«Thank God it’s Friday!», avrà pensato ieri il 45° Presidente degli Stati Uniti d’America, Donald John Trump. Sì, perché la sua prima settimana di governo è stata a dir poco eccezionale, un’immagine dei prossimi quattro anni che ci dà una sola sicurezza: nessuno si annoierà. Vediamo nel dettaglio come sono trascorsi questi sette giorni.

Venerdì, 20 gennaio 2017

Il momento è arrivato. Una mano alzata, l’altra appoggiata su due bibbie – quella della sua infanzia e il volume che fu di Abraham Lincoln –, Donald Trump pronuncia le parole del giuramento e diventa ufficialmente il Presidente degli Stati Uniti. Cosa è successo in questo suo primo giorno da Presidente, al netto delle cene, dei balli e delle feste?

  • Poche ore prima dell’inaugurazione un sondaggio, pubblicato da Fox News, attesta il tasso di approvazione del Presidente eletto al 37%. Non partiamo bene, ma sicuramente una delle lezioni più efficaci che Donald ci ha dato è stata di mettere sempre in dubbio queste cifre.
  • Qualche modifica nell’Ufficio Ovale, il tradizionale ufficio dei ricevimenti del Presidente: via le tende rosse e il tappeto raffigurante alcune citazioni dei Presidenti del passato, sostituiti con tende dorate e tappeto dorato. Il busto di Sir Winston Churchill, sostituito da quello di Martin Luther King nell’era Obama, è stato riportato nell’Ufficio Ovale, a far compagnia a King stesso (che non è stato rimosso) e ad Abraham Lincoln.

Trump ha anche firmato due ordinanze presidenziali, ma prima di parlarne spieghiamo la differenza tra i due tipi fondamentali di ordine che il Presidente ha a disposizione: il Presidential Memorandum serve ad amministrare e governare le politiche e le azioni dei vari dipartimenti e agenzie che compongono l’esecutivo; l’Executive Order svolge grosso modo la stessa funzione, ma è considerato più formale, è numerato (a partire da Herbert Hoover), deve specificare nel suo testo l’autorità costituzionale o statutaria attraverso la quale il Presidente sta agendo e non può essere modificato a posteriori da un Memorandum.

  • Nel suo primo giorno di governo Donald Trump ha emesso, come abbiamo detto, due azioni esecutive. La prima è l’Executive Order 13765, che facilita il processo di abrogazione (repealdell’Obamacare attraverso deregolamentazioni e potenziamenti del Dipartimento della Sanità; la seconda è il suo primo Presidential Memorandum, che impone un regulatory freeze: il congelamento di tutti i processi normativi per il periodo corrente.

Ma la giornata è lunga e, come abbiamo detto, colma di celebrazioni varie che impediscono di portare a termine ulteriore lavoro. Dopo aver firmato la presa d’incarico dei Segretari della Difesa (Jim Mattis) e della Sicurezza Interna (John Kelly), Donald si dirige dunque a più allietanti attività. Del resto, come lui stesso ha detto, non si può considerare “primo giorno” se fa parte del finesettimana. «Day one – which I will consider to be Monday as opposed to Friday or Saturday. Right?»

Sabato, 21 gennaio 2017

Purtroppo però, Trump ha dovuto scoprire sulla sua pelle che – ebbene sì – il Presidente degli Stati Uniti lavora anche il sabato e la domenica. Come avranno fatto a costringerlo ad alzarsi dal letto?

  • Sabato pomeriggio Donald incontra la CIA alla storica sede di Langley. Rende omaggio al muro commemorativo degli agenti caduti, parla un po’ di quanto rispetta la comunità dell’intelligence, di quanto sarà brillante e capace il nuovo direttore da lui nominato, Mike Pompeo. Ma il meglio arriva quando, ripercorrendo la giornata precedente e il suo discorso inaugurale, Trump si inoltra in una digressione sui corrupt media, e cita i dati riportati dalle agenzie riguardo al numero dei partecipanti all’evento sostenendo che sono falsi e riduttivi: secondo il Presidente, infatti, erano presenti circa un milione e mezzo di persone.
A sinistra Obama 2009, ore 11. A destra Trump, ore 12.
A sinistra Obama 2009, ore 11. A destra Trump, ore 12.

Il nuovo Portavoce della Casa Bianca, Sean Spicer, rincara la dose in serata, sostenendo che la folla presente al giuramento di Donald Trump era «la più grande di sempre, punto.»

