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Next Generation EU – Un salvataggio per l’Equità


Il 2020 è stato un anno molto difficile, monopolizzato per la maggior parte del tempo da un unico tema fondamentale: il COVID-19.


Se proviamo a fermarci un attimo a pensare a cosa un piccolo e invisibile virus sia stato in grado di generare a livello mondiale, ci rendiamo immediatamente conto di quanto il nostro sistema sociale, sanitario ed economico sia stato per moltissimi anni caratterizzata da una fragilità unica.

Certo possiamo affermare che la sanità ha dimostrato in parte di essere molto rapida nei cambiamenti e nella ricerca di soluzioni efficaci. Purtroppo non possiamo parlare solamente di crisi sanitaria. Esiste un’altra faccia della medaglia che questo virus ha scatenato.


Una crisi economica che si cela dietro moltissimi aspetti, passando dai chiari shock negativi sull’economia reale, fino alla complessità degli effetti generati sull’economia finanziaria a livello globale. Per riuscire a comprendere in modo abbastanza semplificato che cosa stia accadendo all’economia in questi difficili mesi, concentriamoci su ciò che ci è più vicino, l’Europa. Next Generation EU”, o Recovery Fund, è il piano senza precedenti storici che l’Unione Europa ha previsto per stimolare una ripresa economica. Si tratta del più ingente pacchetto di misure di stimolo mai finanziato dall’EU. Se consideriamo il bilancio a lungo termine e il piano di Next Generation, ammonta a 1800 miliardi di euro il totale stanziato per ricostruire l’Europa dopo la pandemia COVID-19.


Il Recovery Fund è quindi un meccanismo europeo per la ripresa approvato, dopo quattro giorni di negoziato, dal Consiglio europeo straordinario del 21 luglio. La Ue incrementerà il bilancio su base temporanea tramite nuovi finanziamenti raccolti sui mercati finanziari per un ammontare pari a 750 miliardi di euro (390 di contributi a fondo perduto e 360 di prestiti).
Come proposto nel maggio 2020 e concordato dai leader europei il 21 luglio 2020, l’Ue, per finanziare la ripresa, assumerà prestiti sui mercati finanziari a costi più favorevoli rispetto a molti Stati membri e ridistribuirà gli importi.


L’Italia conterà su 65.456 miliardi di sovvenzioni a fondo perduto: il 70% delle allocazioni delle risorse, cioè 44.724 miliardi, è riferito agli impegni per progetti 2021-2022, il resto, cioè 20.732 miliardi, è riferito agli impegni relativi al 2023. Nel complesso la “quota” italiana è di circa 209 miliardi ripartiti in 81,4 miliardi in sussidi e 127,4 miliardi in prestiti.


Cerchiamo ora di capire come nella pratica questa immensa somma di risorse economiche potrà essere impiegata per raggiungere obiettivi di reale ripresa economica.


I governi dovranno inviare alla Commissione Europea i “Piani di ripresa e di resilienza” entro fine aprile 2021. L’esecutivo italiano ha anticipato che l’obiettivo è quello di inviarlo prima di quella scadenza, all’inizio del prossimo anno. Una volta presentato il piano, l’Unione Europea avrà a disposizione fino a 8 settimane per esaminare e approvare le proposte di ogni Paese.


La Commissione Europea ha definito delle “linee guida” che i governi dovranno prendere in considerazione nella stesura dei piani. Tra i criteri principali, la sostenibilità ambientale (in linea con l’European Green Deal, qua ben spiegato), la produttività, l’equità e la stabilità macroeconomica. La Commissione europea ha proposto che almeno il 20% degli investimenti provenienti dal Fondo per la Ripresa vada a finanziare la transizione digitale.


Per il momento il nostro Governo ha deciso, con la realizzazione di un “Recovery Plan”, le porzioni distributive di risorse che andranno nei vari settori economici in chiava presente e di lungo periodo.

A settembre il governo italiano ha approvato e inviato al Parlamento le linee guida su cui si baserà il piano nazionale di ripresa e resilienza, con gli obiettivi e le riforme di ampio respiro che si intendono attuare.

Le linee guida sono distribuite su sei macro aree: digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica e rivoluzione verde, infrastrutture per la mobilità, istruzione e formazione, equità e inclusione sociale- territoriale, salute.
Un piano che passa dallo sviluppo del 5G, al miglioramento dello sfruttamento delle risorse naturali; da un piano di infrastrutture ad alta efficienza a un piano di equità con inclusione sociale e territoriale. Tutti aspetti fondamentali per una ricrescita/crescita, che vedono però il loro punto fondamentale nel tema dell’Equità.

