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Le Associazioni di Plaza de Mayo: antropologia socio-politica di un movimento


“Si renderà conto che abbiamo fatto cose peggiori dei nazisti.”  -Capitano della Marina Militare argentina Adolfo Scilingo al giornalista Horacio Verbitsky

Dal 24 Marzo 1976 fino al 1983, l’Argentina è stata vittima di un regime militare autocratico che ha portato alla sparizione di circa 30’000 dissidenti. La violenza si perpetrava sotto forma di tortura in numerosi campi di internamento sparsi per il paese; la vita quotidiana era costantemente minacciata da atti persecutori e prevaricazioni. Il paese era diviso tra una paura visibile e percepita che generava negazionismo, e un collettivo stato di paralisi che si risolveva in autocensura e omertà. “El silencio es salud” o “ Por algo serà” erano infatti ricorrenti motti giustificazionisti tra la popolazione, ormai rassegnata alla cieca obbedienza. La popolazione era soggiogata tramite pratiche di violenza fisica e istituzionale; le pratiche della cosiddetta ‘Junta’ imponevano un oblio forzato per cancellare la memoria collettiva attraverso un crescente silenzio omertoso.

In questa situazione, però, accanto alle politiche di oblio pubblico del regime crebbero anche nuove forme di resistenza. La prospettiva delle vittime è stata infatti, il mezzo più rilevante per la ricostruzione della memoria sociale del paese; i militari facevano sparire le tracce dei ‘Desaparecidos’, annichilendo ogni possibilità di recuperare la loro memoria. Questa strategia, però, produsse l’esatto opposto di politiche di oblio, inducendo paradossalmente alla nascita di fazioni e movimenti di resistenza ideologica volta a riprendere e difendere la memoria e la libertà in un paese in cui ogni speranza democratica sembrava irraggiungibile.

While oblivion is a precept, an order, a commandment, the result is, in any case, the opposite of the one sought for. The prohibition of memory becomes its indelible trace” -Daniel Vinar Ulriksen

Sin dai primi anni del regime, le prime a contestare il ‘silenzio salutare’ furono le donne, che sfidarono le istituzioni e le leggi dello stato del terrore. Esse furono le prime a farsi carico dell’importanza della memoria, sfruttando la loro posizione sociale di minore rilevanza per organizzare delle pratiche di resistenza tenace che, nonostante una debolezza organizzativa evidente, si dimostrò difficile da neutralizzare; nacquerò cosiLas Madres de la Plaza de Mayo. Fino a quel momento, il ruolo femminile nella società argentina era stato fortemente confinato alla casa e all’educazione dei figli. La femminilità era infatti, strettamente associata alla sfera privata, mentre il ruolo dell’uomo era destinato all’ ambiente pubblico, al panorama politico-economico, al bene comune e all’autorità familiare. Le Madri de la Plaza de Mayo decostruirono l’immagine tradizionale di donna argentina e ridisegnarono il concetto popolare Marianista, secondo il quale la purezza femminile evoca una superiorità morale della donna sull’uomo; secondo l’antropologa Norma Fuller, il Marianismo vedeva l’idealizzazione della Vergine Maria che veniva accostata alle madri/donne a causa della loro grande forza spirituale, e spesso questo simbolo è stato associato alla nazione (in parte anche ripreso dalla figura populista di Eva Peron).

Le Madri de la Plaza de Mayo sfruttarono la figura sociale promossa dal regime per creare una nuova concezione della donna. Difatti, lo stile di vita di molte donne cambiò, e la donna argentina da figura marginale divenne un soggetto politico-sociale attivo.

Si prese coscienza del fatto che che la lotta individuale non avrebbe portato ad ottenere una risposta utile al raggiungimento della verità e la giustizia che le madri auspicavano di ottenere; per questo, di fronte alla Casa Rosada (storica sede dell’esecutivo argentino), nacque il movimento delle Madri de la Plaza de Mayo, un associazionismo che attribuiva una valenza simbolica alla collettivizzazione del dolore, e predicava una resistenza tenace che partiva dall’estremizzazione della perdita di un figlio da parte di una madre. Tale movimento sferrò un fortissimo attacco al potere dittatoriale e il suo simbolico ordine sociale attraverso una forte denuncia della violenza e la creazione di una contro-resilienza, che mirava a impedire la cancellazione dei desaparecidos dalla memoria popolare.