Domenica, 22 gennaio 2017

Ora non esageriamo: la domenica è un giorno sacro, e come tale deve essere rispettato da tutti. Nessuno deve essere costretto a lavorare nel giorno in cui perfino Dio si riposò! E infatti sembra che Donald abbia tenuto un profilo basso.

  • Le attività della giornata si limitano a una telefonata rituale con il Primo Ministro d’Israele Benjamin Netanyahu, che viene invitato a visitare la Casa Bianca nei primi di febbraio, e a un discorso presso la cerimonia di giuramento di alcuni membri secondari del suo esecutivo.
  • Trump ci fa dono, però, di un paio dei suoi taglienti tweet, moderni (micro)pamphlet d’accusa: «Ho visto delle proteste ieri. Avevo l’impressione che avessimo appena tenuto delle elezioni! Perché queste persone non hanno votato?». Qualche ora dopo ci ripensa, e decide di «riconoscere il diritto delle persone a protestare pacificamente ed esprimere la propria opinione». Grazie!

Lunedì, 23 gennaio 2017

Quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare. La settimana lavorativa si prospetta zeppa di impegni, ma il Presidente si dà la carica con un bel tweet mattutino: «Busy week planned with a heavy focus on jobs and national security. Top executives coming in at 9:00 A.M. to talk manufacturing in America.»

  • Alle 9 l’incontro, appunto, con alcuni amministratori delegati: Elon Musk di SpaceX, Mark Fields di Ford, Marillyn Hewson di Lockheed Martin. Parla di «tagliare le normative [commerciali] del 75%».

Trump firma tre Presidential Memorandum nel corso di questa giornata, tutti decisamente rilevanti.

  • Il primo è il ripristino della Mexico City policy, una politica introdotta da Ronald Reagan nel 1984 e successivamente abrogata da ogni Presidente democratico e reintrodotta da ogni Presidente repubblicano; consiste nel tagliare i fondi federali di tutte le organizzazioni non governative che praticano l’aborto, lo facilitano o lo promuovono.
  • Con il secondo P.M. si formalizza il ritiro degli Stati Uniti dalla Trans-Pacific Partnership, un partenariato di regolamentazioni e investimenti che coinvolge dodici paesi dell’area dell’Oceano Pacifico. Questo accordo era stato aspramente criticato dall’ala progressista della sinistra statunitense: per fare un esempio, il linguista e attivista Noam Chomsky e il senatore del Vermont Bernie Sanders ne avevano sottolineato l’identità spiccatamente neoliberista e gli effetti devastanti sulla working class.
  • Infine, come promesso, Donald ha imposto un congelamento di tutte le assunzioni da parte del Governo Federale, escluse quelle del settore militare. Tale posizione era già stata annunciata da tempo, nell’ottica di un taglio dei costi dello Stato federale.

Inoltre Trump partecipa a due incontri presso la Casa Bianca. Riceve le massime cariche del Congresso (capigruppo e whip, di entrambi i partiti e di entrambe le camere del Parlamento), e successivamente alcuni leader sindacali: Sean McGarvey (NABTU) e Terry O’Sullivan (LIUNA), entrambi del settore edilizio, Joseph Sellers (SMART) del settore metallurgico, Doug McCarron (UBC) dei carpentieri e Mark McManus (UA) degli idraulici.

  • Durante l’incontro con i leader parlamentari, Donald si è “lasciato scappare” una dichiarazione piuttosto forte: ha sostenuto infatti che l’unico motivo per cui non ha vinto anche il voto popolare, ma “solo” quello del collegio elettorale, è stato l’enorme numero di voti che avrebbero dovuto essere invalidati. Trump infatti è convinto che ci siano stati tra i 3 e i 5 milioni di voti irregolari. Questa informazione è stata smentita a più riprese dal Portavoce della Camera dei Rappresentanti (il repubblicano Paul Ryan) e da studiosi di scienze politiche e psefologia.

Martedì, 24 gennaio 2017

La settimana continua, e l’agenda del Presidente si infittisce ancora di più: tra le curiosità annoveriamo un’altro ritocco dell’Ufficio Ovale: Trump ha infatti disposto che venisse affisso al muro un ritratto di Andrew Jackson, considerato il primo Presidente degli Stati Uniti “populista”: nel 1828 vinse le elezioni con una campagna basata prettamente su retorica e attacchi individuali, mentre egli stesso veniva bersagliato di accuse di traffico di schiavi e soprannominato “jackass” (letteralmente mulo, usato come “idiota”).

