L’Europa è naufraga tra le onde di un mare sempre più in tempesta.
L’oggi è uno stato permanente di insicurezza e precarietà.
La società europea ha vissuto, per due secoli, immersa nel bellissimo mito dell’uomo onnipotente costruttore della propria storia, oggi è passata al mito inverso dell’uomo impotente dinnanzi ai pericoli e alle complessità del quotidiano. Lo sviluppo della tecnica si sta rivelando essere nient’altro che una sgangherata scialuppa tra le onde. La società tecnologica globalizzata è la società delle promesse tradite, la società che nell’opulenza delle possibilità offerte da internet e dal accorciarsi delle distanze rimane comunque in uno stato perenne di crisi, interiore e per questo ancora più profonda. La tecnica rende tutto possibile, il virtuale rende padroni di piccoli regni digitali in cui si può dettare legge (la violenza verbale nei social è questo); l’onnipotenza fittizia distrugge la sfera del pensiero, superata ed inutile. La tecnologia non è, dunque, posseduta dalle persone, ma identificata come una risorsa distante e da sfruttare con ignoranza, producendo lo straniamento dell’individuo dalla società. Sogniamo il progresso e allo stesso tempo ne siamo spaventati, per la nostra incapacità di controllarlo e capirlo; le promesse di progresso diventano luci che si spengono, gettandoci nell’oscurità.
Questa quotidianità straniata è l’acido che scioglie i legami sociali, rendendo le comunità occidentali sempre più trasparenti e deboli. La frattura tra la generazione dei “millennials” (termine abominevole, chiedo venia) e quella dei loro genitori, mai così netta nella storia dei rapporti umani, non è un banale passaggio della storia sociale. I padri appartengono ad un’epoca arcaica, fatta di mangiacassette, enormi crisi geopolitiche risolvibili con mezzi certi, lotte sociali e progetti per il domani; i figli si sono formati in un epoca totalmente diversa, l’epoca della crisi quotidiana, aspetto ancora non metabolizzato dalle generazioni a loro anteriori. I genitori, gli insegnanti e le altre figure responsabili della formazione (culturale, sociale, personale, ecc.) di una persona non sono, quindi, più in grado di imporre un principio di autorità sui giovani, lasciandoli soli dinnanzi alle pulsioni e alle angosce di questa epoca. Una società in cui, nel generale indebolimento dei legami, viene meno il principio di autorità entra in un periodo di assoluta arbitrarietà e confusione, lasciando aperti scenari di autoritarismo (concetto ben diverso da quello di autorità). I rapporti tra le persone, non solo tra adulti e giovani, diventano basati sulla forza, su forme sempre più violente di coercizione; nell’epoca dell’autoritarismo gli equilibri sociali si decidono con la forza e non con la condivisione.
In questo deterioramento generalizzato della società “al suo interno” si affaccia anche l’enorme crisi della democrazia rappresentativa. Politica è, in tutto l’occidente, diventato un termine negativo, spogliato del suo bellissimo significato originario. Il popolo e i suoi rappresentanti si sono dolorosamente separati. I grandi bacini intellettuali (comunismo, socialismo, anarchismo, liberalismo, fascismo, ecc.) si sono svuotati di senso. La Sinistra è processata per alto tradimento verso proletariato e ceto medio, incapace di comprendere le necessità di quelle categorie sempre più numerose nel mondo della globalizzazione. Le tante sinistre europee si perdono in freddi sofismi, quasi timorose di ricordare la propria storia e, ancor più, la propria vocazione, ovvero quella di combattere per la giustizia sociale.
Le destre, nell’oggettivo fallimento del neoliberismo sfrenato (in economia e ancor più nella società), sono fagocitate dai fuochi dei populismi e dei neofascismi.
L’agonia della società e l’agonia della politica, in una spaventosa sinergia, generano i mostri dell’oggi. I colpevoli della crisi occidentale, veri o presunti tali, come il fantomatico “establishment” (declinabile anche in “poteri forti”, “complotto giudaico-massonico-comunista-ecc.”, “Gruppo Bilderberg”) o i “marocchini erotomani” che attaccano ogni donna bianca che vedono, vengono cercati ossessivamente.
La politica dell’oggi è la politica del capro espiatorio, di un rinnovato concetto di Führer, della ricerca di nuovi autoritarismi in grado di offrire stabilità ad un sistema in rovina. I muri che si stanno via via costruendo e la rabbia volgare vomitata nelle piazze e nelle bacheche dei social verso il diverso (etnicamente e politicamente) sono i sintomi di una società dolorosamente malata e profondamente disorientata.
La gravità della situazione odierna crea individui ossessionati dalla ricerca di sicurezza e di stabilità che un giorno giungeranno, come qualsiasi disperato, a sentirsi liberi dai divieti imposti dalle deboli autorità; la barbarie sta bussando alle nostre porte.
C’è una via d’uscita? Per quanto pessimista mi impongo di scorgere un nuovo sole pronto a sorgere in questa notte nera e infinita. Enrico Berlinguer disse che ci si salva e si va avanti se si agisce insieme e non solo uno per uno; ecco, questa è l’unica possibilità che ci rimane. L’occidente e soprattutto l’Europa, nella tempesta, devono riscoprire il coraggio; il coraggio di rifondare la società, di riscoprire i valori che hanno creato lo Stato moderno e di riscrivere i patti sociali fondandoli sull’uguaglianza e sulla solidarietà. Gli europei sanno cosa significhi vivere e combattere per la democrazia, il popolo ha la possibilità e il grande dovere di difendere la democrazia, proteggendola dal basso, riscoprendo con enorme coraggio l’uguaglianza, la libertà, la giustizia e la solidarietà.
Solo la passione di essere cittadini e il credere che sia ancora possibile ricostruire ciò che è crollato potranno sconfiggere l’odio e la rabbia incarnati dai movimenti razzisti, populisti e fascisti. Abbiamo ancora tanto da vivere e costruire, tanti muri da abbattere e tanti progetti da mettere in cantiere, si può ancora sperare…