Studente presso la facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” di Firenze, scrittore per il Prosperous Network. Fra fumetti, tecnologia e libri mi appassiono alla politica nostrana.

L’Italia è un paese che tutto riserva, tranne le sorprese. O almeno le sorprese buone. Nel suo operato è prevedibile e poco virtuosa, è costantemente il fanalino di coda in tutto; per quanto gli si possa voler bene, il Bel Paese ha un approccio alla realtà remissivo, si fa mettere i piedi in testa da tutti. Ha paura del progresso, ha paura della novità. Sono tutte doti che raccoglie dalla sua vecchia e stanca popolazione, che sempre guarda al proprio giardinetto e mai tende a comprendere una visione d’insieme che possa giovare a tutti. È meglio prorogare piuttosto che legiferare, lo farà (forse) qualcun altro; è meglio temporeggiare piuttosto che trovare una soluzione, ed è meglio scappare da un problema piuttosto che affrontarlo, al limite basterà accontentare le lobby con qualche legge ad hoc.

È l’Italia del gambero, quell’animale che finché tutto è tranquillo nuota in avanti come le altre creature marine, ma quando c’è un pericolo aziona i muscoli addominali per poter innestare la retromarcia, infatti riesce a darsi una vigorosa spinta all’indietro; per questo si dice “camminare come i gamberi”.

In questi giorni a scuotere gli animi ci sono alcune notizie, una su tutte è quella dei tassisti romani. Essi protestano nei confronti di un decreto, il Milleproroghe, il cui nome dice tutto, in virtù del quale fra le altre cose si rimanda di un anno la discussione sulla questione taxi, ovvero si inserisce nel decreto stesso l’emendamento Lanzillotta.
In poche parole i tassisti, che per svolgere il proprio lavoro si sono sudati una licenza, si vedono sfilare il proprio compito da servizi come Uber. L’intento di Uber e simili è quello di creare una rete di trasporti basata sull’accordo privato, che in taluni paesi è spopolata e cresciuta a dismisura. Una cosa del tipo: devo andare da un capo all’altro della città di Firenze? Bene, anziché chiamare un taxi mi metto d’accordo con un autista di Uber e facciamo il viaggio insieme, pagando sull’app con moneta elettronica. Uber in certi casi sta sostituendo i taxi, è vero, ed il tribunale di Milano aveva già sospeso l’applicazione nel 2015 per accertarne la concorrenza sleale, col risultato che alcuni suoi servizi sono stati sospesi, altri regolamentati.

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Giustizia fatta? Giammai! Ecco che l’Italia fa il gambero: anziché normalizzare la questione una volta per tutte favorendo una sacrosanta concorrenza, e soprattutto facendo respirare le tasche degli Italiani, prima il governo proroga, poi promette: in arrivo una manovra che, si lascia intendere, accontenterà i tassisti

Altra patata bollente riguarda ancora il trasporto su gomma, ed ancora il Milleproroghe, poiché è stato inserito un emendamento da 4 senatori del gruppo Conservatori e Riformisti che punta a cambiare le regole per le compagnie di trasporto interregionale. Si legge che le autorizzazioni necessarie debbano essere concesse a “operatori economici la cui attività principale è il trasporto di passeggeri su strada”, ovvero: la licenza può essere concessa solo a compagnie che principalmente si occupano di trasporti. Ciò taglia fuori tutte quelle aziende che di fatto non sono altro che mere piattaforme online, come Flixbus, start-up tedesca che da qualche anno offre viaggi interregionali a prezzi bassissimi. Anche qui si usa uno stratagemma che va a favorire una fazione ben precisa, perché la discussione, anche se prorogata, a suo tempo verterà sul rendere illegali certi servizi, quando servirebbe dare impulso alla concorrenza piuttosto che soffocarla. I cittadini incassano e ringraziano

La realtà italiana è questa: si dà voce non ai bisogni del popolo, ma alle pressioni di questo o quel gruppo. Per esser chiari, ad esultare rispetto a questo emendamento inserito dai Conservatori e Riformisti (qualcuno ci spieghi come si può essere sia conservatori che riformisti, ndr) è l’ANAV, cioè l’Associazione Nazionale Autotrasporto Viaggiatori; il presidente dell’associazione Giuseppe Vinella proviene dal sud Italia così come l’emendamento dei CoR, redatto da senatori pugliesi; nel Mezzogiorno il pezzo grosso dell’ANAV è anche Amministratore Delegato di Sita Sud S.r.l., azienda che si occupa di trasporti  nelle regioni del Meridione (effettua, fra gli altri, collegamenti Salerno-Napoli-Bari); è inoltre Consigliere Delegato della Società Viaggi & Turismo Marozzi S.r.l. oltre che Presidente  del Co.Tr.A.P. – Trasporto di persone.
Coincidenze? Io non credo. Comunque è anche normale che questo individuo faccia i propri interessi, ciò che non è normale è invece che trovi la pronta attenzione di 4 senatori, e che questi 4 a loro volta abbiano la faccia tosta di “rigirare la frittata” così da confezionare un tecnicismo coi fiocchi che permetta di mascherare l’omicidio della concorrenza in tutela delle aziende del territorio.