  • Alle 9 Donald incontra gli industriali dell’automobile: Mark Fields di Ford (di nuovo), Mary Barra di General Motors e il “nostrano” (per modo di dire, dato che ha la cittadinanza canadese) Sergio Marchionne di Fiat Chrysler. Ha spinto, come si poteva immaginare, sui temi del lavoro già annunciati nel discorso inaugurale («Buy American, Hire American»: compra americano, assumi americani); curiosamente durante la conversazione il Presidente ha elogiato le sue virtù ecologiste: «I’m a very big person when it comes to the environment. I have received awards on the environment.» («Quando si parla di ambiente io sono un grande. Ho ricevuto anche dei premi sull’ambiente.») Ovviamente di questi premi non c’è traccia.
  • Durante la giornata molteplici fonti parlano di una vera e propria interdizione, ordinata da Trump alla EPA (l’agenzia federale per la protezione dell’ambiente) ed estesa ai Dipartimenti di Interno, Trasporti, Agricoltura e Sanità: si sarebbe infatti fatto espressamente divieto agli impiegati pubblici delle suddette istituzioni di commentare l’operato del governo sui social network o di parlarne con la stampa. Nel pomeriggio, a corroborare questo report, alcuni tweet “sovversivi” (si parlava della verità scientifica del riscamento globale) dell’account ufficiale del Parco Nazionale delle Badlands sono stati rimossi.
  • La giornata continua sulla scia della negligenza nei confronti dell’ambiente. Trump firma l’Executive Order 13766, atto a facilitare la costruzione di infrastrutture diminuendo la burocrazia che riguarda i controlli ambientali. Inoltre con due Presidential Memorandum ravviva due progetti estremamente controversi di costruzione di oleodotti: la Dakota Access Pipeline e la Keystone XL Pipeline. Questi progetti erano stati arrestati, in una nuvola di proteste, dal Presidente Obama negli ultimi mesi del suo mandato; entrambi presentavano serie problematiche ambientali, ed erano stati osteggiati da Greenpeace e da altri attivisti (tra cui i noti attori hollywoodiani Leonardo Di Caprio e Mark Ruffalo), e per non farsi mancare niente la costruzione della Keystone XL comporterebbe l’inquinazione e distruzione di alcuni siti sacri di nativi americani e indigeni canadesi, oltre alla contaminazione delle acque circostanti.
Firma Keystone
La firma dell’Ordine Esecutivo riguardante la Keystone XL Pipeline
  • Più marginali sono altri quattro momenti di questa giornata. La telefonata con Narendra Modi, Primo ministro dell’India, ha confermato l’amicizia tra i due paesi e l’alleanza nella lotta al terrorismo; con una proclamazione ufficiale Trump ha nominato il 20 gennaio 2017 “Giornata nazionale della devozione patriottica” (lo so, non ci crediamo nemmeno noi, ma è vero); per quanto riguarda il fronte Twitter, Donald si è scagliato contro la città di Chicago, al centro di un “massacro” secondo le sue parole (si riferisce all’alto numero di omicidi, ben 47 dall’inizio del 2017, e all’alto tasso di criminalità in generale), e ha minacciato di «mandare i Federali» (senza ben specificare cosa questo voglia dire) se la situazione non verrà risolta; infine, per la seconda volta nella settimana, si è congratulato con Fox News per l’obiettività e la professionalità (presunte) dela rete.

Mercoledì, 25 gennaio 2017

Il mercoledì, si sa, è il giorno più odiato della settimana: troppo lontano sia dalla domenica precedente, sia dal sabato successivo. Ma Donald non si è lasciato abbattere e ha continuato il suo incessante lavoro.

