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Donald e il riarmo

Trump ha recentemente dichiarato di voler rilanciare la corsa agli armamenti nucleari,  ma The Donald non è un novello Dottor Stranamore, tutt’altro.

Le relazioni internazionali dalla fine della seconda guerra mondiale hanno seguito, in generale, due copioni, prima quello del perenne stato d’emergenza gestito da due grandi potenze durante la guerra fredda e poi, dopo la caduta del Muro di Berlino, quello di un mondo “americano-centrico” dominato da una potenza egemonica in attesa degli attuali numerosi antagonisti.

Con Trump la politica internazionale sta subendo un reset, probabilmente di portata epocale.

In particolare saranno le relazioni russo-americane ad essere, molto facilmente, riscritte da cima a fondo. L’era Obama ha segnato un tentativo di disimpegno americano nelle innumerevoli aree calde del pianeta, pur cercando di mantenere un equilibrio internazionale con gli USA a controllare numerosissimi partner politico-commerciali. Ora, con i vertici politici e militari statunitensi rinnovati dal nuovo presidente, nell’analisi di qualsiasi dossier internazionale, a prevalere saranno gli interessi nazionali.

Il grande problema del tycoon sarà mantenere le promesse elettorali (Make America Great Again) in un sistema mondo molto più complesso di come egli l’abbia venduto alle folle adoranti e desiderose di rivincita. Il motto di Trump, infatti, non è solo il simbolo del prurito popolare per i bei tempi andati, ma anche l’effetto del disorientamento (proprio anche delle elites) dinnanzi al distacco, via via allargatosi, tra gli USA e altre grandi potenze come Russia, Cina, India e Giappone.

 

Fin dalla sua discussa elezione a Presidente, si è molto discusso circa i rapporti che avrebbe tenuto con il suo omologo russo Putin. Le relazioni potranno migliorare rispetto all’era Obama, grazie ad una certa vicinanza ideologica tra i due leader e grazie anche ad un maggiore laissez-fare nei confronti delle operazioni russe nelle aree ex-sovietiche e Medio Orientali.

Inoltre un rapporto così idilliaco, come quello ipotizzato, tra Trump e Putin potrà portare ad una rinnovata collaborazione nella lotta al terrorismo islamico fondamentalista in Asia. Bisogna anche ricordare il fatto che questa distensione dei rapporti potrebbe anche placare il rapporto tra Nato e Mosca, riorientandolo alla lotta contro le minacce comuni ad entrambi gli attori.

 

Se, dunque, sono presenti sul tavolo prospettive così rosee, cosa mai potrà andare storto? E perché ora Trump rilancia la corsa alle “Bombe”?

I motivi ad entrambe le domande sono principalmente due: gli interessi esclusivamente statunitensi e la mentalità di Trump e del suo elettorato.

In primo luogo, con il nuovo presidente le relazioni internazionali diverranno sempre più unilaterali ed improntate ad una tutela esclusiva degli interessi americani “America First”. Ciò renderà molto più deboli le storiche alleanze con gli Usa, dal momento che la protezione statunitense ai territori amici non sarà più data per scontata. Inoltre, il grande problema americano, in questo momento, non sono i rapporti con la Russia o i rapporti Nato-Russia, ma bensì i rapporti con la Cina e i rapporti Sino-Russi. La riconciliazione con il Cremlino è infatti orientata in principal modo a sottrarre amici alla Repubblica Popolare Cinese.

In secondo luogo, Trump (ed insieme a lui l’elettorato rimasto stregato dalla sua visione del mondo) interpreta la politica, nazionale ed estera, attraverso una chiave di lettura affaristica ed imprenditoriale. Il ragionamento è cristallino nella sua semplicità: vince sempre chi ha più potere contrattuale negli affari; in una situazione così instabile sul piano geopolitico “la Bomba” resta sempre una carta sicura da giocare.

L’amministrazione Trump sta, dunque, cercando di giocare due partite contemporaneamente, una per giungere alla distensione con la Russia e l’altra per ricostruire legemonia americana subordinando le altre potenze, principalmente Cina. Le reazioni internazionali alla dichiarazione circa il riarmo nucleare dimostrano quanto rischioso sia questo atteggiamento.

Poche righe fa ho tratteggiato un roseo sviluppo delle relazioni, improntato al dialogo USA-Russia, alla riduzione degli armamenti, alla collaborazione internazionale circa il terrorismo ed altre crisi; ecco la dichiarazione di Trump ha distrutto, come un tifone tropicale, ogni speranza che ciò si realizzi.

Non si può sperare in un equilibrio pacifico senza che si entri nell’ottica di una stabilità strategica fondata sulla riduzione (paritetica tra le potenze nucleari) degli armamenti di distruzione di massa e sul rafforzamento del regime di trasparenza tra le nazioni.

La mossa americana rischia, dunque, di tramutare un reciproco contenimento positivo con la Russia in una tragica corsa al riarmo giocata con molti attori, alcuni dei quali (come la Corea del Nord o il Pakistan) altamente imprevedibili. In questo ben poco roseo scenario vengono anche a mancare sempre più gli organismi internazionali in grado di scongiurare il possibile esito fatale di questa “roulette russa”; ONU, UE e NATO risultano ogni giorno più deboli ed abbandonate al proprio destino, grazie anche al Donald.

 

Questo articolo evita di analizzare la possibilità secondo la quale sia stato proprio Putin a favorire l’insediamento di  Donald Trump negli USA per avere un partner facilmente malleabile. È una storia molto affascinante e hollywoodiana ma nell’analisi degli equilibri internazionali lascia il tempo che trova. Semmai si potrà analizzare il ruolo che ha avuto il Cremlino nella vittoria di Trump in un futuro articolo.