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Un sistema per tutti: l’economia del benessere


“Il sole risplende per tutti”. Petronio. 2000 anni fa.

L’essere umano ha sempre cercato durante la sua evoluzione di crescere sotto tutti i punti di vista: conoscenza, apprendimento, scoperta del mondo circostante. Proprio da qui, senza neanche rendersene conto, ha creato un sistema complesso in cui ogni individuo ha la libertà di scegliere se ottenere o rinunciare a qualcosa. Il tradeoff più importante da sempre. Ovviamente ogni sistema complesso che si crea deve essere controllato, studiato e analizzato al fine di funzionare nel modo più corretto ed efficace possibile. Il termine con cui identifichiamo un sistema che agisce con massima stabilità nel suo punto di equilibrio è “efficiente”. L’efficienza è sempre stata l’obiettivo principale perseguito da un sistema economico e sociale.

Tuttavia, l’uomo ha un’indole dentro di che lo ha sempre spinto a migliorare non soltanto la propria vita, ma quella di tutto il genere umano nel suo complesso. Dalla presa di consapevolezza di questo obiettivo si è iniziato a parlare non più solo di efficienza, ma di un qualcosa di molto più grande: l’equità, conosciuta anche come giustizia sociale.

ECONOMIA POSITIVA E NORMATIVA

L’economia si è sempre divisa sotto due punti di vista differenti, due punti di vista che definiscono due processi di analisi differenti di un sistema economico: l’analisi positiva e l’analisi normativa. Per “economica positiva” intendiamo quella branca dell’economia che si concentra nel determinare l’effettivo comportamento tenuto dai soggetti economici, su ciò che effettivamente avviene nella realtà. L’ “economica normativa”, invece, si intende lo studio del comportamento che i vari soggetti dovrebbero tenere per raggiungere determinati obiettivi

Amartya Sen, economista indiano, è stato un punto di riferimento e di partenza nella svolta alle ipotesi della cosiddetta economia del benessere. L’economia è in costante ricerca di un’efficienza all’interno del mercato che permetta di produrre e offrire tutto ciò che il sistema può garantire; con l’economia del benessere siamo passati al concetto di equità, che mira al raggiungimento della giustizia sociale, intesa come equa redistribuzione delle risorse. La critica di Sen parte proprio da qua, il premio Nobel contrasta l’idea secolare per cui la qualità della vita e l’equità sociale siano misurabili soltanto da indicatori della disponibilità di beni materiali (ricchezza e reddito), bensì ci si dovrebbe soffermare anche su tutte quelle esperienze di vita che attribuiscono un valore positivo a un individuo. Celebre la frase di Sen per cui “l’homo oeconomicus è un folle razionale”, affermazione forte in quanto contrastante una delle ipotesi più portanti di un sistema economico Warlasiano, in cui il soggetto economico, ossia l’individuo, persegue un unico interesse privato in grado di massimizzare la propria utilità.

Sen ritiene che questa sia una visione troppo riduttiva per riuscire a descrivere un essere così complesso, e si rischierebbe di aprire un differenziale enorme tra quello che rappresenta l’uomo reale e l’uomo economico, il cui obiettivo sarebbe quello di essere un’approssimazione corretta del comportamento di un individuo. A sostegno della tesi di Sen, che pone un soggetto economico molto più complesso del classico individuo razionale per anni posto alla base dell’analisi delle scelte razionali, abbiamo la forte critica spinta nei confronti della Teoria Utilitarista. Secondo quest’ultima ogni individuo persegue la propria utilità privata e dalla somma di ognuna di queste deriva un incremento dell’utilità sociale, si lega quindi il benessere sociale all’aggregazione dei singoli benesseri individuali. Secondo Sen, perseguendo questa teoria, l’essere umano diventerebbe “un tramite per progetti collettivi” perdendo così l’identità degli individui coinvolti. Da qui verrebbe meno la singolarità di ogni soggetto che rende eterogena la collettività.

Secondo queste idee l’analisi di un’economia basata su un approccio positivo sarebbe quindi pervasa da un ingente quantità di errori; abbiamo sempre posto come idea alla base delle scelte razionali la massimizzazione dell’utilità individuale, variabile in base a delle preferenze razionali, preferenze che per Sen sono estremamente limitate in quanto non si esplica l’idea che ogni individuo ha bisogni differenti e soprattutto li esprime in modi diversi. Da qui l’idea che una visione utilitarista del benessere sociale porterebbe un maggior guadagno solo ai soggetti più benestanti.

COSA SPINGE UN UOMO?

Riprendendo il pensiero del filosofo-economista Amartya Sen, il comportamento di un individuo dipende principalmente da tre motivazioni:

Interesse personale, per cui ci si interessa esclusivamente al benessere personale, unica motivazione presa in considerazione da un’economia Warlasiana;

Simpatia, passaggio evolutivo rispetto al primo motore della ricerca del benessere, con “simpatia” intendiamo la propensione di una persona a condividere, ad avere interesse, a creare benessere non solo per sé stesso, ma anche nei confronti di un’altra persona;

Impegno, la creazione di una relazione di fiducia che spinge l’uomo a credere nell’impegno della collettività e a perseguire una forma di benessere sociale.

Sen in questo modo esce completamente dalla classica teoria delle scelte razionali, andando a criticare i pilastri portanti dell’economia del benessere, la prima branca economica che ha dato valore non solo all’efficienza di un sistema economico, ma anche alla sua equità in modo da ottenere una forma di giustizia sociale che riduca al minimo ogni forma conflittuale. Abbiamo visto che il contributo di Sen, divenuto noto con la pubblicazione del suo libro “Etica ed Economia”, ha dato una spinta importantissima verso nuovi approcci all’analisi delle scelte individuali delle persone, le quali sono la base per il raggiungimento di un benessere sociale. L’economia ora più che mai è aperta a nuovi metodi di analisi che cercano di “aggiustare” tutti quei difetti presenti nei modelli economici dovuti all’irrazionalità, a quelle componenti che non sono misurabili ma solo osservabili e in primis: il comportamento umano; legare ogni azione umana con un filo di razionalità è probabilmente la scelta migliore nella costruzione di un modello, la più corretta nel poter determinare un condizione di efficienza in un mercato, ma presenta il grande limite di non riuscire a spiegare in che modo sia possibile raggiungere uno stato di giustizia sociale in cui prevale l’equità e non l’uguaglianza, in cui ogni individuo ha a disposizione risorse, materiali o immateriali che possano rendere massimo il proprio benessere, portando così ad essere massimo anche il benessere sociale.

D’ora in avanti sarà lo scopo dei ricercatori modellizzare e rendere sempre più concreto, anche a livello teorico, il comportamento umano in tutte le sue forme, giungendo così ad un ipotetico punto in cui sarà realmente identificabile uno stato sociale di benessere collettivo. Pensiero utopico certamente, ma non così impossibile da raggiungere se pensiamo che idee come libertà ed equità sono presenti nel gene umano da più di duemila anni: “Il sole risplende per tutti”.