  • La giornata comincia con un importante annuncio su Twitter: preso in giro dai media e contraddetto dall’establishment del suo stesso partito, Trump ha indetto una «grande inchiesta sulle frodi elettorali»; i milioni di voti irregolari già menzionati sarebbero infatti, secondo lui, frutto di persone registrate nelle liste elettorali di due stati diversi, persone registrate benché senza cittadinanza e addirittura persone registrate per votare, ma morte da tempo.
  • In mattinata Donald visita il Dipartimento della Sicurezza Interna in occasione della firma di due ordini esecutivi (13767 e 13768): entrambi riguardano il tema delicato (e centrale nella campagna di Trump) dell’immigrazione clandestina. Il Presidente sferra un attacco deciso alle sanctuary cities, alcune grandi città di tradizione democratica (come New York, Boston, San Francisco) che offrono in un certo senso asilo ai sans-papiers, mantenendo la politica di non detenerli e di offrire loro assistenza medica: nel primo Executive Order della giornata Trump dichiara che le città che persevereranno in tale metodo smetteranno di ricevere qualunque tipo di fondo federale. Con il secondo Executive Order si pongono le basi per la costruzione del millantato muro alla frontiera con il Messico e si mette fine alla politica detta catch-and-release: tale sistema, adottato dalle polizie locali durante le amministrazioni Clinton e Obama, prevedeva che gli immigrati irregolari fossero rilasciati (e non detenuti) in attesa dell’udienza per il reato commesso.
  • In un controverso report di Associated Press, si riferisce che l’amministrazione Trump avrebbe disposto di sottoporre ogni pubblicazione scientifica della soprammenzionata EPA a una revisione da parte dello staff politico del governo.
  • Durante la giornata il Presidente ha approvato la dichiarazione di “Disaster” (simile alla nostra situazione di emergenza) per gli stati di Mississippi, Oregon e Georgia, colpiti da acuto maltempo tra la metà di dicembre e la metà di gennaio.

In serata Donald è stato intervistato per la prima volta come Presidente degli Stati Uniti, da David Muir di ABC. L’intervista è stata lunga e contiene molte dichiarazioni fondamentali per capire le politiche dei primi 100 giorni di Donald Trump e del resto della sua amministrazione.

  • Il muro. A dire la verità su questa tematica non ci sono vere e proprie novità in questa intervista, se non il fatto che è notevole che Trump continui a rilasciare dichiarazioni di questo tipo anche da Presidente. È stato confermato, come era noto da qualche settimana, che il muro sarà pagato con le casse dello Stato, e (secondo quanto dice) il Messico rimborserà le spese della costruzione – che avverrà «entro pochi mesi» – in un secondo momento, forse attraverso «complicati meccanismi».
  • I brogli. Su questo punto Trump non ha alcun dubbio: c’è stato un grande numero di voti irregolari, e «di quei voti, nessuno era per me. Nessuno era per me.» Donald ha una specie di ossessione per la storia delle elezioni, che lo porta in questa intervista a ripetere continuamente che senza quei voti illegali egli avrebbe vinto senza ombra di dubbio anche il voto popolare, e che ci sarebbe senza dubbio riuscito se avesse fatto campagna anche in Stati da lui ignorati (come New York o California) perché ritenuti impossibili da vincere.

Un altro tema molto sentito per lui è la questione del numero dei partecipanti alla sua inaugurazione. Trump passa molto tempo parlando degli uomini e delle donne della «sua folla» (ha anche affisso una foto panoramica, che inquadra proprio questa folla, in uno dei corridoi della Casa Bianca), e arriva ad accusare l’intervistatore Muir e gli altri media di «aver sminuito» gli uomini e le donne che lo hanno votato.

  • Chicago. Spiegando il suo tweet del giorno precedente, Trump prende ad esempio il fatto che durante il discorso di addio, tenuto dal Presidente Obama nella città il 10 gennaio, due persone sono state uccise. Il Chicago Tribune lo ha smentito. Riesce, comunque, a sviare le altre domande su cosa significhi «I will send in the Feds!».
    • La tortura. Alcune dichiarazioni importantissime: «La tortura funziona. Funziona.», oppure «Farò tutto quello che la legge mi permetterà.» ci dimostrano che questo Presidente non ha alcun tipo di scrupolo nell’utilizzo della tortura. È vero anche che ha dichiarato che si rimetterà alle intenzioni del Segretario della Difesa Jim Mattis e al Direttore della CIA Mike Pompeo, e sembra che entrambi siano contrari a un’ipotesi di questo tipo.

Trump che salta

Giovedì, 26 gennaio 2017

Il settimo giorno, come vi abbiamo gentilmente ricordato, Dio si riposò. Donald no. (Anche perché per lui il settimo giorno è un feriale.)