Se c’è una cosa che in Italia andrebbe regolarizzata, in effetti, è l’attività delle lobby. Questa parola è già stata tirata in ballo all’inizio dell’articolo, ma merita di essere trattata approfonditamente, poiché la stampa ed i social spesso la snaturano (si pensi alla famigerata lobby gay che viene dipinta come uno spettro che si aggira per l’Italia…). Col termine “lobby” non si intende altro che un gruppo di interesse o gruppo di pressione, a seconda delle traduzioni; si tratta di gruppi di persone che, in virtù di propri particolari interessi, cercano di influenzare dall’esterno le istituzioni, utilizzando svariati strumenti a disposizione, talvolta ottenendo anche canali di comunicazione privilegiati con partiti, politici, deputati o altre cariche dello Stato. Non si gridi allo scandalo: di per sé i gruppi di interesse sono elementi quasi basilari nel funzionamento di una liberal-democrazia moderna, ma come tutti i buoni strumenti possono ad un certo punto deragliare.

Per l’appunto in Italia non esiste una legge che regoli chiaramente l’attività delle lobby, ed il risultato è ciò che si è visto con la questione Flixbus: alcuni gruppi acquistano troppo potere nei confronti di un partito o di un’istituzione, un potere di ricatto, e lo esercitano come vogliono. Non per niente si è agli ultimi posti in quanto a trasparenza nelle attività di lobbying, come al solito fanalino di coda in Europa con un punteggio di 20/100, assieme ad altri pochi paesi a cui in teoria non dovremmo mai essere accostati. Risulta difficile perciò distinguere fra l’attività di lobbying e la vera e propria corruzione, dove sta il confine? Di fronte a questo più che mai l’Italia fa il gambero, attanagliata dagli interessi dei singoli risulta difficile metterci una pezza, e si va avanti così.

Ma siamo sicuri che questa sia una piaga solo della politica? A mio modesto parere si sta parlando di una piaga sociale, non esiste infatti alcun lembo della società in cui non si agisca secondo fini personali. E non esiste un’opinione pubblica che si interessi a temi di portata nazionale, quanto piuttosto a tematiche che con l’unità sociale hanno poco a che fare. Interessa parlare delle palme in Piazza Duomo a Milano, interessa bruciarle, ma non interessa ai Milanesi il fatto che l’aria della città sia troppo inquinata, tanto non ci se ne accorge. Non interessano le grandi tematiche di portata comune. Se il popolo italiano dovesse sollevarsi tutto potete star tranquilli che non lo farebbe mai, ma se invece si toccano gli interessi di categoria ecco sollevarsi i tassisti o chi per loro. Se si toccano tematiche particolari che stanno a cuore a qualcuno, ecco sollevarsi piccoli gruppi interessati solo a fare un quarantotto, come i black-block. Se si regolamenta a livello regionale la burbera macellazione rituale, ecco che il macellaio di turno tira un secchio di letame addosso al Presidente della Toscana. Se c’è da schierarsi a squadre come col campionato di calcio son tutti pronti, ed ecco che si lanciano le bombe carta contro la polizia se il prefetto non fa manifestare dove si vuole per ragioni di pubblica sicurezza. A proposito del calcio, in nome di esso si è disposti ad uccidere, per poi tornare ad essere normali cittadini lobotomizzati il lunedì. 

Black Block all'opera nel 2015 a Milano
Black Block all’opera nel 2015 a Milano durante il corteo “No Expo”. La città ne uscì devastata.

Questa è l’Italia, inginocchiata dai problemi sociali prima ancora che politici: gli Italiani si azzuffano su un pezzo di carne conteso piuttosto che far fronte comune e sentirsi popolazione unita. Si è riformisti, ma conservatori: si fanno riforme affinché tutto si conservi, anche ciò che non va bene. Gli Italiani fanno marcia indietro, come i gamberi, si accetta di tutto purché nulla cambi, ma poi si è in prima fila a celebrare coloro che per il cambiamento hanno dato la loro vita.

Stefano Ciapini