La sede dell’esecutivo argentino Casa Rosada affacciata su Plaza de Mayo

Dopo la caduta della giunta con Leopoldo Galtieri, si presentò quasi subito un acceso dibattito riguardante il numero ufficiale di deceduti/scomparsi a causa del Proceso de reorganizaciòn nacional. Come sottolinea la politologa Alison Brysk, numerose forze politiche e sociali hanno manipolato dati sui desaparacidos cercando di ridurne i numeri. Il report del CONADEP (Comisiòn Nacional sobre la Desapariciòn de la Personas), commissione istituita dal governo Alfonsin nel dicembre del 1983 per investigare sulle violazioni dei diritti umani da parte del governo militare, riportò circa 8960 casi, mentre dal report Nunca Màs risultò che circa 30’000 persone erano state arrestate e detenute, molti delle quali sono state giustiziate, e più di 1.500.000 persone furono indotte all’esilio per scampare alle persecuzioni.

Con il tempo, la produzione comunicativa e la stabilizzazione della memoria dei desaparecidos ad opera del movimento delle madri argentine si è rafforzata e modernizzata. L’associazione ha seguito cambiamenti culturali e tecnologici di modernizzazione, mantenendo però elementi simbolici consolidati nei loro primi anni; ogni giovedì in Plaza de Mayo, ad esempio, le Madri camminano in cerchio, un gesto che simboleggia la loro incessante ricerca di giustizia. Una volta ogni anno, inoltre, le Madri ritagliano e dipingono le silhouette dei loro figli, che poi applicano su palazzine e mura circondanti le città. Quest’atto di accusa è volto a ricordare alla società argentina dello strano connubio tra presenza e, allo stesso tempo, assenza di un’ intera generazione.

Attraverso la riappropriazione degli spazi pubblici, come musei, parchi e biblioteche le pratiche sociali di memoria delle Madri hanno saputo riempire i vuoti che la storia ufficiale ha lasciato, rivelando la farraginosità istituzionale e giuridica argentina, che ha ancora evidenti difficoltà a fare i conti con il proprio passato.

A Buenos Aires, ci sono oggi due luoghi principali che sono diventati il simbolo della memoria dei desaparecidos: lo spazio della memoria all’interno della ESMA (ex centro di detenzione e tortura) e il parco della memoria vicino al Rio de la Plata (il grande fiume dove molti cadaveri di prigionieri furono scaricati). Nonostante i due spazi siano stati donati dal governo argentino all’associazione, le madri si sono sempre opposte all’idea di incidere i nomi dei desaparecidos in questi spazi, poiché ciò significherebbe seppellire ideologicamente i loro figli e la loro causa, assolvendo le forze armate e lo stato dalle loro colpe.

Il 22 ottobre 1977, nacque un altro movimento: las Abuelas de la Plaza de Mayo. Il principale obiettivo di questa associazione era, ed è stato per 30 anni, la ricerca e il ritorno di tutti i bambini rapiti e scomparsi durante il periodo di repressione politica alle proprie famiglie.

Sin dall’inizio, la attività delle abuelas si articolava intorno a tre punti principali: inviare richieste collaborative alle autorità governative (sia nazionali che internazionali), condurre investigazioni personali e facilitare collaborazioni con la società civile. Il ritorno dei minori era e continua ad essere un’ operazione complessa, con numerose conseguenze a livello psicologico su giovani; questi ultimi, infatti, scoprono che le persone che credevano essere i loro genitori biologici sono in realtà i rapitori che li hanno privati del loro diritto all’identità. Qualora i minori siano diventati adulti, i processi di identificazione sono conseguentemente più difficili. Conoscere la verità richiedeva un supporto psicologico e un trattamento che le pratiche giuridiche inizialmente ignoravano; in più la cosiddetta “seconda sparizione” iniziava con famiglie di ex militari responsabili del rapimento di bambini che fuggivano in altri paesi per evitare ripercussioni giudiziarie. Identificare questi individui divenne più difficile, si passò, quindi, dal cercare il riconoscimento individuale attraverso procedure penali, alla lotta per il riconoscimento del diritto di identità, cercando un sostegno nel sistema legale.

