolazione potrebbe perdere efficacia nel lungo periodo.
Un elettorato poco fidelizzato è un elettorato che prima o poi abbandona la barca, ed i risultati potrebbero rivelarsi meno positivi del previsto anche sul piano nazionale. Gli stessi risultati del 2013, al netto dell’incredibile 25% ottenuto, non sono poi così esaltanti, dato che secondo quando riportato da Itanes solo il 37% degli elettori dichiarava di aver deciso in largo anticipo la propria intenzione di voto, contro il 57% degli elettori del PDL ed il 58 del PD. Si denota bene la fedeltà traballante degli elettori. Solo il 32% degli elettori di Grillo dichiarava inoltre di aver usato internet per informarsi, questo a riprova del fatto che lo “zoccolo duro” internauta del M5S potrebbe rivelarsi come irrisorio in futuro se non stimolato da ulteriori mezzi di diffusione. Le sfide che attendono i grillini, dunque, saranno più ardue del previsto!
di Stefano Ciapini