  • Ormai avrete capito qual è l’attività mattutina preferita dal Presidente: il tweeting feroce. E a questa attività si dedica anche la mattina del giovedì, scrivendo 140 furiosi caratteri contro Chelsea Manning, la soldata dell’esercito americano condannata a 35 anni per diffusione di notizie coperte da segreto, la cui condanna è stata in seguito commutata dal Presidente Obama negli ultimi giorni della sua amministrazione. La sua colpa è stata quella di scrivere una colonna di approfondimento politico sul Guardian, in cui esprime la sua opinione che il prossimo leader progressista debba essere meno disposto a compromessi rispetto a Obama. Donald l’ha chiamata «ungrateful traitor» (traditrice ingrata).
  • Con un altro tweet stuzzica invece il Presidente del Messico Enrique Peña Nieto: «NAFTA è stato un accorto unilaterale fin dall’inizio, abbiamo perso 60 milioni di dollari e numerose imprese e posti di lavoro. Se il Messico non ha intenzione di pagare il muro, farebbe bene a cancellare l’incontro previsto alla Casa Bianca.» La reazione di Peña Nieto non si è fatta aspettare: inizialmente ha diffuso un video in cui ribadisce che «il Messico non crede nei muri. Non pagheremo nessun muro.», e poche ore dopo ha fatto sapere alla Casa Bianca che non si sarebbe presentato alla visita prestabilita. Trump più tardi ha dato la sua versione durante un discorso a Philadelphia, presso un convegno del Partito Repubblicano: «Io e il Presidente messicano abbiamo concordato di cancellare l’incontro previsto per la prossima settimana. Se il Messico non tratterà gli Stati Uniti in maniera corretta e con rispetto, un incontro di questo tipo sarebbe inutile.»

Nel corso della stessa giornata Sean Spicer, Portavoce della Casa Bianca, ha in seguito annunciato l’instaurazione di una tassa del 20% sulle merci importate dal Messico (facilmente interpretabile come ritorsione per il rifiuto di Peña Nieto), ma dopo che sono arrivate voci fortemente critiche riguardo a questa proposta, sia dal Partito Democratico sia dal Partito Repubblicano, Spicer ha ritrattato, sostenendo che fosse soltanto«uno dei modi in cui gli Stati Uniti potrebbero farsi rimborsare.» A ben vedere, una tassa di questo tipo ricadrebbe pesantemente sulle aziende americane che importano dal Messico (che è il terzo partner commerciale degli Stati Uniti), e di conseguenza sui consumatori che acquistano questo tipo di prodotti.

  • Per la sezione “Curiosità imbarazzanti”, Trump ha proclamato la settimana dal 22 al 28 “Settimana nazionale della School choice”. La school choice è la politica che equipara scuole pubbliche, scuole private, scuole paritarie e istruzione domestica.

La sera un’altra intervista, stavolta con Sean Hannity di Fox News. Stavolta però i toni sono molto più distesi, l’impressione è quella di una conversazione amichevole, tra due persone che condividono molte posizioni. Già, perché Fox News è, come ormai saprete, il network preferito da Donald (anzi, l’unico da lui apprezzato). Quindi l’intervista ha perso molto materiale da breaking news, tra l’accondiscendenza generale di Hannity e il fatto che molte questioni erano già state trattate la sera precedente. Due passaggi però sono molto interessanti.

  • Trump ha dichiarato che, se i Senatori democratici dovessero cercare di ostruire (attraverso il filibuster, estensione del dibattito parlamentare ad libitum) la votazione di conferma del giudice della Corte Suprema (che sarà nominato dal Presidente il prossimo giovedì), chiederebbe a Mitch McConnell, capogruppo repubblicano al Senato, di modificare il regolamento parlamentare, rendendo sufficiente una maggioranza semplice di 51 su 100 (in luogo della supermajority di 60).
  • Un altro passaggio fondamentale è stato quando si è tornati sul tema della tortura: «Lo waterboarding non era tortura. A un certo punto hanno deciso che lo fosse, ma semplicemente non lo era. […] E funziona, certo che funziona.» Trump difende queste affermazioni tornando più e più volte (come già la sera precedente) sul fatto che «quando tagliano la testa a delle persone, semplicemente perché si dà il caso che siano Cristiani in Medio Oriente, quando ISIS fa cose che non si vedevano dal Medioevo, dovrei essere contrario al waterboarding

…E finalmente, per Donald, è di nuovo venerdì. Abbiamo visto scontri diplomatici, dichiarazioni sulla tortura e ordini esecutivi che hanno messo l’amministrazione Trump sulla strada per adempiere a quasi tutte le promesse fatte in campagna elettorale. Mantenere queste promesse la renderà un’amministrazione migliore o peggiore?