Come riporta Moretti, nacquero le “quattro divisioni” all’interno dell’associazione: la divisione di investigazione (in cerca dei “Nietos desaparecidos”), la divisione genetica (che cercava di verificare l’identità attraverso analisi del sangue), la divisione giuridica e, infine, quella psicologica (di supporto per le vittime di rapimento). Dopo alcune negoziazioni derivanti dalle pressioni delle Abuelas sulla commissione delle Nazioni Unite durante la stesura della bozza della Convenzione sui diritti dell’infanzia (approvata nel 1989), gli articoli 7,8 e 11, definiti “articoli argentini”, ratificarono giuridicamente l’esistenza e la salvaguardia del diritto all’identità; diritto che ogni bambino vede garantito alla nascita, assieme al diritto di crescere con la propria famiglia biologica. L’adozione della convenzione, dunque, rappresentava un punto di svolta epocale per una varietà di ragioni. Prima di tutto perché i minori passarono dall’essere considerati soggetti passivi, che necessitavano protezione, a soggetti attivi ed esercitanti i propri diritti; in secondo luogo poiché, da quel momento, questa legislazione obbligava gli stati ratificanti (tutti eccetto gli Stati Uniti ad oggi) a rispettare e proteggere tale diritto.

La conoscenza di nomi e date non era abbastanza; perciò le Abuelas hanno anche deciso di partecipare in un progetto di ricerca dell’università di Buenos Aires sulla ricostruzione dell’identità delle persone scomparse, contribuendo alla creazione dell’ Archivio Biografico Familiare delle Abuelas de Plaza de Mayo nel 1998. I ricercatori elaborarono un archivio biografico per ciascuno dei minori. L’archivio è composto da sezioni di supporto orale (interviste registrate), scritto (interviste trascritte) e fotografico. Ad oggi, circa 110 Nietos Desaparecidos sono stati identificati.

Le risposte governative sulle queste problematiche sono state intermittenti; il governo Alfonsin della Union Civica Radical si dichiarò subito intenzionato a far luce sugli abusi del regime, ristabilendo il principio dello stato di diritto attraverso organi come il CONADEP. Ciononostante, questa politica fu gradualmente sostituita da diversi tentativi di eliminare e nascondere l’accaduto. Inizialmente, molti esponenti delle forze armate e politici della Junta furono condannati, le successive leggi del “Punto Final” e “Obediencia Debida”, però, impedirono alla corte di riprendere i processi, arenandoli.

In tempi più recenti anche l’ex governo di centro-destra del presidente Macri ha perpetuato l’impunità dei torturatori dell’epoca attraverso il crescente sentimento negazionista. La battaglia macrista contro il dramma dei desaparecidos è stata dura ed aspra, con chiare e forti dichiarazioni: “Il macrismo ha un chiaro obiettivo: la cancellazione della memoria”, cosi dichiarò Victoria Montenegro, figlia di due militanti uccisi dalla dittatura.

Numerose difficoltà legali e giuridiche continuano a impedire che l’intera verità possa venire a galla; le azioni delle Madri e delle Abuelas, però, continuano a influenzare pesantemente la scena politica argentina e internazionale, rimandando al forte concetto di comunitarismo, e alla condivisione del dolore sul quale questo movimento è nato.

Appare dunque chiaro quanto il ruolo dei movimenti di Plaza de Mayo sia stato fondamentale per la ricerca di una verità oscurata a lungo dalla politica di erosione della memoria, dagli atti di violenza del regime e dalla omertà ostinata.

Le donne di plaza de mayo hanno cercato di decostruire questo attraverso un ‘azione socio-politica in cui le donne hanno abbracciato i valori tradizionali patriarcali passivi della società argentina per poi ridefinire la figura della donna attraverso un ‘azione socio-politica attiva, trainata unicamente dal sentimento del dolore per la scomparsa dei figli e da un’istanza ossessiva di verità.

Le donne di plaza de mayo si affermano, dunque, fortemente come una delle più importanti spinte di emancipazione socio-politica femminile non-femminista del secondo novecento.


RIFERIMENTI

Asociacion Madres de Plaza de Mayo (2019). Nuestras consignas cargadas de principios . Available at: http://madres.org/index.php/consignas/ 

Asociation Abuelas de Plaza de Mayo (2019). Abuelas and justice . Available at: http://abuelas.org.ar/idiomas/english/legal.htm.

at: https://www.ohchr.org/en/professionalinterest/pages/crc. aspx

Brysk, A. (1994) The Politics of Measurement: The Contested Count of the Disappeared in Argentina

Fuller, Norma. «Acerca de la polaridad marianismo machismo.» En: Lo femenino y lo masculino: estudios sociales sobre las identidades de género en América Latina, de Gabriela Arango.

Moretti I. (2002), I figli di Plaza de Mayo. Milano: Sperling & Kupfer Editori.

United Nations Human Rights (1989) Convention on the Rights of the Child 44/25 of 20 November 1989. Available

Vinar M. and Vinar U. (2001), Dal Sudamerica: terrorismo di Stato e soggettività, in M. Flores, Storia, verità e giustizia. I crimini del XX secolo. Milano, Mondadori.