La pandemia che ci ha colpito così duramente non ha minato soltanto la nostra struttura sanitaria ed economica, ha avuto ripercussioni drammatiche anche sulla struttura sociale di ogni paese. L’Italia, come ogni paese, ha visto al proprio interno un aumento repentino delle diseguaglianze. Il nostro paese è sempre stato soggetto di un dramma socioeconomico molto importante, il così detto “problema della forbice”. Da un lato abbiamo una parte della popolazione che si è arricchita sempre di più, aumentando la propria disponibilità di risorse. Il problema delle risorse è che sono limitate, ed ecco quindi l’altro lato della forbice, quello che aumenta di dimensioni sempre maggiori, quello che risente maggiormente di uno shock causato da un “Cigno Nero” come una pandemia. Il lato della povertà.

Ricchezza e povertà sono temi che non vanno d’accordo con l’identità più profonda del concetto di Equità. Pensando a questi due estremi capiamo come l’eguaglianza sia il tema che riempie lo spazio tra ricchezza e povertà, l’equità è l’idea che permette di dare pari diritti e soprattutto, pari opportunità. In un paese in cui per più di 20 anni si è tanto sentito parlare di eguaglianza e poco di equità, questa forbice ha lentamente iniziato a divorare il tessuto sociale, fino all’arrivo di un virus che ha sferrato un attacco così forte da non rendere più invisibile un problema così grande. Ora il problema è ancora più complesso di quanto possa sembrare.

L’Italia nei prossimi anni dovrà saper sfruttare questa ingente somma di denaro, che arriverà progressivamente, non soltanto per riuscire a rafforzarsi in quei settori, come green e infrastrutture, in cui per anni ha sempre rincorso gli altri Paesi Europei, ma dovrà soprattutto saper gestire un divario sociale, una disparità territoriale, con molteplici conseguenze. Dalla sanità, al livello di reddito pro capite medio, la nostra nazione è divisa non soltanto in una banale classificazione NordSud, ma da una seria e profonda divisione strutturale che abbracci tutto lo stivale.

Il Recovery Plan avrà e ha come obiettivo principale quello di incrementare 6 macro-aeree che abbiano come scopo finale quello di rendere il nostro Paese, nel più breve tempo possibile, avanzato non solo dal punto di vista tecnologico ed ecologico, ma dal punto di vista di giustizia sociale, di una redistribuzione delle risorse innovativa che permetta di colmare i nostri divari. Ogni grande evento della Storia, positivo o negativo, ha portato a un cambiamento, è inevitabile.

La Seconda Guerra Mondiale ha permesso all’Italia di ricostruire le proprie fondamenta su un sistema più evoluto, il quale ci ha permesso di crescere come non mai. Questa pandemia è chiaramente un evento catastrofico non soltanto per l’Italia o per l’Europa, ma per l’intero mondo. Da qui però c’è l’esigenza e il dovere di ricostruire e costruire qualcosa di nuovo e migliore. Ecco forse per quanto concerne l’Europa potremmo definire questo piano di recupero non soltanto un salvataggio, ma la possibilità di avere delle risorse per costruire qualcosa di migliore per tutti noi.


Non sarà facile rispettare tutte le linee prefissate dal Recovery Plan e i tempi di attesa sono ancora molto lunghi. Quello che sappiamo ad oggi è che, in questi giorni, il Governo Conte ha deciso di creare una struttura piramidale che dovrà vigilare sull’execution del Piano di Recupero, cioè sulla capacità di spendere (e soprattutto spendere bene) i 209 miliardi che il piano Next Generation EU ha messo a disposizione dell’Italia e che il Belpaese spenderà secondo le linee indicate nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.


Al vertice della piramide ci sarà naturalmente il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, affiancato dai membri del Comitato interministeriale per gli Affari europei (CIAE) in cui avrebbero una posizione di rilievo i ministri Stefano Patuanelli (Ministero dello Sviluppo Economico) e Roberto Gualtieri (Ministero dell’Economia e delle Finanze). Sotto questa struttura dovrebbero poi arrivare sei “funzionari”, ovvero sei manager, che siano in grado di occuparsi di ognuna delle sei macro-aree previste dal Recovery Plan.


La vera domanda è: tutto questo sarà in grado di portare il nostro paese e l’intera Europa su dei livelli di equità e giustizia sociale degni di un futuro migliore?