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Balcanizzazione del PD: correnti in lotta

Francesco Nicodemo (s), delega alla cultura, e Chiara Braga, delega all'Ambiente, durante l'Assemblea nazionale del Pd a Milano, 15 dicembre 2013. ANSA/MOURAD BALTI TOUATI

BALCANIZZAZIONE DEL PD: CORRENTI IN LOTTA

Breve analisi delle dinamiche interne al Partito Democratico alla vigilia della direzione.

L’UNIONE ETEROGENEA

Nelle ultime ore le principali testate del panorama giornalistico italiano si stanno preparando per l’attesa direzione del Partito Democratico, che si terrà oggi 13 febbraio a Roma. Mentre voci di possibili dimissioni dell’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi dalla carica di segretario si fanno sempre più forti, un possibile congresso per la scelta del nuovo segretario e candidato al premierato viene auspicato dalla minoranza del PD, in un tentativo di spodestare il leader “rottamatore” che però va avanti da ben prima del referendum del 4 dicembre.

Nato nel 2007 dall’unione dei Democratici di Sinistra, della Margherita, e da altri partiti del centro-sinistra, il Partito Democratico è l’unione eterogenea degli eredi della Democrazia Cristiana e del Partito Comunista Italiano. Nonostante una serie di valori condivisi da tutto il Partito, le divisioni interne non hanno tardato a farsi sentire in più occasioni, soprattutto negli ultimi anni, dalle discussioni sul ddl Cirinnà fino al referendum costituzionale del 4 dicembre, avendo come oggetto proprio le scelte del presidente del Consiglio Renzi.

Con l’addio di Renzi a Palazzo Chigi, i partiti dell’opposizione hanno iniziato a chiedere nuove elezioni, mentre la minoranza del PD – rappresentata proprio dalle correnti in disaccordo con i renziani – ha richiesto un congresso per la scelta del nuovo segretario di partito. Bersaniani e dalemiani, Cattodem e Giovani Turchi, sono solo alcune delle correnti della galassia del PD, che nel clima di balcanizzazione del centro-sinistra cercano la ribalta.

LE DINAMICHE DALLE PRIMARIE DEL 2013

Le primarie 2013 hanno visto il delinearsi di alcune aree di sostegno al candidato Gianni Cuperlo: i sostenitori di Bersani a seguito dello stesso Segretario uscente, la corrente dei Giovani Turchi e l’Areadem di Franceschini hanno tutti dato il proprio endorsement all’oppositore di Renzi, assieme all’ex segretario diessino D’Alema. Ma a ben poco è servita la coalizione di Cuperlo, di fronte al 67,55% del sindaco di Firenze. Arrivato secondo con il 18,21%, Cuperlo supera di quattro punti percentuali Giuseppe Civati, che si discosterà successivamente dalle decisioni del segretario/premier, optando per la fondazione del proprio partito, “Possibile”. I Civatiani ancora rimasti nel PD non rappresentano però una vera minaccia per la maggioranza, nonostante il risultato di voto alle primarie del 2013, in quanto ormai ridotti ad un numero esiguo.

In seguito alla vittoria della corrente renziana, i Giovani Turchi e Areadem sono migrati sotto l’ala protettrice del neo-eletto segretario, abbandonando Cuperlo, che fonda l’anno successivo la sua corrente: Sinistradem. I renziani rappresentano in questo momento una grande fetta del PD, e sono in rapida ascesa.

Durante il Governo Renzi, le discussioni attorno al ddl Cirinnà hanno fatto emergere una nuova corrente, quella dei Cattodem: esponenti provenienti dalla Democrazia Cristiana/Partito Popolare Italiano, si sono opposti alla proposta di legge. Successivamente si sono omologati alla maggioranza, rimanendo comunque in allerta in attesa del voto su temi eticamente sensibili.

Principale sfidante al congresso 2017 (che dovrebbe avere luogo in autunno, alla scadenza del mandato Renzi) dell’ex Premier, è il bersaniano Roberto Speranza. Sostenitore di Cuperlo nel 2013, la sua corrente – Sinistra riformista – si è schierata per il NO al referendum costituzionale di dicembre 2016, ed è contraddistinta da un forte antirenzismo, sopravvissuto anche alla promessa di cambiamento dell’Italicum.

A suo tempo anche lui sostenitore di Cuperlo, D’Alema – dopo aver spinto per il NO al referendum di dicembre – minaccia la scissione dal partito, profetizzando la costituzione di una nuova lista che, secondo i suoi sondaggi, raggiungerebbe il 10%.

Protetti dal leader Renzi ed esponenti dei Giovani Turchi sono il presidente del Partito Democratico Matteo Orfini e il Ministro della Giustizia Andrea Orlando. Assieme alla corrente del Ministro Martina, Sinistra è cambiamento, e all’Areadem di Franceschini, rappresentano un asse formidabile, che potrebbe dare filo da torcere all’ala renziana. Osteggiati però dalla Sinistra riformista di Speranza, dovrebbero appoggiare Renzi ad un possibile congresso; in un’intervista all’Huffington Post, il Ministro Orlando ha recentemente augurato al PD un Bad Godesberg (quartiere di Bonn dove venne riorganizzato il SPD tedesco), ovvero un ricambio di ideali e di riferimenti culturali.

Le idee dei Giovani Turchi rappresentano quelle socialdemocratiche classiche, differentemente da quelle più vicine alla sinistra democristiana di Franceschini.

Ultimo frammento del PD è quello degli outsiders: così definiti per l’assenza di una fazione ben definita, fanno parte di questo schieramento il socialista Enrico Rossi, presidente della Toscana, e una serie di presidenti di regione del Meridione, tra cui spiccano De Luca ed Emiliano.

Già candidato alla carica di segretario, Enrico Rossi rappresenta una delle correnti più a sinistra del PD. Ha sostenuto il SÌ al referendum del 4 dicembre nella regione Toscana, dove, lo ricordiamo, il referendum di Renzi ha vinto con il 52,5%, osteggiando però il governo dell’ex sindaco di Firenze in alcune riforme, come sul precariato per quanto riguarda il Jobs Act o la politica fiscale di Renzi, i cui bonus e la cui defiscalizzazione non hanno modo di ridistribuire la ricchezza.

Schierato per il NO al referendum costituzionale di dicembre, e per il SÌ a quello abrogativo di aprile, il presidente della Puglia Michele Emiliano ha mantenuto fino a questo momento una politica anti Renzi, accentuata nell’ultimo periodo in vista del congresso PD. Appoggiato sia da Emiliano che da De Luca alle primarie del 2013, l’ex premier Renzi ha raggiunto ottimi risultati nel Mezzogiorno durante la campagna elettorale per la carica di segretario, ma è chiaro che ormai entrambi gli elementi si siano distaccati dal “comitato centrale” del partito, optando per la sfida al congresso (nel caso di Emiliano) o alla probabile uscita dal partito (nel caso di De Luca).

L’espressione “balcanizzazione” indica la frammentazione di una particolare realtà, riprendendo direttamente il fenomeno avvenuto dagli anni ’90 fino al 2008 nell’ex Jugoslavia; ed è proprio ciò che sta accadendo nel Partito Democratico: una serie di fratture interne che possono soltanto aumentare il clima di divisione, con il rischio di danneggiare il partito e l’intero centro-sinistra alle prossime elezioni politiche. La necessità di una guida forte per il partito di governo è ora più importante che mai, se desidera continuare a governare il paese.